Dieci grandi anime. 6. Pavel Florenskij (1./)
Quando Pavel Florenskij scriveva, nel
1914: Tutto scivola dalla memoria, passa
attraverso la memoria, si dimentica. Il tempo …
divora i propri figli. L'essenza stessa della coscienza, della vita, di
ogni realtà, sta nella transitorietà, cioè in una specie di dimenticanza
metafisica (1) probabilmente non poteva certo immaginare che proprio la sua
opera – unitamente alla parabola della sua vita – avrebbe così evidentemente
contraddetto questa legge. La nascita e la morte, aggiungeva, sono i
poli di un'unica realtà: chiamala vivere, chiamala morire, ma il nome più
esatto è destino o tempo. Questo tempo uno, questo destino, consta a sua volta
di nascita-morte unite polarmente, e così via fino agli ultimi elementi della
vita, cioè ai minimi fenomeni di attività vitale. (2)
Il destino di Pavel Florenskij era stato
quello di morire fucilato vicino Leningrado - insieme ad altri 500 deportati dal Gulag delle
isole Solovki, brandelli di terra nel nulla del Mar Bianco, dove Florenskij era
stato internato dopo essere stato arrestato
il 26 febbraio del 1933 - con
questa accusa: “svolge attività controrivoluzionaria, inneggiando al nemico del
popolo Trockij”.
Davvero uno strano destino, per lui, ordinato
sacerdote della Chiesa Ortodossa nel 1911 finire i suoi giorni in un campo di
prigionia - nell’estremo nord della Russia, esattamente sulla linea del Circolo
Polare Artico - che era in origine un
antico complesso monastico, uno dei maggiori centri di spiritualità
dell’ortodossia russa, trasformato dal regime bolscevico nel 1923 in SLON, ovvero Lager a destinazione speciale delle Solovki.
Pavel ci era finito proprio perché ad
ingrossare le fila dei detenuti di questo gulag erano soprattutto credenti, in
particolare vescovi, preti, monaci e religiosi.
Eppure, Florenskij non si era mai sognato
di essere un controrivoluzionario militante, e pagava l’unica colpa di testimoniare
la libertà di pensiero e di aver scelto l’esperienza ecclesiale al termine di
un lungo percorso di consapevolezza, in un tempo in cui tutta l’intelligencija russa virava verso un
forte sentimento anticlericale e antireligioso.
Non v’è dubbio alcuno che quella che fu
spenta in quel giorno d’ottobre, nel massacro di Sandormoch, fu una delle menti
più brillanti dell’intero Novecento. E
la personalità, il pensiero scientifico, la filosofia di Florenskij sono
sfuggite all’oblio. Non solo: oggi fioriscono ovunque saggi e studi a lui
dedicati, e il suo lascito spirituale -
specialmente dopo l’apertura degli archivi del KGB - oltre che puramente letterario continua ad
apparire un luminoso esempio per le generazioni future.
Nato il 9 gennaio del 1882 nella città di
Evlach, nell’Azerbaigian, Florenskij era il primogenito di sette figli nato
dall’unione tra un ingegnere e la colta erede di una famiglia armena. Su di lui, studente precoce e portato per la
scienza, ebbero una grande influenza
le opere dell’ultimo Tolstoj:
il grande romanzo di Resurrezione,
e
soprattutto La confessione.
All’inizio del 1900, dopo molti anni
passati in Georgia con la famiglia, intraprese gli studi all’Università di
Mosca, dove si laureò in Matematica e Fisica quattro anni più tardi, discutendo
una tesi di laurea sul principio di
discontinuità che suscitò immediato interesse nel mondo accademico. Ma lo studio della fisica e della matematica
non bastavano ad una sete di conoscenza famelica: Florenskij negli stessi anni,
cominciò a nutrire interesse per la filosofia antica, per la storia, per la
poesia. Infine nel 1904 la decisione di
iscriversi alla Facoltà teologica di Mosca, dove come se non bastasse, cominciò
ad approfondire le materie bibliche, liturgiche, insieme allo studio delle
lingue antiche. Forse più e meglio di altri
Florenskij finì per incarnare un modello di aspirazione per un nuovo sapere
multidisciplinare, sintesi di un modo di ri-pensare il mondo che – a cavallo
del Novecento – si andava disfacendo, disgregando in una nuova (per molti
aspetti spaventosa) complessità.
Nella religione Florenskij cercava il
necessario complemento a quella metafisica
completa capace di affrontare la lettura del mondo come un insieme. Il cammino verso l’unità e quindi verso la
verità era, per lui, fatto di passaggi attraverso i contrari, fino a
congiungerli insieme, ma senza mai fare
confusione e mantenendo le distinzioni;
nella sintesi del Simbolo perfetto (Uno e Trino), separato
e inseparabile - era il pensiero di Florenskij - c’è la formula che si può estendere a qualsiasi
simbolo relativo, e a qualsiasi opera d’arte.
Cari
figli miei, scriveva nel Testamento – iniziato l’11 aprile del 1917 , pochi
giorni dopo lo smantellamento dell’Accademia Teologica moscovita nella quale
Florenskij insegnava, e la cui redazione si protrasse per diversi anni fino al
1922 nel presagio dei drammi futuri che lo aspettavano - non permettete a voi stessi di pensare in maniera grossolana. Il
pensiero è un dono di Dio ed esige che si abbia cura di sé. Essere precisi e
chiari nei propri pensieri è il pegno della libertà spirituale e della gioia
del pensiero. (3)
(1./segue)
Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.
1. Pavel A. Florenskij, La colonna e il fondamento della Verità, tr. it. di P. Modesto, Rusconi,
Milano 1974, p. 54. Questa è la prima
traduzione mondiale di un’opera di Florenskij, e certamente contribuì in modo
rilevante alla sua riscoperta in tutto l’occidente.
2.
Pavel
A. Florenskij , Lo spazio e
il tempo nell'arte, a cura di N. Misler, Adelphi, Milano 1995, p.
261
3. Il Testamento
di Pavel Florenskij è contenuto nella edizione italiana di Non dimenticatemi, a cura di Natalino Valentini e Lubomir Zak, edizioni Mondadori, Milano, 2000. Cit. pag. 418.