Non si finisce mai di stupirsi della qualità di Tolstoj e della sua narrazione.
Anna Karenina è, come si sa, un romanzo unico, totalizzante. Un romanzo-universo, dentro cui l'esplorazione dell'animo umano raggiunge vertici di profondità assoluti.
George Steiner rievoca, in Tolstoj o Dostoevskij (il suo capitale saggio del 1959), la capacità di Tolstoj di definire con un solo tocco o pennellata, con un solo dettaglio il sentimento umano, anche quello più inconfessabile.
E' la scena in cui Anna, fa ritorno a casa a Pietroburgo dopo il primo incontro con Vronskij che l'ha seguita e in treno nel mezzo di una tempesta di neve le ha confessato la sua passione.
Ad Anna, scrive Tolstoj "Tutto l'orrore della tormenta parve adesso ancora più magnifico. Egli aveva detto la stessa cosa che l'anima di lei desiderava, e di cui però essa aveva paura con la ragione."
Il treno finalmente arriva a Pietroburgo.
Anna scorge subito il marito, Aleksej Aleksandrovic Karenin, venuta a prenderla al binario.
" 'Ah, Dio mio! Perché gli sono venute quelle orecchie?', pensò (Anna) guardando la sua figura fredda e rappresentativa, e specialmente le cartilagini delle orecchie, che ora l'avevano colpita e che sostenevano le falde del cappello. "
E' solo una frase. Tre righe. Eppure è l'inizio del mutamento di Anna, il segno che per lei da questo momento tutto è veramente cambiato. Il mondo, dopo la rivelazione di ciò che ha sentito, al momento della dichiarazione di Vronskij, non può essere più lo stesso.
Il genio di Tolstoj è casto, scrive Steiner. La sessualità è solo accennata, sottintesa. Tolstoj non ha bisogno d'altro. Un dettaglio, per lui è già tutto. Nella sua luminosa interpretazione della passione fisica, Tolstoj era almeno fino ai suoi ultimi anni, più vicino a Omero.
Fabrizio Falconi
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