La donazione di Costantino negli affreschi medievali alla Basilica dei Ss. Quattro Coronati a Roma
Quando Costantino incontrò Silvestro, sul Monte Soratte
Circa venti chilometri più a nord di Malborghetto il panorama della campagna di
Roma è dominato, lungo il tracciato
della via Flaminia dalla imponente mole del monte Soratte, un massiccio
calcareo di circa 700 m .
dai pendii molto ripidi che si staglia in modo inconfondibile sulla sottostante valle del Tevere .
Visibile da grandi distanze, e
addirittura anche da Roma nei giorni di cielo particolarmente limpido, il Soratte ha, nel corso dei secoli, fornito
una notevole varietà di reperti archeologici che ne attestano la frequentazione
umana sin dai primordi.
E’ stata con ogni probabilità proprio la
sua peculiare morfologia a stimolarne l’utilizzo come luogo di culto da parte
di antiche popolazioni come i Sabini prima,
e poi Falisci, Capenati, Etruschi, fino ai Romani.
Ed è ancora oggi molto semplice
constatare come – dopo aver percorso l’antico sentiero che parte dal villaggio
di Sant’Oreste - dalla sua vetta si possa godere di un incredibile campo visivo
a 360° che permette di spaziare nei giorni di nitidezza da un lato fino al
mare, e dall’altro fino alle vicine vette dell’Appennino Sabino, alla valle del
Tevere, al lago di Bracciano, e perfino ai confini di Roma.
Ma soprattutto il Soratte si evidenzia subito come un naturale osservatorio celeste. Dalla sua cima, infatti, di notte è possibile ammirare la volta celeste senza ostacoli che ne limitino la visione. E di sicuro fu proprio questa peculiarità a giustificarne l’utilizzo sacrale sin dai tempi più remoti. Anche oggi, per chi visiti questo luogo, specialmente di notte, si realizza la suggestiva sensazione di trovarsi proiettati verso il cielo, come se ci si trovasse sul vertice di una piramide.
Ma soprattutto il Soratte si evidenzia subito come un naturale osservatorio celeste. Dalla sua cima, infatti, di notte è possibile ammirare la volta celeste senza ostacoli che ne limitino la visione. E di sicuro fu proprio questa peculiarità a giustificarne l’utilizzo sacrale sin dai tempi più remoti. Anche oggi, per chi visiti questo luogo, specialmente di notte, si realizza la suggestiva sensazione di trovarsi proiettati verso il cielo, come se ci si trovasse sul vertice di una piramide.
Ed è facile intuire come, dopo l’incomparabile visuale di cui si poteva godere durante le ore di luce, al calare delle prime ombre della notte fino al sorgere di una nuova alba, lo spettacolo del cielo stellato e dei suoi moti si prestasse in modo del tutto naturale alla funzione di divinazione delle cose umane, in base agli eventi astronomici che si scorgevano nel cielo; o ad accompagnare la scansione del tempo per le preghiere notturne.
Come abbiamo detto, questa circostanza
favorì l’edificazione di un certo numero di edifici sacri, sin dagli albori
dell’umanità. L’ultimo in ordine di tempo,
nell’era della nostra indagine, fu un tempio dedicato a Soranus Apollo. Si trattava non di un particolare appellativo di
Apollo, ma di una divinità che in epoca
imperiale ne congiungeva due diverse: Apollo,
appunto, e Sorano, al quale si
associava un culto pagano in quei luoghi.
Una suggestiva ricostruzione virtuale del Tempio di Apollo è stata
realizzata dai prof. Marco e Alberto Carpiceci dell’Università di Roma, i
quali, sulla base di rilievi topografici, analisi delle proporzioni
architettoniche, e reperti archeologici,
hanno sostenuto che tale tempio fosse strettamente legato al culto del dio sole, proprio quel sol invictus, cioè al quale era assai devoto il futuro – e per il
momento ancora pagano - imperatore Costantino.
Sulle fondamenta di questo antico tempio di Apollo, fu poi edificato, a partire dal sesto secolo dopo Cristo, un nuovo edificio che oggi – come nell’antichità – è conosciuto come Eremo di San Silvestro, che ancora oggi fa splendida mostra di sé sulla cima della montagna sacra. Il nome di questo eremo – oggi una Chiesa sottoposta a numerosi e recenti restauri - ha resistito nei secoli ed è presto spiegato: all’epoca della discesa di Costantino verso Roma, viveva infatti in eremitaggio, sulla cima del monte Soratte, l’episcopo Silvestro, personaggio destinato ad avere un ruolo di primissimo piano nella edificazione della chiesa di Roma divenendo il trentatreesimo Papa, e nel processo di cristianizzazione dell’Impero, voluto da Costantino.
