02/01/15

La meditazione e il Campo Unificato - una esperienza trascendente.



Chi sperimenta le tecniche di meditazione - in particolare quella trascendentale, formalizzata nei suoi canoni da Maharishi Manesh Yogi nella seconda metà del Novecento - sa che nella radicata tradizione vedica, vecchia di 10.000 anni si può raggiungere un contatto con il cosiddetto Atman, quel soffio vitale o energia, che la psicologia occidentale identifica con il , il nucleo più autentico dell'individuo, in contatto con il mondo inconscio archetipico. 

La scienza, la fisica moderna è al lavoro sulla identificazione del Campo unificato, sulla base di quella intuizione di Albert Einstein, che passò gli ultimi anni della sua vita alla ricerca di una teoria di unificazione dei campi (oggi chiamata variamente Teoria del tutto) in grado di tenere insieme la gravità e l'elettromagnetismo, insieme o oltre la legge della relatività generale.   

Oggi molti teorici sono convinti dell'esistenza di questo Campo unificato, per la dimostrazione del quale mancano alcuni definitivi tasselli sperimentali, una specie di campo delle possibilità (la meccanica quantistica è già realtà, si lavora alla supersummetria) dove ogni particella è sospesa tra esistenza e non esistenza, una sorta di mare quantico, misteriosa origine di ogni cosa, visibile ed invisibile. 

La possibilità di accedere (intuitivamente, ma anche concretamente) a questo campo sottostante la nostra stessa vita individuale è una possibilità che offrono le tecniche di meditazione. 

Ed è un peccato non approfittarne, anche per comprendere come sia molto labile il confine delle nostre occupazioni e pre-occupazioni quotidiane e come in fondo il nostro irrompere sulla scena del mondo sia molto.... relativo (per dirla con Einstein), ma allo stesso tempo molto collegato a una rete molto più ampia di quello che possiamo anche soltanto immaginare.

Fabrizio Falconi


31/12/14

31 dicembre - La festa immobile.


Un fotogramma da 'Mister Hula Hoop' (The Hudsucker Proxy), di Joel e Ethan Coen, 1994



La vera festa, per l'addio ad un anno è quella interiore. 


Alberi, fiumi, cose, stelle, non hanno l'impressione di sentire il passaggio del tempo, il bisogno di una soglia, che gli esseri umani invece hanno necessità di segnare sempre, dall'istante stesso che sono nati.

Di soglia in soglia, l'essere umano muta. 

Ma non tanto esteriormente.

Ciò che veramente cambia è lo scenario interiore.  Si può essere grati di quel che si è imparato e anche di quel che si è sofferto se è servito. Si può festeggiare una rinascita, si può brindare allo spirito, ci si può predisporre ad una festa interiore (apparentemente immobile), che è l'unica davvero senza fine. Se si è capaci di conservare un cuore aperto. Capace di dire sì alla vita (senza pìù accusare, nemmeno gli accusatori, nemmeno se stessi). 

Così scriveva Friedrich Nietzsche ne La gaia scienza (1882):

Per l'anno nuovo. [...] Oggi ognuno si permette di esprimere il suo augurio e il suo più caro pensiero: ebbene, voglio dire anch'io che cosa oggi mi sono augurato da me stesso e quale pensiero quest'anno, per la prima volta, m'è venuto in cuore - quale pensiero deve essere per me fondamento, garanzia, dolcezza di tutta la vita futura! Voglio imparare sempre di più a vedere il necessario nelle cose come fosse quel che v'è di bello in loro: cosi sarò uno di quelli che rendono belle le cose. Amor fati: sia questo d'ora innanzi il mio amore! Non voglio muover guerra contro il brutto. Non voglio accusare, non voglio neppure accusare gli accusatori. Guardare altrove sia la mia unica negazione! E, insomma: quando che sia, voglio soltanto essere, d'ora in poi, uno che dice sì!

Auguri per un felice anno nuovo da questo blog.

Fabrizio Falconi

29/12/14

'The Master' di Colm Tòibìn, un capolavoro.




