La
Basilica di San Pancrazio
Le storie dei martiri del primo
cristianesimo romano sono sempre molto interessanti, anche perché sono quasi
sempre legate con i luoghi di Roma e raccontando la storia di queste figure si
finisce per raccontare anche la storia dei luoghi. E’ così anche per San
Pancrazio, cui è intitolata l’antica Basilica sul colle gianicolense.
Pancrazio, come racconta
l’agiografia, tratta dalle memorie dei martiri romani, nacque da ricchi
genitori di una famiglia romana nell’anno 289 d.C. a Sinnada, una cittadina
della Frigia, in Asia Minore.
Rimasto orfano all’età di otto anni (la madre era
morta al momento del parto) Pancrazio fu affidato allo zio Dionisio, al seguito del quale si trasferì a
Roma, dove andò ad abitare in una splendida villa sul Celio, una zona della
Città dove erano già attive numerose comunità di cristiani.
Anche Pancrazio e
Dionisio dunque furono battezzati e ricevettero l’Eucaristia.
I tempi però
erano molto pericolosi, visto che era scoppiata nel frattempo la feroce
persecuzione di Diocleziano. Nel 303 d.C. la repressione – che causò
complessivamente quindicimila vittime – si estese dalle province dell’impero fino
a Roma, abbattendosi su chi si rifiutava di sacrificare agli dèi.
Questa sorte toccò anche al giovane
Pancrazio – appena quattordicenne – il quale chiamato a riconoscere l’autorità
dell’imperatore e rifiutandosi fermamente, fu condotto dinnanzi a Diocleziano stesso
per essere giudicato.
Diocleziano. Il
sovrano, colpito dalla bellezza e dalla nobiltà del giovane, cercò perfino di
convincerlo, senza risultato. La costanza sua fede gli valsero dunque
l’ammirazione dei cortigiani presenti e lo sdegno dell’imperatore il quale
ordinò l’esecuzione pubblica per decapitazione.
Condotto fuori dalle mura,
lungo la via Aurelia, il 12 maggio del 304, Pancrazio fu giustiziato alla
presenza della matrona romana, una delle più famose del tempo, Ottavilla, la
quale, sconvolta dalla sorte del ragazzo, fece raccogliere il capo e il corpo e
li fece deporre in un sepolcro nuovo, lì dove sorgevano le catacombe della sua famiglia.
Sul luogo del martirio, che è lo
stesso dove oggi sorge la Basilica di San Pancrazio, si legge l’iscrizione Hic decollatus fuit Sanctus Pancratius (Qui fu decollato San Pancrazio), non
lontano dall’altare dove si conservano i resti del corpo del ragazzo.
Fin qui l’agiografia ufficiale. C’è
da aggiungere che la vicenda di Pancrazio si basa sostanzialmente sugli Acta - Passio sancti Pancratii - che furono scritti quasi due secoli dopo,
al tempo in cui Papa Simmaco ordinò l’edificazione della grande basilica e che
alcuni particolari della sua vicenda hanno generato confusione con quella di
Calepodio, sacerdote romano martirizzato nel 232 d.C.
Il Martyrologium Romanum ancora oggi riporta in data 12 maggio la seguente
commemorazione: A Roma, al secondo miglio
lungo la Via Aurelia, memoria di S. Pancrazio, che ancora adolescente fu ucciso
per la fede di Cristo; presso il luogo della sua sepoltura papa Simmaco innalzò
la celebre basilica, e papa Gregorio Magno non perse occasione per invitare il
popolo ad imitare un simile esempio di verace amore a Cristo. In questa data si
commemora la deposizione delle sue spoglie.
Gli scavi archeologici operati
nella zona hanno confermato che al di sotto dell’attuale Basilica esisteva un
complesso di antiche origini, un porticato di una casa di una certa importanza,
probabilmente la casa di Ottavilla, che doveva sorgere nei pressi del luogo
dove fu eseguita la condanna a morte.
La fama di Pancrazio, specie dopo
l’intitolazione della Basilica da parte di Simmaco, divenne enorme, si diffuse
in molte parti d’Europa e a Roma condizionò i toponimi della zona al punto che
anche l’antica Porta Aurelia, del circuito delle mura aureliane, cambiò il nome
in Porta San Pancrazio, che mantiene anche oggi.
La Basilica fu nei secoli più volte
rifatta, dapprima sotto il pontificato di Onorio I e poi nel 1609 dal cardinale
Ludovico da Montereale che disseminò gli stemmi della sua casata un po’
ovunque.
Un piccolo museo completa l’insieme della Basilica, con parte dei
reperti provenienti dalle catacombe alle quali si può accedere nei pressi: vi è
quella della matrona Ottavilla e quella di San Pancrazio (solo la seconda
aperta al pubblico) ancora perfettamente conservate dopo duemila anni.
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