Sergej Esenin sul letto di morte
Nel 1925 Esenin sposa a Mosca Sof'ja Andreevna Tolstaja, nipote del grande scrittore.
Con lei va ancora a Baku. Suoi versi sono tradotti in georgiano. Nel settembre torna a Mosca per curare la pubblicazione delle sue opere con le edizioni di Stato.
E' di nuovo in preda all'alcool. I giudizi severi della critica, lo sconforto, le allucinazioni lo portano sull'orlo della catastrofe.
L'angoscia si rispecchia nel suo ultimo poema (L'uomo nero), finito il 12-13 novembre. Alla fine dello stesso mese entra in una clinica.
Ma il 23 dicembre, eludendo la vigilanza della moglie e degli amici, parte per Leningrado.
Qui, in una stanza dell'albergo "Angleterre", nella notte dal 27 al 28 dicembre 1925 s'impicca con la cinghia della sua valigia . La notte precedente scrive col sangue, per mancanza d'inchiostro, due quartine d'addio, coi famosi versi finali:
In questa vita morire non è nuovo,
ma neppure vivere, certo, lo è di più.
Ad essi V. Majakovskij risponderà parafrasando, coi versi finali di un'aspra poesia (A Sergej Esenin): In questa nostra vita/morire non è difficile/costruire la vita/è notevolmente più difficile.
I funerali del poeta si svolgono a Mosca l'ultimo giorno dell'anno, il 31 dicembre con grande partecipazione di popolo. Tra gli artisti e scrittori che portano a braccia il feretro si trovano Isaak Babel', Vsevolod Ivanov, Vsevolod Mejerchol'd e Boris Pil'niak.
Qualche tempo dopo, A.Tolstoj definisce con esattezza il dramma di Esenin in un suo commosso articolo sulla morte del poeta: Egli se n'era andato dalla campagna, ma non era arrivato nella città.
i funerali di Esenin
tratto da S.Esenin, Il paese dei banditi, a cura di Iginio De Luca, Einaudi editore, 1985, p.XXIV
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