E' raro trovare un libro così. 

In The Master, l'irlandese Colm Tòibìn, è riuscito a realizzare una specie di miracolo.  Prima di tutto linguistico: scegliendo di raccontare la vita dello scrittore Henry James lungo 4 anni, dal 1895 al 1898, Tòibìn si è trovato di fronte alla necessità di dover essere prima di tutto credibile. Non è mai facile raccontare la storia di uno scrittore. 

Ancora di più quella di Henry James, un vero e proprio monumento all'assenza, visto che - come è noto - la sua biografia è priva di fatti privati notevoli, non ci sono matrimoni, fidanzamenti, figli, non ci sono tempeste o rovine. Sotto certi aspetti, anzi la vita di James è un mistero.  Un mistero che ha lasciato terreno libero ai biografi del passato e recenti, lasciandoli liberi di argomentare a favore della presunta o vera omosessualità dello scrittore, o sulla sua presunta o vera verginità o atarassia o distacco dal desiderio.

Colm Tòibìn

Quel che ha interessato Tòibìn, e che lo scrittore irlandese è riuscito a cogliere con un così elevato tasso di classe e di credibilità, è il carattere di James, un carattere tutto in apparente sottrazione. Il che ovviamente non significava affatto che James fosse insensibile alla vita. Ne era, anzi, sostiene Tòibìn, irresistibilmente attratto: la sua passione per la vita era divorante, lo era troppo.  Ma il destino lo aveva dotato di un'anima estremamente sensibile: sono eloquenti le ultime 3 pagine del romanzo, in cui viene rievocata una scena dell'infanzia di Henry, il suo commuoversi bambino, al solo ascoltare le cattiverie dei Murdstone, nel David Copperfield, letto ad alta voce dal padre.

E' proprio questa protezione dal mondo allora, questo non volersi far coinvolgere per non soffrire atrocemente, questa autoesclusione drammatica, interiore dal furore e dalle passioni del mondo che James praticò trovando come potente antidoto la narrazione.  E anzi, fu proprio questo stare affacciato alla finestra, a permettergli quello sguardo lucido e profondo come un bisturi che in ogni suo romanzo, o racconto o novella breve fa precipitare il lettore nel mondo interiore dei suoi personaggi (specie di quelli femminili). 

Tòibìn è qui un narratore incredibilmente discreto, sembra aver imparato la lezione di Henry James in modo esemplare e utilizza il suo stesso metodo per scolpirne il ritratto dal vero

Un ritratto che nell'arco delle 360 pagine è non solo vivo, ma palpitante.  Così doveva proprio essere James, come quell'uomo che di notte va sotto casa dell'amato, con il cuore disfatto, solo per vederne le luci di casa accese, senza salire, come quell'uomo che si dispera per l'amata Constance - che forse si è tolta la vita proprio per lui e per la sua assenza - come quell'uomo che non sa o non vuole spendere parole più del necessario, perché sa che tutto quello che serve è stato detto, e se è stato taciuto è ancora più eloquente.

Ma, verosimiglianza a parte, The Master è prima di tutto un romanzo.  Un grande romanzo il cui oggetto, come in tutti i grandi romanzi, è la differenza di prospettiva tra la vita vissuta e la vita osservata.

Fabrizio Falconi 

Tomba di Henry James al cimitero di Cambridge, Massachussets

L'enigma tra esistere e non esistere (Carlo Revelli).

fotogramma dal film Interstellar, scritto prodotto e interpretato da Christopher Nolan (2014)

Uno degli argomenti filosofici più frequentati, dalla notte dei tempi, per contrastare l'illusione che ci porta continuamente a pensare in forma di tutto qui e ora (ovvero esiste solo ciò che vedo, conta solo quello che tocco, conta soltanto la mia pre-occupazione, il mio mondo), è l'esercizio del pensare alla complicazione del mistero in cui siamo calati.

