L'orrore dei fatti di Tolosa e del killer Mohamed Mera che ha ucciso a freddo 7 persone, tra cui 3 bambini, ripropone ancora una volta le eterne domande sul male umano. Di dove venga questa brutalità, questo orrore, questa mancanza di qualsiasi senso di pietà.
Nessuno, meglio di Fedor
Dostoevskij (1821 -1881), ha messo a nudo il cuore umano. Dostoevskij è un
filosofo, prima che uno scrittore. In Russia lo sanno, e lo studiano come un
filosofo.
Fedor Dostoevskij scrive ‘Ricordi
dal sottosuolo nel 1864.
Freud ha otto anni. Eppure, quel “sottosuolo” non è altro che l’inconscio.
Dostoevskij lo scopre molto prima di Freud, lo descrive così bene, che se oggi
si rimette mano a quel libretto, si resta senza parole.
Dostoevskij scrive I Demoni nel 1871 e I Fratelli Karamazov nel 1879. Nietzsche completerà Così parlò Zarathustra e Al
di là del Bene e del Male alcuni
anni più tardi nel 1885 e nel 1886. Eppure in quei due romanzi di Dostoevskij
c’è già tutta la filosofia del nichilismo ( si pensi al personaggio di Ivan,
nei Karamazov).
Cosa è il ‘sottosuolo’ ? E’, secondo D. , la sede di quel ‘male’ che avvelena
la nostra vita, e ci tarpa le ali. Un male che non è sempre ‘male’, ma che noi
percepiamo come ‘male’.
Ma che cosa è il male ?
- Il male, secondo Dostoevskij non è in principio una realtà sostanziale (in senso
manicheo). Ma non è neppure solo una «privazione del bene», ossia la scelta di
un bene inferiore in luogo di un bene superiore (come voleva Agostino). Il male
nasce nell’animo dell’uomo: è una volizione negativa, che, proprio respingendo
il bene superiore, si impone come una forza distruttiva che produce il male
nella sua reale dimensione.
- Secondo Dostoevskij la libertà consiste nel riconoscimento e nella volizione
del Principio supremo dell’Essere e del Bene, oppure nel rifiuto di esso, con
tutto ciò che ne consegue. E quindi è una forza che si distingue dal bene e dal
male, i quali si realizzano, in quanto tali, proprio in conseguenza della
libertà. Dostoevskij è giunto alla fede passando attraverso il nichilismo, e
indagando la autodistruzione di esso.
- La fede presuppone il dubbio, ed è vera fede solamente se è un continuo e
dinamico superamento del dubbio stesso. In risposta ai critici che gli
rimproveravano la sua fede in Cristo, diceva: «In fatto di dubbio nessuno mi
vince. Non è come un fanciullo che io professo Cristo. Il mio osanna è passato
attraverso un crogiolo di dubbi». E in una lettera del 1854 esprimeva la forza
veramente dirompente della sua fede: «Arrivo a dire che se qualcuno mi
dimostrasse che Cristo è fuori dalla verità e se fosse effettivamente vero che
la verità non è in Cristo, ebbene io preferirei restare con Cristo piuttosto
che con la verità».
In questi tre passi – evidenziati con rara chiarezza in un recente bellissimoarticolo di Giovanni Reale, sul Corriere – c’è tutta l’essenza dell’esperienza
di Dostoevskij. Che ci riguarda tutti da vicino.
Perché l’Uomo, ogni uomo, è sempre e ancora a questo punto. E con questi
punti che deve fare – ancora e sempre – i conti, nella propria vita.
Se ha interesse, almeno, a cercare un senso. E si rifiuta di vivere, alla
stregua di un animale, seguendo semplicemente il corso dei propri istinti, del
proprio"sottosuolo".
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