Nel 1906 Amedeo Modigliani arriva a Parigi dalla natìa Livorno.
Ha 22 anni e vuole fare lo scultore («ténere colonne per un tempio della bellezza»). Montmartre, alberghetti; Bateau-Lavoir e La Ruche; Montparnasse, il primo mecenate (il medico Paul Aleixandre); l'amicizia con Soutine (che «adotta») e con Brancusi (che gli presta studio e attrezzi per scolpire); le lesioni polmonari che lo porteranno, con alcol e droghe, alla tubercolosi; la declamazione, per strada e nelle bettole, di Dante, Leopardi, Baudelaire e D'Annunzio (dal quale, guardando al superuomo di Nietzsche, trae insegnamento per il proprio «eccesso nell'opera e nella vita»).
Esuberante, irrita Picasso. Indossa abiti lisi, ma che, dicono «porta come un principe».
Le donne lo idolatrano: non si contano le relazioni.
Ha avuto un figlio (mai ammesso) da una studentessa canadese, Simone Thiroux («Il mio pensiero più tenero è per voi in occasione di questo nuovo anno che io vorrei fosse quello della nostra riconciliazione. Giuro sulla testa di mio figlio, che per me è tutto, che non ho in mente niente di cattivo. Vi ho amato troppo»), ma frequenta la poetessa inglese Beatrice Hastings di cui è gelosissimo.
Giocando all'«amore folle», i due litigano dappertutto: «Scenate, seguite da incontri di pugilato», ricorda qualcuno. La leggenda comincia.
Nella primavera del 1910 una coppia di russi, poeti entrambi, fa il viaggio di nozze a Parigi. Si chiamano Nikolaj Gumilëv e Anna Achmatova ed hanno, rispettivamente, 24 e 21 anni.
La donna è nipote di una principessa tatara, discendente diretta di Gengis Khan. Non particolarmente bella, ma interessantissima. «Alta, slanciata e flessuosa», la descrive un'amica. Fascino misterioso e gran classe. Forse è lo scultore bielorusso Ossip Zadkine a presentarli al Café La Rotonde.
«Un vero uomo è poligamo, mentre una vera donna è monogama», afferma Nikolaj. Anna non è d'accordo.
E, poi, la sua natura è troppo libera per adattarsi a sciocchi detti. «Erano inadatti ad una vita in comune», dirà un conoscente della coppia.
Modigliani e «il signore e la signora Gumilëv» si frequentano.
Che cosa avviene?
È Boris Nossik a ricostruire la vicenda in 178 pagine ( Anna e Amedeo, Odoya, 14). Occhiate intensissime fra i due e qualche stretta di mano furtiva, seguite da «lettere folli» di Modigliani per tutto l'inverno («Lei è come un'ossessione») che accompagna con ritratti a matita, quando i coniugi rientrano in Russia.
Cui la donna risponde con versi («Oh come ritrovarsi, rapide settimane / del suo amore, etereo e fugace»).
La passione fisica esplode l'anno dopo. Anna ritorna da sola nella capitale francese ed affitta una casa in rue Bonaparte, dove Modigliani riempie di schizzi il suo taccuino blu.
Settimane, giorni, ore vengono ricostruiti da Nossik nei minimi particolari.
Soprattutto attraverso documenti e testimonianze.
Romanzo, racconto lungo? No. Piuttosto, una sceneggiatura. Manca solo il sottofondo musicale per accentuare il pathos dei momenti culminanti. «Mi diverte quando sei ubriaco / e nelle tue storie non c'è più senso. / Un autunno precoce ha sparpagliato / gialli stendardi sugli olmi», scrive l'Achmatova.
Vanno in giro a visitare gli studi degli amici pittori; infilano le viuzze di Montmartre e Montparnasse; passeggiano per i giardini del Lussemburgo e in rue Tournon, dietro il Panthéon, per vedere la casa di Giacomo Casanova.
Ma arriva il momento dell'addio.
Il Canto dell'ultimo incontro verrà scritto a Carskoe Selo: «Gettai uno sguardo alla casa buia. / Solo in stanza da letto le candele / ardevano di un lume indifferente e giallo».
La leggenda continua.
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