L'eremo di San Silvestro sulla cima del Monte Soratte, oggi
Ricostruire con esattezza la figura e il
profilo biografico di Silvestro è impresa oggi piuttosto ardua, perché le
scarne notizie su di lui sono fornite solo dalla Leggenda Aurea di Jacopo da
Varagine, dal Liber Pontificalis e da
altre fonti apocrife o leggendarie come l’Actus
Silvestri, un documento databile IV-V
sec. di paternità ignota del quale si
trova menzione per la prima volta nel Decretum Gelasianum anche questo di attribuzione controversa.
Quel che sappiamo è che Silvestro, la cui data di nascita è ignota, era figlio di un certo Rufino, romano, e probabilmente di una certa Giusta. Divenuto presbitero, Silvestro divenne il rappresentante di quella parte dei cristiani rimasta ostile a Massenzio. L’usurpatore dapprima impedì per anni l’elezione del Vescovo, poi favorì l’elezione di Milziade, un presbitero nordafricano ritenuto fedele alla sua causa che però non fu riconosciuto da Silvestro e dalla sua fazione. Il mancato sostegno a Milziade suscitò l’ira di Massenzio che minacciò a tal punto Silvestro da costringerlo a fuggire nella capitale e a nascondersi nei territori vicini.
Quel che sappiamo è che Silvestro, la cui data di nascita è ignota, era figlio di un certo Rufino, romano, e probabilmente di una certa Giusta. Divenuto presbitero, Silvestro divenne il rappresentante di quella parte dei cristiani rimasta ostile a Massenzio. L’usurpatore dapprima impedì per anni l’elezione del Vescovo, poi favorì l’elezione di Milziade, un presbitero nordafricano ritenuto fedele alla sua causa che però non fu riconosciuto da Silvestro e dalla sua fazione. Il mancato sostegno a Milziade suscitò l’ira di Massenzio che minacciò a tal punto Silvestro da costringerlo a fuggire nella capitale e a nascondersi nei territori vicini.
Ai fini del nostro discorso, è importante comunque sottolineare che fu proprio l’Actus Silvestri ad ispirare, parecchi secoli più tardi, e precisamente nel Duecento, uno dei capitoli di quel testo su cui torneremo molto più diffusamente in seguito, quando parleremo di Piero della Francesca e della sua versione del Sogno di Costantino, e cioè
Ed è il caso di ricordare che proprio
questa guarigione miracolosa ispirò intorno all’VIII sec. dopo Cristo, ad opera
di un chierico romano, la cosiddetta Constitutum Constantini ovvero la Donazione di
Costantino, quella formidabile
invenzione medievale per giustificare il potere temporale della Chiesa ,
secondo la quale l’Imperatore grato per la guarigione, nella circostanza
dell’incontro con il capo della chiesa cristiana di Roma, avrebbe concesso in cambio al papa Silvestro
I e ai suoi successori il primato e la sovranità
su Roma, l'Italia e l'intero Impero Romano d'Occidente.
Tratto da B. Carboniero, F. Falconi, In Hoc Vinces, Edizioni Mediteranee, Roma 2011
Tratto da B. Carboniero, F. Falconi, In Hoc Vinces, Edizioni Mediteranee, Roma 2011
Le conseguenze dell’incontro tra
Costantino e Silvestro sono dunque assai importanti, non solo ai fini della
nostra storia.
Ma dove sarebbe avvenuto, allora,
esattamente, questo incontro ? Silvestro si era rifugiato sul Soratte con
ogni probabilità, già al tempo delle persecuzioni di Diocleziano, per poi fare
ritorno in città in momenti di maggiore e relativa sicurezza. Il presbitero
godeva a Roma di grande considerazione e popolarità presso la comunità
cristiana ed è ovvio considerare quanto
i seguaci di questa comunità potessero sperare nell’avvento di un Augusto
filo-cristiano, o comunque non avverso alla nuova religione.
