(Dieci grandi anime) - Antonia Pozzi (3./)
Scrive
nella occasione di quel viaggio una poesia, intitolata Viaggio al Nord, che termina con queste parole :
Ripudia
questo sangue il suo sole e le stagioni
infuriando
così sotterra, nella magica
notte. (5)
Sente, il suo cuore non può non sentire,
quello che si prepara. L’odore del sangue che già si sparge sotto il sole. Anche i suoi migliori amici, come Paolo Treves
– che è fuggito a Londra da dove conduce una rubrica per Radio Londra – sono in
pericolo, o sono già morti, come Gianni Manzi, compagno d’università molto
amato che si è tolto la vita due anni prima, nel 1935.
Non gli sono di conforto – se non
temporaneo – l’amicizia, la fraternità con altri amici poeti, come Vittorio
Sereni, le lunghe discussioni sull’arte, quando si accompagnano a casa la sera. Oppure come
altri coetanei come Luciano Anceschi, Remo Cantoni, Enzo Paci, Maria
Corti.
Divengono più frequenti, alla fine della
sua breve vita, le visite alla nonna, Maria Cavagna, e quelle a Pasturo,
l’unico posto dove davvero sembra ritrovare un po’ di pace.
Probabilmente matura lentamente in lei un
desiderio di sparire quietamente, e che del resto abita in lei già da
tempo. In una poesia del 1930, scritta a diciott’anni, descrive il raccoglimento interiore di una
visita in chiesa, e scrive:
O
lasciate che io sia
una cosa di nessuno
per queste vecchie strade
in cui la sera affonda.
Non domandatemi se prego
e chi prego
e perché prego.
io entro soltanto
per avere un po’ di tregua
e una panca e il silenzio
in cui parlino le cose sorelle –
poi ch’io sono una cosa –
una cosa di nessuno
che va per le vecchie vie del suo mondo –
gli occhi
due coppe alzate
verso l’ultima luce. (6)
Quell’ultima
luce è in definitiva la luce beata delle montagne, che Antonia conosce
bene, che esplora con gli occhi e con l’obiettivo della sua macchina
fotografica. Il suo divenire continuo, il suo mutare, il suo non trovare appigli , è il simbolo di una ricerca
che non può che incarnarsi nello spirito vitale che la abita e che non trova un
abbraccio sicuro, un luogo stabile nel quale trovare pace, se non nell’immagine
paziente di una luce ulteriore, irraggiungibile in questa vita.
Abbandonati in braccio al buio
monti
m’insegnate l’attesa:
all’alba – chiese
diverranno i miei boschi.
arderò – cero sui fiori d’autunno
tramortita nel sole. (7)
(3./ segue)
Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.
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