un estratto dal Libro Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma, uscito da pochi giorni in libreria.
Un piccolo edificio, sotto l’ombra dei cipressi passa quasi del tutto inosservato sulla sponda sinistra del Tevere, proprio alla fine del tratto della Via Flaminia prima di Ponte Milvio, compresso com’è dalle due carreggiate e dai binari della linea del tram che la cingono d’assedio.
Eppure si tratta di un piccolo gioiello che custodisce una lunga e nobile storia: è il cosiddetto Oratorio di Sant’Andrea, costruito accanto ad una edicola, poggiata su quattro colonne con la statua raffigurante l’apostolo Andrea.
Sia la statua che l’edicola risalgono al 1463, quando furono commissionate dal papa di allora, Pio II Piccolomini, all’architetto toscano Francesco Del Borgo, per rendere eterna memoria di un evento storico avvenuto proprio in quel luogo, l’11 aprile dell’anno precedente, il 1462.
In quel giorno di primavera, a Roma, accadde qualcosa di notevole: il Cardinale Bessarione (di lui parliamo anche in un capitolo a parte, nelle pagine sul Rione di San Saba), grande erudito e umanista, mediatore e ambasciatore tra le chiese di Bisanzio e quella di Roma, arrivò nella capitale portando con sé una reliquia preziosissima: la testa dell’apostolo di Gesù, Andrea.
L’arrivo nell'Urbe di questo sacro reperto assumeva in quegli anni un significato particolarmente importante, in una città che già vantava ovviamente un gran numero di insigni reliquie della cristianità: la testa dell’Apostolo Andrea era sfuggita alla massiccia operazione di recupero seguita alla occupazione da parte dei Crociati del trono imperiale di Bisanzio, nel 1204. Grazie alla riconquista della antica Costantinopoli, infatti, un gran numero di reliquie della prima cristianità, custodite nella capitale dell’Impero Romano d’Oriente, erano state riprese e riportate in Occidente, non solo a Roma, ma nelle principali cattedrali e chiese di Francia, di Germania, di Spagna, d’Italia, compreso il corpo dell’Apostolo Andrea (che la tradizione vuole morto nell’anno 60 d.C. in Grecia, nella città di Patrasso, dopo il celebre martirio per crocefissione sulla cosiddetta croce decussata, cioè a forma di X).
A quel corpo – che era stato spostato, dopo la sepoltura, a Costantinopoli (città di cui Sant’Andrea divenne patrono), mancava però la testa, che continuò ad essere conservata a Patrasso e che lì resto, in mano ai bizantini, anche dopo l’ingresso dei Crociati a Bisanzio.
Dopo due secoli e mezzo da allora, la testa del santo fu dunque finalmente donata, insieme ad altre reliquie del martirio dell’Apostolo, dal re di Morea, Tommaso Paleologo a Papa Pio II. Tommaso, che era stato spodestato dai Turchi (ed era riuscito miracolosamente a mettere in salvo la reliquia) sperava in questo modo di ingraziarsi il papa cattolico visto che Bisanzio era stata nuovamente riconquistata dagli Ottomani e soltanto una nuova iniziativa da Roma, con l’indizione di una nuova Crociata poteva restituire Costantinopoli ai cristiani.
La reliquia della preziosa testa fu dunque affidata al Cardinale Bessarione, che fungeva da vero e proprio ambasciatore, il quale in un lungo viaggio per nave era giunta fino ad Ancona e di qui trasportata fino a Narni e poi, via fiume, attraverso le acque del Tevere fino a Roma, a Ponte Milvio, dove, appena disceso dal battello, il Cardinale aveva trovato ad accoglierlo il Papa in persona.
Fino al Cinquecento la memoria del fausto avvenimento fu consegnato soltanto all’edicola e alle colonne. In seguito fu realizzata la chiesa di Sant’Andrea (a pianta quadrata con cilindro, che si trova nei pressi) e l’Oratorio che nel 1566 Papa Pio V concesse all’arciconfraternita della Trinità dei Pellegrini. Il luogo infatti, era una delle mete privilegiate, e delle soste obbligate dei pellegrini che percorrendo la Via Francigena, da Nord, giungevano nella Città Santa.
L’edificio di culto fu dotato anche di un cimitero destinato proprio ad accogliere i pellegrini morti durante il loro viaggio di avvicinamento a Roma. Il cimitero, che doveva essere molto esteso, è ormai ridotto ad un piccolo recinto, nel quale restano soltanto alcune lapidi con iscrizioni e l’erma marmorea del cardinale Piccolomini, nipote del Papa.
Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata. Tratto da Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma, Newton Compton Editore
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La testa dell’Apostolo fu trasferita in Vaticano e lì custodita per diversi secoli, fin quando fu proprio Paolo VI, nel 1964 a restituire la reliquia alla città di Patrasso, all’interno dell’antico reliquiario bizantino, che all’epoca dell’arrivo in Italia era stato donato dal pontefice alla Cattedrale di Pienza. In quella occasione, Paolo VI, risarcì la cittadina toscana, inviando il prezioso reliquiario realizzato da Simone di Giovanni Ghini che si trovava in Vaticano.
La testa dell’Apostolo, dopo questo incredibile viaggio di andata e ritorno sulla rotta Bisanzio – Roma, è oggi custodita nella chiesa di Sant’Andrea di Patrasso, in una speciale urna che viene mostrata ai fedeli nel giorno della festa dell’Apostolo, il 30 novembre.
Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata. Tratto da Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma, Newton Compton Editore
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