11/10/19

Lasciarsi. Da "Cieli come questo" di Fabrizio Falconi





Il venerdì seguente Giorgio partì per il congresso nazionale del sindacato, in programma per tre giorni a Torino.
Isabella si organizzò. Annunciò a Lorenzo che dovevano assolutamente vedersi, quella sera stessa.
“ Brutte notizie ? “
Lei non rispose. E non disse niente nemmeno quando lo passò  a prendere con la macchina in una piazza del centro dove si erano dati appuntamento.
Lorenzo salì con la sua aria sorridente, percependo l’atteggiamento ostile di lei. 
Arrivarono in un posto subito fuori dalla tangenziale, chiamato Monte Antenne. Al termine della breve salita alberata, Isabella parcheggiò nel grande spiazzo dove altre coppie si appartavano in macchina, coi vetri appannati.
Spense il motore.
“ Che c’è ? Che è successo ?" chiese il ragazzo, sforzandosi di continuare a sorridere.
“ Cosa viene in mente al tuo amico ? “ disse subito lei, aggressiva, “ chiamare mio marito... per cosa poi ? Per proporre un seminario di Sri Rajakrishna patrocinato dai... sindacalisti. Ma dico, ma come gli viene in mente una cosa del genere, è ammattito?”
“ Stai calma, io non ne sapevo niente. Me lo ha detto solo a cose fatte.  E’ stata una sua idea, ne avevamo già discusso e a me pareva una stronzata. Valdemar lo sai com’è fatto, che c’entro io?“
“ E’ semplice. E’ un tuo amico. Dovresti vigilare su di lui. “
“ Ma che dici ? Io non sono il suo tutore. Stai scherzando, spero... Vigilare, vigilare su cosa ?  E perché, poi ? Cosa è successo di tanto grave ? “
“ Certo, niente per te è grave, tu vivi così, tu sei... completamente fuori. Non sai nemmeno cos’è la vita… “
Lorenzo rise amaro:
“ Già, infatti. E tu invece. Tu per fortuna lo sai... “
“ Esistono delle responsabilità. “
Il ragazzo voltò la testa dall’altra parte.
“ Questa parola mi fa orrore, “ disse, “ anzi meglio, non mi fa orrore la parola, mi fa orrore il mondo in cui la pronunciate. E’ il paravento dietro il quale nascondete il vostro lato oscuro, le vostre debolezze. “
“ Perché parli al plurale ? A chi ti riferisci ? Faccio parte di una categoria ? “ Isabella cercava il suo sguardo.
“ Non ti ho mai messo in una categoria, se è questo che intendi. Forse l’hai fatto tu con me. “
Lei per un po’ non rispose. Disegnò un triangolo col dito sulla condensa formata all’interno del parabrezza.
“ Lorenzo, io non ti amo, “ disse alla fine, “ io amo un altro uomo. So perché succedono queste cose, e lo sai anche tu, succedono per mille motivi... Si scambia per amore, ... Si fraintende… Ogni tanto piace a tutti far finta che le cose stiano così. Ma è solo finzione. Io mi fermo qui. “
“ Cosa è l’amore per te ? “ chiese Lorenzo gelido.
“ Che vuol dire ? Io Giorgio lo amo da ventitré anni. So di amarlo. “
“ Lo sai ? Buon per te. Perché invece mi sembra così difficile dirlo. Io non lo dico mai. Ci puoi arrivare solo  per sottrazione.“
“ Cioè ? “
“ Quando sei sicuro di aver tolto ogni artificio, ogni resistenza, ogni negazione dentro di te. “
“ Lorenzo tu vivi in un mondo irreale, inventato. Non è la realtà. E poi non sei sincero, quel giorno, a Bagno Vignoni anche tu hai parlato di amore… Cosa volevi dire se non che mi amavi  ? ”
“ Io ti ho solo detto di essere innamorato. Era una constatazione. Amare non è quello che tu pensi: lo squalifichi al prezzo più triste. Congiunzione carnale, attrazione, convenzione, contratto. Niente di tutto questo. “
“ Straparli. Fai distinzioni di comodo. Io ti dico cose concrete e tu non ascolti neanche. Così diventa tutto difficile. “
Lorenzo guardava fuori dal finestrino. Fece un sospiro, poi disse, come se parlasse da solo:
“ Io so che tu mi ami. L’ho sempre saputo. “
Isabella aprì lo sportello della macchina e scese, incamminandosi per la discesa buia. Lorenzo, dopo qualche secondo, la seguì, le corse dietro, la afferrò per un braccio. Lei si voltò di scatto:
“ Non sai nulla. Non sai quello  che dici. “
“ Dimmi una parola sola. Dimmi quella parola che non riesci a dire. Ma dimmela ora. Solo ora puoi dirmela, “. Isabella non l’aveva mai visto così: sembrava un folle, un invasato, i fari di una macchina gli illuminarono gli occhi in un  lampo.
“ Vattene via. “
“ Quella parola vera. Solo quella mi serve. “
“ Sei solo un povero esaltato. “
Si liberò dalla morsa della sua mano, tornò indietro, salì in macchina e partì con una sgommata.
Lorenzo rimase lì, mentre la macchina gli sfrecciava davanti.
Si accovacciò per terra, poi dopo un po’ si incamminò su per la salita, lungo  il sentiero che conduceva in cima alla collina, dove c’erano i ripetitori. Mucchi di spazzatura, muriccioli sbrecciati, pieni di scritte, profilattici per terra.
Si affacciò dal parapetto, da cui si scorgeva la città illuminata. Pensò alla sua vita, e alle altre vite che scorrevano lì sotto, nel fiume della tangenziale.
Poi guardò in alto, e così, senza un motivo preciso, gli affiorarono sulle labbra alcune parole: “ Mi affido comunque. Mi affido alle tue mani generose. “



Tratto da Fabrizio Falconi, Cieli come questo, Fazi Editore, Roma, 2002 (in edizione Kindle 2014)

Nessun commento:

Posta un commento

Se ti interessa questo post e vuoi aggiungere qualcosa o commentare, fallo.