Ieri sera passavo con la macchina per i Lungotevere. La luce declinava, la radio trasmetteva Billie Holliday, e all'altezza della Mole di Adriano, mi sono accorto che diversi alberi - i meravigliosi platani del Lungotevere - erano stati sfregiati con uno spray bianco. Un grande simbolo insensato (di qualche gruppo neofascista o non so cosa) era vistosamente verniciato in bianco sui tronchi dei grandi alberi.
Riflettevo quanto è fragile la bellezza.
Riflettevo quanto tempo ci hanno messo quei meravigliosi platani a crescere, dalle nuda fondamenta di terra degli argini, a elevarsi maestosi, con chiome abbondantissime e fluenti: forse cento, forse più di cento anni. La corteccia maculata, di senape e verde bruno, è il frutto del passaggio del tempo eterno, di mille stagioni che hanno forgiato il tronco lentamente, pazientemente.
Il gesto del demente di turno invece, deve essere stato molto rapido. Soltanto qualche secondo per sfregiare un tronco. E poi, come si fa a pulire ? Non si può coprire la vernice con altra vernice, non si può scrostare la superficie, perché si farebbe ancor più male all'albero. Bisognerà aspettare il tempo necessario perché i grandi alberi facciano la loro muta, e lascino cadere in terra la corteccia verniciata.
E' per questo che la bellezza è così rara.
La bruttezza ha tempi rapidissimi. Il gesto di Laszlo Toth col suo martello addosso alla Pietà di Michelangelo, sarà durato solo pochi istanti. Ma quanto tempo, quanti giorni, quante notti, quanti sforzi il divino scultore ha dovuto investire per il raggiungimento di una così compiuta bellezza ?
Brodskij scrive che la bellezza è l'eccezione alla regola. E ha ragione. La regola non è la bellezza. La regola è la bruttezza. E proprio perché la bellezza è così rara, che è anche fragile, del tutto in balia dell'evento, dell'umore, dell'insensatezza, del caos. La bellezza chiede (o chiederebbe) soltanto di essere conservata, preservata. Ma l'uomo NON è la bellezza. L'uomo è capace di bellezza, anche nei suoi rapporti, nella costruzione della sua vita, nei gesti che compie, in quello che dona, in quello che crea.
Ma l'insidia della bruttezza è dentro l'uomo, sempre. Anzi, l'uomo ha portato (anche) la sua bruttezza nella creazione, l'ha portata e sparsa a piene mani. L'incongruo è l'essere incapaci di preservare e conservare la bellezza. L'incongruo è lasciarla sfiorire, appassire. L'incongruo è deturparla con un solo gesto vendicativo, dell'uomo che non può arrivare alla Luna e che per questo, insensatamente, è fortemente tentato sempre di distruggerla, di abbatterla, di tirarla giù dal cielo.
Fabrizio Falconi
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