Questo esercizio avvicina sempre di più filosofia e fisica moderna.  In un meraviglioso libretto di appena 70 pagine appena pubblicato, Sette brevi lezioni di fisica (Adelphi, 2014), Carlo Revelli, esprime così, in poche righe lo stupefacente enigma dentro cui i ricercatori si stanno addentrando. 

Una manciata di tipi di particelle elementari, che vibrano e fluttuano in continuazione fra l'esistere e il non esistere, pullulano nello spazio anche quando sembra che non ci sia nulla, si combinano assieme all'infinito come le lettere di un alfabeto cosmico per raccontare l'immensa storia delle galassie, delle stelle innumerevoli, dei raggi cosmici, della luce del sole, delle montagne, dei boschi, dei campi di grano, dei sorrisi dei ragazzi alla feste, e del cielo nero e stellato della notte.


Fabrizio Falconi

28/12/14

Poesia della domenica - 'Galeria' di Fabrizio Falconi.





Galeria


Non l'ho trovata Galeria,
eppure dicevano che era qui, proprio qui
dove la strada finisce
e bisogna iniziarne una nuova,
così ho fatto: incamminandomi nel tepore
d'ottobre e tutto era silenzioso ed umile
netto come dev'essere la vita,
ho fatto attenzione, procedendo passo dopo passo
e la campagna era smisurata e verde
brillante all'orizzonte, tutto sembrava oro
tutto induceva a continuare
senza indugiare, ma mano a mano
che il sentiero deviava
perdevo le tracce e io stesso
avevo paura
di perdermi
senza misura e senza punti, prendevo di mira
l'orizzonte senza scorgere un volo d'uccelli
o il fosso d'Arrone,
è lì, mi dicevo, è lì dove dicono tutti
che sia, è a un passo e bisogna soltanto
condurvi il coraggio, ma non veniva mai
la città morta, non se ne vedeva nulla
forse nel bosco era annientata
forse nessuno l'aveva vista mai per davvero,
io troppo mi ero allontanato
ed era tardi ormai per proseguire,
lentamente ho voltato le spalle e lo sguardo
e son tornato sui miei passi, senza arrivare
senza raggiungere, senza ultimare,
tornato in tempo o per tempo
o troppo tardi, tornato indietro e basta
senza averla vista la città incantata
città dei fantasmi, la città morta
che forse non esisteva o forse
sì, nel sogno o nel racconto o nel prima di
quando si muore, io non l'ho vista comunque
non l'ho trovata, e solo al ritorno mi resta
di sognarla come sarebbe stata,
d'immaginarla com'era, come l'ho sempre
immaginata, da prima che era.



Fabrizio Falconi  2014 © - proprietà riservata/riproduzione vietata.


27/12/14

Non vi è intelligenza senza emozione (L'ebanista)



Non vi è intelligenza senza emozione. Ci può essere emozione senza molta intelligenza, ma è cosa che non ci riguarda, scriveva Ezra Pound.

Quel che si trova sul mercato è emozione senza molta intelligenza. Tutto è facile se si asseconda questa direzione.  

L'emozione pura però, senza vera intelligenza, è pura superficie. Non dà e non aggiunge. Non cambia e nemmeno toglie.  E' come un grano di clessidra che si disperde, uguale agli altri. E un altro tempo è passato. 

La vera intelligenza è nascosta nel vivere profondamente le emozioni (non come fossero princìpi distinti, ma allo stesso momento, tutto insieme)

Per molto tempo, nella vita, ci illudiamo di conoscere profondamente l'altro o gli altri, ma questa vera conoscenza non deriva certamente dalle emozioni (neanche da quelle che si vivono insieme): è la qualità dell'intelligenza, del respiro interiore di ciò che si vive, che rende le emozioni profonde, indelebili. E la conoscenza dell'altro non è allora illusoria, ma vera e reale. 

E come un legno trattato da un ebanista, ad ogni passaggio (di emozione), il legno diventa sempre più pregiato. E' il lavoro dell'intelligenza dell'ebanista, la sua pazienza, il suo modo di sentire, il silenzio, l'accoglienza, la determinazione e la dolcezza, il mettere e levare dei gesti (cioè l'intelligenza) negli intarsi, che rendono lucente e prezioso ciò che sembrava deperito o incapace di essere altro da cibo per i tarli.

