In un giorno di pioggia d'estate, di afa e di vento, qualcuno disse: "bisogna metterci la faccia."
Rimasi a lungo a pensarci. Non avevo mai sentito una espressione più assurda di questa e più insignificante. Quasi tutti quelli che la pronunciano, riflettei più tardi, la lanciano come una specie di grido o di rivendicazione, per difendere il proprio operato. Anche quando è inqualificabile.
"Metterci la faccia."
La faccia non si "mette". La faccia c'è o non c'è.
La faccia è il nostro cammino tutto insieme e non si nasconde nemmeno quando è nascosta. Perché la faccia non è quella che portiamo sulla "faccia".
Sarebbe solo un'antica tradizione e una perfida consolazione pensare che le rughe siano quelle che si portano sulla "faccia" e non dentro il cuore. Sarebbe soltanto un inganno o un povero accampar di scuse (come fanno sempre gli umani), nascondersi dietro una "faccia".
La "faccia" non dice nulla. La "faccia" siamo noi che facciamo finta. E "metterci la faccia" è solo un brutto nome in più che abbiamo, per dire che facciamo finta.
La faccia è, spesso, la chioma risplendente di un albero di giugno, le cui radici sono già morte e piene di vermi.
Immagine in testa: Magritte, no face hat.
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