5. IL NUMERO COME ARCHETIPO IN ARCHITETTURA. La fortezza di Castel del Monte, in Puglia.
Ma i numeri, sono da sempre considerati
archetipi – nella storia della civiltà
umana, per l’architettura.
Come sappiamo, a partire dall’antichità, templi
e regge furono infatti costruiti sul presupposto di regole matematiche semplici
o complesse, nella consapevolezza che l’adeguamento a criteri numerici avrebbe
conferito alla costruzione poteri magici o esoterici.
Nascondere un numero in una costruzione,
edificarla nel nome di quel numero è stata la sfida di geniali costruttori del
passato.
Si potrebbero citare innumerevoli esempi. Qui ne faremo soltanto due, tra i più
misteriosi.
Il primo, relativo al celebre Castel del Monte,
in Puglia, una costruzione talmente perfetta che – si dice – perfino Umberto
Eco l’abbia avuta in mente come ispirazione per concepire la sinistra Abbazia al centro dei delitti e delle indagini di Guglielmo
da Baskerville, ne Il Nome della Rosa.
La
fama di Castel del Monte, straordinaria apparizione
gotica dalle forme perfette e concluse, nel
bel mezzo dell’altopiano pugliese delle Murge, è oramai universale.
Non
smette di affascinare e di interrogare quella fortezza che sembra obbedire ad una velleità di perfezione assoluta,
con la sua singolarissima forma, ottagonale con otto torri (ciascuna di esse
ottagonale a sua volta) agli spigoli.
Il
castello è definito dall'Unesco un capolavoro unico dell'architettura
medievale, che riflette l'umanesimo del
suo fondatore: la sua forma fortemente geometrica e unica rispetto ad altri
edifici medioevali, l'articolazione su due livelli, la collocazione geografica,
ha prodotto almeno 500 ricerche in tutto
il mondo, nessuna delle quali però, a quanto pare, è riuscita a svelare e a convincere fino in
fondo i perché di quel castello così' diverso.
Per quali
scopi fu costruita ? A quali leggi, a quali simboli risponde la pianta della
costruzione ? Quale era la finalità che inseguiva il suo costruttore ?
Per capirlo si è a lungo indagato intorno a
colui che intorno all’anno 1240 si fece promotore di questa straordinaria
costruzione: l’imperatore Federico II di
Svevia, una delle figure centrali del Medioevo italiano.
Federico
II nacque a Jesi, nelle Marche nel 1194, discendente della nobile casata degli
Hohenstaufen, figlio di Enrico VI – a sua volta figlio di Federico Barbarossa –
e di Costanza d’Altavilla (figlia di Ruggero II il Normanno).
Un
predestinato, dunque, al quale spettava di diritto l’immenso Regno di Sicilia,
che si estendeva dalle Marche, appunto, fino al più remoto angolo della
Sicilia.
In soli 4 anni, Federico perse entrambe i
genitori. Alla morte della madre Costanza, nel 1198, fu affidato da lei alla
tutela di papa Innocenzo III.
Iniziarono da qui i difficilissimi rapporti tra
Federico e la Chiesa, che perdurarono
per tutta la sua (per i canoni di allora) lunga vita.
In un primo momento i favori papali,
nell’interesse di suddividere l’impero dal regno di Sicilia, si orientarono su
Ottone di Baviera, ma quando costui accampò diritti sul Regno di Sicilia, fu
colpito da immediata scomunica, cosicchè, alla morte di Innocenzo III, Federico
si ritrovò, a soli 20 anni, libero dalla
tutela papale, e titolare di un potere immenso: Re di Germania (essendo
decaduto Ottone), di Sicilia e di Puglia e perlopiù designato all’impero.
Federico che era stato educato dalle migliori guide esistenti all’epoca - l’erudito
frate francescano Guglielmo Francesco; Gentile dei Paleari, conte di Manoppello; e un imam musulmano del quale non si conosce
il nome – acquisì una vastissima cultura
di ispirazione greco-araba e ben presto fu in grado di parlare il latino, il
greco, il francese, l’arabo e il tedesco.
Questa voracità
intellettuale e culturale, si accoppiava alla passione per i piaceri materiali
e alla abilità politica.
Federico – da vero talent scout, come si direbbe oggi – era sempre pronto a percepire
ogni grande novità soffiasse dai più diversi campi della conoscenza. Quando
sentì che si presentava alla notorietà un grande matematico di trentadue anni,
autore di uno stupefacente Liber Abaci,
trattato di aritmetica e algebra, decise di convocarlo immediatamente. A Pisa, Fibonacci – lo scopritore di quella
straordinaria serie che è alla base
di molta scienza moderna - fu messo a
confronto con mastro Giovanni da Palermo, matematico di corte, il quale gli
sottopose alcuni problemi numerici considerati all’epoca tra i più difficili da
risolvere.