Fabrizio Falconi


26/12/14

Sopraffatti dai problemi - L'autoconoscenza.




Lasciarsi travolgere da una massa di preoccupazioni contraddittorie, cedere a troppe richieste, impegnarsi in troppi progetti, volere aiutare tutti in tutti i sensi (da tutti i punti di vista), tutto questo non è altro che soccombere alla violenza dei nostri tempi.

Così scriveva Thomas Merton. 

Questa considerazione rende in modo eloquente uno dei problemi dell'uomo: che rischia sovente di perdersi - e di perdere il senso poetico dell'esistenza (nascosto in ogni piega delle nostre esperienze, se soltanto le affrontiamo con cuore aperto) - quando è sopraffatto da ciò che entra, e non da ciò che è (già) in lui, ciò che è autentico.

Tutto passa attraverso l'autoconoscenza.

Nessuno stato di felicità, nessun cammino esteriore o evolutivo, nessun cambiamento vero e durevole potrà esistere se non attraverso la consapevolezza interiore di ciò che si è (ciò che si vuole è soltanto derivazione di ciò che si è: solo se si impara a capire da dove vengono le domande interiori, si troveranno risposte).  E l'agire sarà soltanto una coerenza, una conseguenza. 

La via per uscire dai problemi attuali scrive Krishnamurti, non può che partire del mondo interno di ciascuno di noi: dobbiamo capire in che modo percepiamo la vita, noi stessi e gli altri.

Capacità di amare e di donarsi, capacità di ricevere, realizzare la pienezza in ogni istante della propria vita.  Non è utopia, a tutti è dato: anche nel dramma di scegliere, di rivelarsi, di abbandonare, di perdere, di conquistare, di partire, di tornare, di essere. E' vivere.

Fabrizio Falconi

22/12/14

Lo stato del mondo, ora (Raimon Panikkar)

Raimon Panikkar

Qualche tempo fa Raimon Panikkar, prima di morire tracciava un bilancio dei cosiddetti anni zero, il primo decennio del terzo millennio. 

Non è con enorme dispiacere che salutiamo questi Anni Zero - 01,02,03,04, ecc... - era in sintesi il suo pensiero.  Chi è sufficientemente vecchio per ricordarlo, sa che alla fine del Ventesimo secolo si pensava al Duemila, come ad un obiettivo di progresso universale, ad una data fatidica che avrebbe segnato il raggiungimento di storici traguardi e la soluzione di molti problemi. 

Invece, diceva Panikkar, questi anni zero non hanno portato granché. Alcuni problemi mondiali si sono aggravati. Le disuguaglianze del mondo sono rimaste immutate. 

Ecco come descriveva lo stato globale il grande filosofo-teologo. 
Una descrizione sintetica che purtroppo non è mutata nemmeno quando stiamo per entrare nell'anno 2015.

Immaginiamo il villaggio globale. Supponiamo che questo villaggio planetario sia formato da cento famiglie.

Di queste 100 famiglie, 60 non sanno leggere. 1 sola ha un'educazione a livello di scuola secondaria. 70 non hanno acqua potabile sicura; 80 vivono in abitazioni inadeguate, ciò che viene considerato come una condizione di vita normale.
6 hanno metà del reddito totale del villaggio, comprese le risorse naturali e il denaro, in modo che 94 famiglie vivono dell'altra metà.

Uno sguardo sulle caratteristiche poi di queste 6 famiglie ci può essere utile: di queste 6 famiglie, 4 e 1/2 sono indottrinate dalle notizie televisive; 5,3 trascorrono ogni settimana una media di tre ore e 1/2 davanti al televisore e 5 guardano 40.000 messaggi pubblicitari l'anno, che le rendono più condizionate dei topi di Skinner

 Raimon Panikkar

21/12/14

Risposta al TEST (5 domande per sapere come vivi).



