Via Veneto
e i numeri di Fra’ Pacifico.
Era la più
elegante via di Roma, lo è anche oggi forse, anche se il suo fascino sembra
essere decaduto, dopo il magico decennio degli anni ’60 dove per una serie di
circostanze questa strada di Roma si trovò ad essere additata come il centro
del mondo, il centro del mondo che contava: Via Veneto è universalmente nota.
Eppure il suo nome completo è Via Vittorio
Veneto. La strada infatti, pur essendo
ubicata nel dedalo di vie dedicate alle diverse regioni italiane, cambiò la sue
denominazione dopo il 1918, quando si scelse di dedicarla al comune di Vittorio
Veneto, teatro della gloriosa e
decisiva battaglia vinta dagli italiani contro gli austriaci durante il primo
conflitto mondiale.
Fu scelta
dunque, forse per mera praticità, la Via che esisteva già dal 1886 quando era
sorto il quartiere Ludovisi, dallo smembramento della bellissima Villa (vedi il
capitolo precedente) e che era intitolata alla regione veneta.
Tra il 1890
e il 1960, la Via si arricchì di elegantissimi palazzi e ville (la più celebre
è la Villa Margherita, oggi sede dell’Ambasciata degli Stati Uniti) divenuti
con il tempo sontuosi alberghi, sedi diplomatiche o di istituti bancari.
Fu però il
genio di un artista, Federico Fellini, a trasformare questa strada un mito. C’è
qualcuno che oggi sostiene che la Via, in realtà, non fu mai un vero e proprio
punto di aggregazione degli intellettuali di allora. E’ pur vero che i tavolini
degli eleganti caffè ospitavano molti dei registi e degli scrittori più in
voga, nel dopoguerra italiano, come racconta anche Eugenio Scalfari in un suo
famoso libro di memorie. Ma Fellini ci mise molto del suo, inventando letteralmente un luogo, tanto è vero
che pretese ed ottenne dalla produzione di allora di ricostruire la Via, così
come era, fedelmente, nel rassicurante spazio dell’amatissimo teatro di posa
numero 5 di Cinecittà dove il regista riminese girò la gran parte dei suoi
film.
Federico Fellini seduto ai tavoli di Doney
E a Via
Veneto, Fellini era in effetti un habitué
come è possibile verificare dalle molte foto d’epoca che lo ritraggono seduto
ai tavolini dei caffè.
Oggi la Via
non ha più sicuramente lo charme di
allora, anche se resta una meta privilegiata del turismo internazionale e
presenta molti motivi di interesse e di curiosità, che riportano ai secoli del
passato, come la celebre Fontana delle
Api scolpita nel 1644 da Gian Lorenzo Bernini e commissionata da Papa
Urbano VIII o come la celebre chiesa di Santa Maria della Concezione, eretta da
Antonio Casoni nel 1626 per il cardinale Antonio Barberini, cappuccino, a sua
volta fratello di Urbano VIII, che per i romani è la Chiesa dei Cappuccini (della quale parliamo anche in un altro
capitolo di questo Rione) con il suo cimitero con più di quattromila scheletri
di frati.
A proposito
di questa Chiesa è poco conosciuta la vicenda di un converso del convento, un
cappuccino, tale Fra Pacifico, vissuto nell’Ottocento, che a Roma divenne una
vera e propria celebrità per una sua dote molto particolare: sembra infatti che
avesse una incredibile capacità di predire numeri del lotto regolarmente
vincenti.
Divenne una
tale fenomeno, in città, che il popolo sembra si riunisse in vere calche e
assembramenti di fronte alla Chiesa per poter avere dal fraticello le agognate
combinazioni vincenti. La cosa,
ovviamente, suscitò ad un certo punto la contrarietà delle autorità
ecclesiastiche: la notizia anzi arrivò direttamente all’orecchio di Papa
Gregorio XVI (1831-1846), il quale dispose il trasferimento di Fra’ Pacifico.
La qual
cosa fu accolta con vero e proprio dolore dalla popolazione, che si raccolse
davanti a Santa Maria della Concezione per implorare un’ultima combinazione
vincente. In quella occasione, però, il
frate sorprese tutti, declamando una frase sibillina che però i popolani non
fecero molta fatica ad interpretare:
Roma, SE SANTA SEI/ perché crudel SE’ TANTA?/ SE DICI che SE’ SANTA/
certo bugiarda SEI !
Che,
decrittato, significava una bella cinquina di numeri: 66,70,16,60,6.
Le cronache
riferiscono che anche stavolta il Frate non sbagliò e una buona parte di Romani
festeggiò una cospicua vincita.