Costantino nel suo avvicinamento verso
Roma, percorrendo la via Flaminia prima di accamparsi come si ipotizza a
Malborghetto, dovette certamente lambire le pendici del monte Soratte, ed è
questo che ha portato ad ipotizzare, con argomenti convincenti, che egli,
avendo avuta notizia, durante il viaggio, della presenza di un uomo così
importante, in quei dintorni, avesse avuto buoni motivi per recarsi sulla
sommità della montagna ed incontrare il sant’uomo eremita, anche per ricevere
da lui ragguagli sulla situazione, in città, prima del suo forzato esilio ad
opera di Massenzio.
Come abbiamo visto l’ipotesi più
probabile è dunque che le due grandi personalità si sarebbero conosciute proprio
sulla cima del Monte Soratte. Tale incontro e tale tradizione risulta così
accreditata, che perfino Dante nella sua Divina
Commedia lo riferì ambientandolo proprio sulla cima di questa montagna, nel
canto XXVII dell’Inferno.
Come è noto, poi, la leggenda descritta
negli Actus Beati Silvestri e ne La leggenda aurea ha anche
ispirato insigni opere ancora oggi molto ammirate come gli affreschi nella
chiesa dei SS. Quattro Coronati di Roma o quelli nella chiesa di S. Silvestro
di Tivoli.
Non sappiamo con certezza come andarono effettivamente le cose. Non sappiamo se l’incontro ebbe mai luogo, e se, nel caso, sia stato ricercato dal futuro imperatore. L’ipotesi più probabile è che la parabola personale e politica di Silvestro decollò a seguito della vittoria militare di Costantino, e che Silvestro, nonostante i racconti leggendari, non ebbe un ruolo determinante e preventivo sulla conversione dell’imperatore. Sembrerebbe insomma, come è stato fatto notare, che “Il rovesciamento della verità storica che si ha in queste leggende corrisponde ad un evidente disegno politico. Il ruolo determinante nella conversione di Costantino è attribuito al vescovo di Roma e al battesimo da lui amministrato. Lo scopo evidente di questa leggenda, abbastanza ingenua, era di rafforzare la posizione di guida del papato in virtù delle sue origini apostoliche, come prova la menzione dell’intervento miracoloso di Pietro e Paolo.” .
Quel che resta agli atti, al netto del corredo leggendario delle storie su Silvestro, è che, come abbiamo detto, egli divenne - col nome di Silvestro I – primo papa eletto nell’impero romano cristianizzato, che rimase sul soglio pontificio per ventuno anni nei quali insieme alla madre di Costantino, Elena, pose mano alla radicale trasformazione urbanistica, della Roma pagana: con la delega e la consulenza dell’imperatore, infatti, edificò le nuove strutture di culto cristiane, le basiliche che con le loro dimensioni monumentali e architetture innovative avrebbero accolto nei secoli successivi le folle di fedeli che aumentavano in modo esponenziale grazie anche alla politica di incentivazione instaurata da Costantino.
Sotto il suo pontificato furono erette
quattro Basiliche patriarcali romane, la Basilica di San Pietro
sul colle Vaticano, la
Basilica di San Giovanni in Laterano, la Basilica di Santa Croce
in Gerusalemme e la Basilica
di San Paolo fuori le mura.
E anche se non partecipò direttamente ai
concili indetti durante il suo pontificato,
ad Arles (nel 314 d.C.), a Nicea ( nel 325 d.C.), e a Tiro (nel 335
d.C.), ebbe sicura e rilevante influenza sulla edificazione di ogni struttura
nella neo-nata chiesa cristiana che andava diffondendosi e ramificandosi in
tutto l’Impero, sotto la supervisione di Costantino.
Per ora fermiamoci qui. A conclusione,
possiamo dire che anche se non esistono prove certe, e anche se il parere
prevalente degli storici è oggi che un
incontro tra Costantino e Silvestro prima
della battaglia non ci sia stato, la circostanza di questo incontro non è
affatto da escludere a priori. E
l’ipotesi che la conversione al cristianesimo del futuro imperatore sia stata
dettata, o incanalata, dall’incontro con quel carismatico eremita, sulla cima
della montagna sacra, è una di quelle che dovremo sempre aver ben presente nel
prosieguo della nostra indagine sulla visione dell’ottobre dell’anno 312 dopo
Cristo.
Tratto da B. Carboniero, F. Falconi, In Hoc Vinces, Edizioni Mediteranee, Roma 2011
Tratto da B. Carboniero, F. Falconi, In Hoc Vinces, Edizioni Mediteranee, Roma 2011
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