Il test che ho postato tre giorni fa su questo blog, di mia invenzione, è una elaborazione o una valutazione personale che ciascuno ha potuto fare, rispondendo d'istinto alle 5 domande che avevo posto.

La domanda era: "Come vivi?", cioè "come stai vivendo in questo momento la tua vita?"

La risposta al test è di due tipi: quindi oscilla tra due diversi modi di vivere la propria vita, la vita vissuta prosaicamente e la vita vissuta poeticamente.

Vita vissuta prosaicamente vuol dire che in questo momento si sta vivendo la propria vita preoccupati o impegnati o entrambe le cose - comunque orientati - alla risoluzione delle incombenze, a quello che si deve fare, al senso del dovere o della responsabilità, all'adeguamento - più o meno forzato - a quello che gli altri si aspettano da noi, cioè al nostro ruolo nella vita.

Vita vissuta poeticamente vuol dire che in questo momento si sta vivendo la propria vita più interessati al lato autentico di se stessi, all'ascolto delle cose, alla vibratilità delle emozioni e delle passioni, anche con il connotato negativo che questo comporta (paura, ansia, ecc...), alla esplorazione del mondo (e con questo, degli altri e di se stessi).

Le risposte 'prosaiche' sono: 1A; 2A; 3B; 4B; 5A.

Le risposte poetiche sono: 1B; 2B; 3A; 4A; 5B.

Come sempre vanno conteggiate le proprie risposte e per scoprire il proprio orientamento attuale basta confrontare il numero di risposte 'prosaiche' e 'poetiche', il cui risultato sarà di 5 a 0,  4 a 1 o 3 a 2  in favore dell'una o dell'altra tendenza.

Specifico ancora che non si tratta di come si è dentro, se cioè se si è persone più o meno poetiche o prosaiche, ma si tratta di come si sta vivendo la vita in questo (vostro) momento storico.

Grazie a tutti,

Fabrizio Falconi

19/12/14

"Le spoglie di Poyton", un capolavoro di Henry James.




La macchina narrativa di Henry James è una delle più perfette della intera storia della letteratura.

Se ne ha conferma nei grandi, brevi romanzi, qui collezionati, da Il giro di vite a Il Carteggio Aspern, a Daisy Miller. 

Un vero e proprio gioiello è Le spoglie di Poyton, che troverete qui insieme agli altri, nella seconda parte del volume, nella traduzione di A.M. Giannitrapani. 

Solo quattro protagonisti: la signora Gereth, vedova; suo figlio Owen che deve sposare la volgare Mona; Fleda, la giovane sensibile che è innamorata di Owen e che la vedova, la signora Gereth, ha individuato come "custode ideale" delle spoglie di Poyton, i beni (mobili, gioielli, arredi) che lei ha collezionato e messo insieme nella sua casa per una vita.

Sono le spoglie, in realtà, le vere protagoniste: finiranno in un rogo, distrutte dopo che Fleda ha perso tutte le occasioni, rinunciando a Owen e riconsegnandolo nelle mani della promessa sposa.

Con elementi quasi inesistenti, con una trama quasi inesistente, James costruisce un dramma fantastico, di tensione quasi insostenibile, tutto interiore, sulla rinuncia, sulla stupidità, sulla vanità delle cose, sulla responsabilità di scegliere, di essere felici. 

Fabrizio Falconi

Henry James

18/12/14

5 domande per sapere come vivi.

Frank Dicksee - Paolo e Francesca (1894)



Un piccolo gioco ideato da me - per chi vuole - per saperne di più su come si sta vivendo.

Domani fornirò su questo blog una chiave per interpretare le risposte.  Si tratta di rispondere semplicemente, senza starci a pensare molto, a queste 5 domande, che rappresentano un modello di aut-aut  un po' paradossale. 

Bisogna scegliere l'uno o l'altra.  Segnatevi le 5 risposte.
Domenica ne parleremo.


