Per la quarta volta in meno di due
anni delle antiche maschere sacre della tribu' nordamericana
degli Hopi vengono messe all'asta a Parigi, e per la quarta
volta la nazione Hopi, insieme a quella dei Navajo, cerca di
fermarla, questa volta con l'appoggio di varie ong e perfino
dell'ambasciata degli Stati Uniti nella capitale francese.
L'asta e' prevista per oggi all'hotel Drouot, e' organizzata
dalla casa Eve Enche'res, e offre 270 maschere amerinde,
precolombiane e Inuit da tutto il continente americano, comprese
25 maschere rituali degli Hopi e otto dei Navajo: una vendita
gia' giudicata perfettamente legale dal Conseil des ventesvolontaires (Cvv) francese, come era gia' avvenuto per le altre
tre.
E c'e' da scommettere che fara' gola ai collezionisti: il
"pezzo forte" dell'asta e' una elaborata maschera-elmo
cerimoniale costruita dagli Hopi all'inizio del Novecento il cui
valore stimato e' di 40-60.000 dollari.
Altre maschere meno
elaborate risalenti agli anni '30 potrebbero valere 6-8.000
euro, "piu' o meno come un Mondrian", chiosa la casa d'aste.
Il Cvv e' stato interpellato martedi' dall'associazione
americana Holocaust Art Restitution Project (Harp), che si
occupa principalmente della restituzione delle opere d'arte
sottratte agli ebrei dai nazisti, e non solo.
Fallita quella
strada, si sono fatti avanti i rappresentanti della piccola
nazione Hopi, che vive ancora nel territorio ancestrale sparso
in un pugno di antichi villaggi (Pueblos) nell'Arizona, che,
caduto nel vuoto l'ennesimo appello al rispetto per la sacralita'
degli oggetti messi all'incanto, ha tentato di aggrapparsi ad
altri cavilli legali. Sostenuti dall'associazione Survival International, che si occupa dei popoli e delle culture native,
gli Hopi hanno tentato di ottenere i nomi di venditori ed
acquirenti: nuovo diniego.
A questo punto, oggi e' intervenuta l'ambasciata Usa, che ha
chiesto "il ritiro temporaneo della vendita di oggetti che
potrebbero costituire beni culturali Hopi e Navajo di carattere
sacro, con il fine di lasciare ai rappresentanti di quelle
nazioni il tempo di verificare le loro natura e provenienza e di
imbastire possibili ricorsi per la loro restituzione".
Si tratta di un approccio legale diverso da quello adottato
nel dicembre 2013 dall'associazione Anneberg, che ha partecipato
all'asta, e' riuscita ad aggiudicarsi quasi tutti i lotti
controversi (maschere e oggetti sacri Hopi, Apache e Zuni) e a
restituirli ai rispettivi popoli.
Ma il battitore della casa
d'aste Eve, Alain Leroy, ha specificato che "non abbiamo
intenzione di divulgare i nomi (di venditori ed acquirenti).
Questo resta un fatto privato".
Gli Hopi contano circa 18.000 membri e vivono nella loro
riserva nel nord dell'Arizona, un'enclave circondata dalla tribu'
Navajo, antica nemica. Come gli Zuni, Taos e Acoma, gli Hopi
fanno parte dell'antica cultura nativa dei Pueblo ("villaggio"
in spagnolo), il piu' antico e sacro dei quali e' quello di Walpi.
Depositari di antichi riti che evocano spiriti sacri
incarnati proprio dalle maschere e dalle figurine "kachina",
considerate come essere viventi, gli Hopi partecipano a
cerimonie alle quali non e' ammesso chi non faccia parte della
tribu'.
Pochissimi bianchi hanno assistito, fra questi il grande
fotografo Edward S. Curtis, che riusci' a convogliare sulle
lastre tutto il mistero di questo popolo, che tanta curiosita' ha
suscitato negli antropologi...e anche nei collezionisti.
Nessun commento:
Posta un commento
Se ti interessa questo post e vuoi aggiungere qualcosa o commentare, fallo.