Thomas Mann in Autochrome, 1909
Di cose delicate ed imprecise si deve parlare con delicata vaghezza: per questo sia qui inserita una ulteriore osservazione.
Soltanto nei due poli dell'unione umana, là dove non vi sono ancora o non vi sono più parole, nello sguardo e nell'abbraccio, può trovarsi la felicità, giacché lì soltanto esiste assolutezza, libertà, mistero e profonda assenza d'ogni riguardo.
Tutto quello che nei rapporti umani sta frammezzo quei due poli è tiepido, è determinato, deciso e limitato da formalità e convenzioni borghesi.
Qui domina la parola, questo mezzo freddo e smorto, questo primo prodotto di una civiltà mediocre, così estraneo alla calda e muta sfera della natura, tanto che si potrebbe affermare che già ogni parola è in se stessa un luogo comune.
E questo lo dico io, mentre, immerso nell'opera della mia biografia, debbo dedicare massima cura all'espressione letteraria.
Tuttavia, non è il comunicare per parole il mio elemento; il mio vero interesse non sta in esso. Si rivolge piuttosto alle mute, estreme regioni dei rapporti umani, innanzitutto a quella in cui la estraneità e la mancanza di nessi borghesi riflettono un originario stato di libertà, mentre gli sguardi si accoppiano irresponsabili, con sognante lascivia; poi anche all'altra dove la suprema unione, intimità e fusione ricrea nel modo più perfetto tale inespresso stato primordiale.
Thomas Mann, da Confessioni del cavaliere d'industria Felix Krull, Traduzione di Lavinia Mazzucchetti, Mondadori,1955.
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