1. Beatles (A) o Rolling Stones (B)


2. Settembre (A) o Aprile (B)


3. Il piacere di partire (A) o il piacere di tornare (B)


4. Il senso delle cose (A) o le cose che hanno senso (B)


5. Necessità, vizi e virtù (A) o Pena, paura e libertà.


Fabrizio Falconi

15/12/14

Tribù Hopi si batte contro un asta di maschere sacre a Parigi.





Per la quarta volta in meno di due anni delle antiche maschere sacre della tribu' nordamericana degli Hopi vengono messe all'asta a Parigi, e per la quarta volta la nazione Hopi, insieme a quella dei Navajo, cerca di fermarla, questa volta con l'appoggio di varie ong e perfino dell'ambasciata degli Stati Uniti nella capitale francese. 

L'asta e' prevista per oggi all'hotel Drouot, e' organizzata dalla casa Eve Enche'res, e offre 270 maschere amerinde, precolombiane e Inuit da tutto il continente americano, comprese 25 maschere rituali degli Hopi e otto dei Navajo: una vendita gia' giudicata perfettamente legale dal Conseil des ventesvolontaires (Cvv) francese, come era gia' avvenuto per le altre tre.

E c'e' da scommettere che fara' gola ai collezionisti: il "pezzo forte" dell'asta e' una elaborata maschera-elmo cerimoniale costruita dagli Hopi all'inizio del Novecento il cui valore stimato e' di 40-60.000 dollari. 

Altre maschere meno elaborate risalenti agli anni '30 potrebbero valere 6-8.000 euro, "piu' o meno come un Mondrian", chiosa la casa d'aste. 

 Il Cvv e' stato interpellato martedi' dall'associazione americana Holocaust Art Restitution Project (Harp), che si occupa principalmente della restituzione delle opere d'arte sottratte agli ebrei dai nazisti, e non solo. 

Fallita quella strada, si sono fatti avanti i rappresentanti della piccola nazione Hopi, che vive ancora nel territorio ancestrale sparso in un pugno di antichi villaggi (Pueblos) nell'Arizona, che, caduto nel vuoto l'ennesimo appello al rispetto per la sacralita' degli oggetti messi all'incanto, ha tentato di aggrapparsi ad altri cavilli legali. Sostenuti dall'associazione Survival International, che si occupa dei popoli e delle culture native, gli Hopi hanno tentato di ottenere i nomi di venditori ed acquirenti: nuovo diniego. A questo punto, oggi e' intervenuta l'ambasciata Usa, che ha chiesto "il ritiro temporaneo della vendita di oggetti che potrebbero costituire beni culturali Hopi e Navajo di carattere sacro, con il fine di lasciare ai rappresentanti di quelle nazioni il tempo di verificare le loro natura e provenienza e di imbastire possibili ricorsi per la loro restituzione". 

14/12/14

Poesia della domenica - 'Il vero amore' di Ibn Hazm




Il vero amore 

Non nasce in un'ora
il vero amore,
né dà scintille a comando la sua pietra,
ma lento nasce e si propaga
dopo una lunga complicità che lo rafforza.
Invulnerabile diventa
alla noia e agli abbandoni.
Dura poco quanto vediamo
nascere all'improvviso.
Sono una terra dura e rocciosa,
aspra alla vegetazione;
ma se una pianta vi affonda le radici
non deve temere le piogge di primavera.



Ibn Hazm, alias Abū Muḥammad ʿAlī b. Aḥmad b. Saʿīd ibn Ḥazm, talvolta noto come al-Andalusī al-Ẓāhirī (in arabo: أبو محمد علي بن احمد بن سعيد بن حزم) Cordoba, 7 novembre 994 – Huelva, 15 agosto 1064). 

11/12/14

Eccoci, soli nel mondo (ce l'abbiamo fatta, io e te).





Il vento è leggero e freddo.

La neve ti spolvera il viso. Ce l'abbiamo fatta, io e te.  Eccoci, soli nel mondo.
Non avremmo del resto, bisogno di nient'altro adesso.

Il sole è sceso rapido e silenzioso, teatrale ci ha invitato a rallentare ogni gesto.  Tutto sembrava così difficile.  La montagna non sembrava aggirabile. Il valico era impervio. Il ghiaccio crudele.