Fibonacci
Fibonacci risolse
genialmente tutti i quesiti. Non solo, usò questi problemi nel prologo di
un libro – il Liber quadratorum, il
libro dei quadrati – che volle dedicare al colto imperatore.
E pur mancando prove certe che Fibonacci sia
intervenuto anche soltanto dal punto di vista teorico, o come contributo
esterno, alla realizzazione della pianta di Castel del Monte, salta subito agli occhi come il numero 8,
che è centrale nella costruzione, e che ricorre in tutta la sua struttura, sia
per l’appunto uno dei numeri di Fibonacci.
8 come
dicevamo sono le torri esterne, ottagonale è la pianta e ottagonale è ciascuna
delle torri, otto metri misurano i lati dell’ottagono che corrisponde alla
corte interna e otto metri è il diametro di ogni torre. Anche il cortile,
ovviamente, ha pianta ottagonale, otto sono le stanze interne, e otto è il numero delle diverse decorazioni
superstiti che abbellivano la costruzione (i quadrifogli, le foglie di vite, di
girasole, di acanto sui capitelli delle colonne), ottagonale anche la vasca al
centro del cortile, oggi scomparsa, dove antiche leggende risalenti al mito dei
Templari, volevano fosse stato custodito addirittura il Santo Graal, il calice dell’ultima cena di Cristo.
E infine,
ultima delle meraviglie: soltanto due volte all’anno, e cioè l’8 del mese di
aprile e l’8 del mese di ottobre (che era considerato l’ottavo mese dell’anno)
la luce del sole entra da una delle finestre esterne e si riflette nel cortile
interno illuminando una precisa porzione di muro, dove esisteva un
bassorilievo, purtroppo scomparso.
Le stranezze di questa costruzione non
smettono mai di stupire. Ad esempio: perché le scale a chiocciola delle torri
sono disposte – caso unico – in senso antiorario, rendendo impensabile dunque
una loro funzione militare ? A cosa
servivano i cinque camini della costruzione, collegati simbolicamente forse
alle cinque cisterne o vasche destinate alla raccolta delle acque piovane ?
Quei camini, è stato fatto osservare, sono troppo piccoli (rispetto alla
estensione dei locali) per pensare ad una loro funzione termica, cioè di
riscaldamento dell’edificio. Erano allora strumenti utili per l’infusione, cioè
per la realizzazione di procedure alchemiche ?
Di alchimia, astronomia, geometria ed ogni
altra scienza capace di avvicinare
l’uomo a Dio o alle leggi della trascendenza, Federico aveva fatto il suo mantra.
Ogni cosa
che esiste a Castel del Monte porta la firma di questa ricerca
dell’assoluto. Se non era quella una
fortificazione militare, né tantomeno una residenza imperiale (nessuna
struttura architettonica fa pensare a questo) e neanche un maniero di caccia
(pur essendo Federico un appassionato e un cultore di falconeria), è molto
probabile allora che l’edificio fosse per davvero un tempio o una costruzione metafisica, dove la numerosophia – cioè la sapienza dei numeri – giocava un ruolo
fondamentale.
Certamente, ad alimentare queste elaborate
teorie contribuisce la perfezione enigmatica di Castel del Monte, fondata come
abbiamo visto interamente sul numero 8 e sulla figura geometrica dell’ottagono,
che rappresenta il punto di passaggio ideale tra il quadrato e il cerchio.
L’ottagono e il numero 8 sono poi chiari e consolidati simboli,
che nella storia dell’architettura hanno avuto grande rilievo. Sette,
dice la tradizione giudaico-cristiana, sono i giorni della Creazione secondo la
Genesi, sette dunque i giorni della settimana e l'ottavo è il giorno in più,
che non esiste, simbolo dell’infinito e dell’altra dimensione, quella dello
spirito.
In un trattato, il teologo e filosofo francese Ugo di San
Vittore, vissuto solo qualche anno prima di Federico II, esponendo i
dati numerici simbolici secondo le Scritture, spiegava il significato delle
ineguaglianze tra i numeri: “8 maggiore
del 7 è l'eternità dopo la vita terrena”
E non è dunque un caso che l' 8
dell'ottagono si ritrovi ad Aquisgrana, nella pianta della Basilica di San
Vitale, a Ravenna, nel Battistero di Parma e in quello di Firenze, come nel
Santo Sepolcro, la Gerusalemme Celeste.
E anche Castel del Monte, con
caratteristiche tutte proprie, fu pensato e realizzato, evidentemente sotto la
suggestione di questo numero, di un ottavo giorno, impensabile per i criteri
mortali umani: quello nel quale Cristo risorge dalla tomba e ascende ad una nuova condizione, superiore, perfetta e
divina.
Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata (5./ segue)
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