Il 10 ottobre 1967, una ventina di giornalisti e quattro fotografi arrivarono su un aereo militare nel remoto villaggio boliviano di Villagrande. Dovevano essere i testimoni della morte di Ernesto Guevara, e pochi giorni dopo la fotografia del cadavere del Che divenne pubblica. La stampa mondiale diffuse quell'immagine potente e dal grande significato politico, che mostrava il corpo del rivoluzionario argentino, disteso su una vasca di cemento e circondato da militari. Magro, con i folti capelli scuri scompigliati, la barba lunga, gli occhi spalancati.
Il Che era stato catturato dai soldati boliviani l'8 ottobre 1967 e il giorno dopo fucilato in una scuola. Aveva 39 anni. Lunedì 9 ottobre 2017 è il 50esimo anniversario della sua morte, avvenuta mentre tentava di "esportare" la rivoluzione in America Latina. Nei decenni, il Comandante è stato mito, riferimento e oggetto di culto per generazioni di giovani, simbolo di ribellione nonché icona pop stampata sugli oggetti di quella rivoluzione capitalista che combatteva. Grazie a un'altra celebre fotografia, cioé il ritratto che ne fece il cubano Alberto Korda, il suo volto dallo sguardo fiero campeggia su bandiere, magliette, poster e souvenir d'ogni tipo.
Il mausoleo di Santa Clara, a Cuba, con la tomba del rivoluzionario non ha mai smesso di essere una meta per devoti e turisti, dopo che a inaugurarlo fu il 'lider maximo' Fidel Castro, deciso a onorare in maniera eterna il guerrigliero. Santa Clara ospita i resti dal 1997, quando furono recuperati da una tomba 'anonima' in Bolivia, e non fu scelta a caso. Si tratta della località conquistata nel 1958 dalle truppe guidate dal Comandante, nella battaglia decisiva della rivoluzione cubana a seguito della quale fuggì il dittatore Fulgencio Batista.
A Cuba, Che Guevara resta un eroe nazionale. Ricordato per il suo lavoro volontario nella costruzione di case o nel caricare sacchi di zucchero, è stato scelto anche come volto delle banconote da tre pesos, ritratto mentre taglia canna da zucchero nei campi. Fu governatore della banca centrale e ministro dell'Industria, nei primi anni del governo di Fidel Castro. Ma dopo una fallita spedizione in Congo nel 1965, lasciò l'isola nel 1966, per iniziare una nuova rivoluzione nella giungla della Bolivia orientale nella speranza di creare "due, tre, molti Vietnam" in America Latina. Poco dopo l'arrivo con 47 uomini nell'arida regione di Nancahuazú, il gruppo guidato dal guerrigliero perse però i contatti con Cuba, i viveri iniziarono a scarseggiare, lui combatteva con l'asma e tutti con le malattie. Gli Usa presto seppero della sua presenza in Bolivia. "Non sparate, sono il Che. Valgo più vivo, che morto", sarebbe l'ultima frase detta ai militari che lo catturarono. La sua rivoluzione finì a occhi aperti su una vasca di cemento, e in un mito.
Il cinquantesimo anniversario arriva, però, in un momento difficile per gli 'eredi' di Guevara in Sudamerica. In pochi anni, vari governi hanno virato verso destra, tra cui quelli di Argentina, Brasile, Perù e Paraguay. Mentre il Venezuela in cui l'ex presidente Hugo Chavez aveva restituito vita al sogno socialista è diventato, con il successore Nicolas Maduro, un Paese dove il cibo scarseggia e la democrazia è incrinata. E in Colombia, la rivoluzione armata che il Comandante imbracciò ha ceduto: dopo oltre cinquant'anni le Farc hanno reso le armi. Intanto, Fidel Castro è morto a fine 2016 e Cuba si è avvicinata all'eterno nemico, gli Stati Uniti allora guidati dal presidente Barack Obama.
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