Ce l'abbiamo fatta, io e te.
Eccoci soli nel mondo.

La fatica di esserci arrivati sarà ripagata da una lunga veglia friabile, fatta dai tuoi gesti e dai miei, al lume delle candele.  Sussurreranno adesso le nostre voci, rimarrà flebile il respiro, sospeso, e poi sarà libero, e per sempre come questa nostra doppia anima che s'era spersa per il mondo senza un motivo e ora è riunita nella perfezione del cerchio.

Liberi come siamo, come ogni cosa deve essere.

Liberi d'essere uno, per sempre. liberi di trovarci ogni volta.  La mia cura silenziosa, il tuo sorriso lento e pieno, senza ombre.

Le ombre giocano con noi, tutto il cielo diventa un immenso mare di delizie.  Quello che era stato promesso, esiste. Quello che ci eravamo promessi, esiste.


Fabrizio Falconi

10/12/14

Corpi nudi, lezione di umiltà, vita. Una iniziazione.



Nel 1973 frequentavo il Liceo Castelnuovo a Roma.  

Erano anni molto turbolenti.  Per me che uscivo da una scuola media molto severa, all'antica (il Ludovico Ariosto), con una professoressa di italiano molto brava, ma di destra, reazionaria, l'immersione nel rosso Castelnuovo di quegli anni, fu un improvviso bagno di vita: pure pulsioni emotive. Il mondo che fino ad allora avevo soltanto sfiorato timidamente, come molti ragazzi di 13 o 14 anni, ma imparato già a reprimere. 

Le giustificazioni per le assenze erano state abolite molti anni prima, la didattica faceva schifo, ma il Liceo, quel Liceo era, in quegli anni una palestra di creatività, una scuola molto diversa da quella che si intende solitamente. 

Quando entrai io, i ragazzi del quinto anno (entrati nel '68) erano pieni di pretese e di convinzioni, facevano anche un po' sorridere a ripensarci oggi, ma credevano sinceramente nella capacità per tutti, di cambiare un po' di mondo, di infondere fiducia, coraggio trasformativo. Di poter sciogliere le costrizioni delle finzioni, di svelare la nefandezza dei costrutti dati per assodati, di dare un senso diverso al mondo. 

Durante la settimana autogestita, furono proiettati filmati semi-clandestini sull'aborto (la legge sarebbe arrivata solo cinque anni dopo), si ascoltava musica in sale da musica approntate (King Crimson, Gentle Giant, ecc..), si tenevano interminabili lezioni sul Vietnam.
Vennero anche a danzare quelli del Living Theatre. 

I loro corpi nudi, totalmente nudi, si muovevano con l'evidenza grave e soave della carne, nella palestra dell'istituto. 

Noi eravamo seduti in terra, senza capire nulla.  

Ma i corpi erano vivi.  I nostri corpi. Questa assenza dei corpi, oggi addolora.  I ragazzi di adesso, incollati alle loro delizie digitali, sembrano privi di corpi, eterei ed essenziali come i loro meravigliosi strumenti tecnologici. 

La pesantezza del corpo è solo un accidente. La qualità di un corpo che pretende di muoversi sulla scena vuota del mondo, un incidente. 

L'umiltà di quella lezione, fu per me, mi rendo conto, totale e fatale. 

Anche quello contribuì a farmi innamorare della vita. Non sono più guarito, anche se oggi molti farmaci proclamano e soddisfano esiti miracolosi per curare senza effetti collaterali il rischio che comporta il vivere.

Fabrizio Falconi


09/12/14

Angustia - di F.Falconi.



Angustia


 
Si sta stretti
nel fuoco delle circostanze, si sconta
il pubblico, si sacrifica il privato senza
che il tempo cambi mai nulla.

Diventa scuro
il cielo del paese, l’attesa lo divora,
lo rende impermeabile al canto delle stelle,
si stringe come un cappio, o come una mascella.

