Mancavo da Londra dal 1997.
Erano altri tempi, si viaggiava liberi, si viaggiava soli. Ma, diciassette anni dopo ho trovato una città molto cambiata.
La ricchezza è esibita senza discrezione. Londra è ormai accessibile - per vivere, ma fra poco anche per viaggiare - solo per i redditi alti o altissimi.
Il centro della città è stato colonizzato da arabi e russi. Mai vista una tale concentrazione di auto di lusso.
Londra, intendiamoci è sempre meravigliosa. Ma è come se stesse subendo un processo simile a quello di Venezia: una città-museo, un tributo perpetuo alla immutabile tradizione britannica (che si vende così bene nel mondo), però piuttosto svuotato di anima, cioè di vita vera, quotidiana (anche a Venezia la vita vera, quotidiana, esiste ancora, ma è ormai una sparuta minoranza di esseri umani che per necessità e convenienza, oppure per semplice resistenza, vive ancora lì).
Visitando Londra si capisce anche meglio il fenomeno dei figli di seconda o terza generazione, musulmani, che negli ultimi tempi, hanno lasciato l'Inghilterra - parlando la lingua perfettamente, vestendosi come i ragazzi di Londra, ascoltando la loro musica - per arruolarsi nelle file dell'Isis e andarsi a fare ammazzare o ammazzare in Medio Oriente.
La frustrazione di appartenere ad una città-nazione (Londra) dove i beni sono accessibili a pochissimi, dove tutto è esibito, ma non disponibile (per questione di redditi, potere economico), dove con poche fermate di Tube si può, provenendo dai più lontani e umili sobborghi, girovagare per Harrod's, una specie di regno di Bengodi, dove però si può vedere e non toccare, dove si è sostanzialmente esclusi, questa frustrazione funziona evidentemente da detonatore (lungi dall'essere un alibi) di rabbie personali, che trovano rifugio al cospetto di ideali di rivendicazione religiosa ed etico-religiosa.
Insomma, una visita a Londra spiega molto dell'oggi.
E negli occhi, il colore del magnifico cielo di Londra, azzurro smagliante o grigio-piombo getta diversi semi di inquietudine.
Fabrizio Falconi
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