Sono caldi
i cuori innamorati della vita nonostante,
passano tristi sere a consolarsi e a bere
un passito senza sapore e senza contenuto.

Aspettano e aspettano
la luce del vento nuovo, le anime coraggiose
dei poeti, prive di tutto, sono rare, sono al silenzio
o al bando, ma credono. Aspettando, credono. 



Fabrizio Falconi, Le finestre verdi, Il respiro di oggi, Terre sommerse, 2009.  



08/12/14

Una cagna in mezzo ai maiali - Roma 2014.

William Turner, The Colosseum, 1820


E poi c'è Roma che sembra una cagna in mezzo ai maiali..  Cantava qualche anno fa Francesco De Gregori (la canzone era Viaggi e Miraggi, 1992).

E mai come in questi giorni, la figura sembra calzare giustamente.

Del resto Roma una cagna in mezzo ai maiali è stata per lungo tempo e lunghi secoli durante la sua storia.

Lo è stata anche molto spesso in primis, da parte delle popolazioni che l'hanno, nelle diverse epoche, abitata. Poi per via delle diverse invasioni, dei diversi prìncipi o papi che ne hanno abusato, perpetrando rovina su rovina.

Quel che accade oggi, dunque, con gli scandali di Mafia (parola che in Italia ormai si adatta a qualunque tipo di realtà materiale), non è certamente inedito.

Quel che forse avvilisce ulteriormente quelli che amano questa città (non solo per le vestigia, ma per il presente) è il surplus di cialtroneria, di volgarità, che sembra - proprio come una frotta di maiali intorno ad una cagna - essere calato su questa (un tempo nobile) città.

Dovrei però abdicare ? Dichiararmi definitivamente schifato, apolide, senza patria, dovrei gongolare per l'imminente crollo del Colosseo ?

No.

Mi riservo di dire, con Flaiano:

Tuttavia Roma è la mia città. Talvolta posso odiarla, soprattutto da quando è diventata l'enorme garage del ceto medio d'Italia. Ma Roma è inconoscibile, si rivela col tempo e non del tutto. Ha un'estrema riserva di mistero e ancora qualche oasi. (1)


Fabrizio Falconi
1. Citato in La Fiera Letteraria p. 21, n. 5, 14 marzo 1971.

07/12/14

La (quasi) insostenibile perfezione della felicità - 'Stardust Memories'. (VIDEO)



In Stardust Memories (1980), di Woody Allen, c'è una delle più nitide elegie alla felicità umana, racchiusa in un paio di minuti di cinema.

Il regista Sandy Bates, che ripercorre in un esplicito omaggio a 8 e 1/2 di Fellini, la sua vita, i ricordi e il presente, tra il suo mestiere di cineasta e la sua vita privata, torna ad un certo punto del film a rivisitare il suo rapporto con Dorrie, una donna instabile e affascinante, con la quale ha troncato da poco. 

Nel ricordo di Sandy c'è in particolare, quello di un pomeriggio, a casa con Dorrie.  

Non era successo niente di particolare.  Un giorno di festa, una domenica come tante altre.  I due sono tornati da una passeggiata, non hanno niente di importante da fare.  Sandy mangia uno yogurt sul divano, Dorrie sfoglia una rivista, sdraiata sulla moquette.  In sottofondo c'è un vecchio standard di Louis Armstrong. 

La camera fissa, dopo l'introduzione della voce fuori campo di Bates, resta per più di un minuto sul volto di Dorrie-Charlotte Rampling, che si sente osservata, che intuisce, nel silenzio di quel lungo (eterno?) momento, la possibilità concreta della felicità umana, esistente su questa terra.  Condivisa. Insieme all'amato (e a chi a sua volta, ama). 

Le parole sono finite o non servono più.  Bisogna solo fermarsi, guardarsi, sorridere.  Socchiudere gli occhi forse, di fronte a tanta bellezza. Come un sogno, forse è già volata via. Come l'essenza, forse, è per sempre impressa in quel sentire eterno e non andrà mai più via.

Fabrizio Falconi