Dieci grandi anime. 1. Dag Hammarskjold (4)
Il coraggio non manca, dunque, a quest’uomo che sembra davvero aver posto un obiettivo ambizioso, davanti a sé: quello della santità, dell’avvicinarsi quantomeno alla santità, nella certezza di aver fatto tutto quel che si poteva, di aver dato tutto quel che si aveva.
Un coraggio che da solo, servirebbe
comunque a poco. E’ soltanto nell’accettazione, nel piegarsi ad una volontà
superiore, e semmai proprio nello sforzo continuo di identificare questa
volontà – cosa vuoi tu da me ? – che il cammino può proseguire, e giungere fino
al termine. In questo, il percorso di
Hammarskjold ricorda da vicino quello di un altro gigante del Novecento,
Dietrich Bonhoeffer. Scrive nel suo
quaderno Dag:
Dinnanzi a te, padre
In rettitudine e umiltà
Con te, fratello,
In fedeltà e coraggio !
In te, spirito
In quiete.
Tuo, perché la volontà è il mio destino,
votato perché il mio
destino è di essere usato e
consumato secondo la tua
volontà. (11)
Rettitudine, umiltà, fedeltà, coraggio,
quiete. Parole semplici che nella
teodicea di Hammarskjold rappresentano le strade convergenti per uniformarsi
alla volontà di Dio. La fede, in fondo, appare soltanto che questo: lo scomponimento delle proprie aspettative
egoistiche, lo scioglimento di se stessi, delle proprie velleità individuali,
in un disegno più grande, in un servizio più grande.
La fede è l’unione di Dio
con l’anima, scrive
Hammarskjold citando San Giovanni della Croce, La fede è: dunque, non può essere afferrata, né tantomeno identificata
con formule usate per parafrasare ciò che è. …. In una notte oscura. La notte della
fede tanto oscura che non si può cercare nemmeno la fede. E’ nella notte del Getsemani che l’unione si
compie, quando gli amici dormono, gli altri tramano la rovina e Dio tace.
Essere guidati da quel che vive quando
“noi” più non viviamo come parti in causa o “saccenti”. Saper ascoltare e
vedere ciò che dentro di noi è nel buio. E nel silenzio. (12)
Negli ultimi tre anni, dal 1958 alla
fine, il linguaggio nei Diari di Hammarskjold si fa sempre più rarefatto,
sempre più diluito, quasi in obbedienza a questa legge del silenzio che sembra
avvicinarlo sempre di più a Dio.
Aforismi e considerazioni, riflessioni e meditazioni sul proprio
mestiere, sugli incontri e le circostanze, lasciano il posto ormai a veri e
propri piccoli componimenti poetici, fatti di rapide terzine, di versi brevi
tagliati, densi di immagini delicate e forti, di impressioni e combattuti
sentimenti difficili da esprimere, di
considerazioni che appaiono davvero ultime,
in cui si avverte spesso il peso di un destino:
Il cammino degli altri
ha soste
al sole
dove si incontrano.
Ma questo è il tuo cammino,
ed è proprio ora,
ora, che non puoi tradire. (13)
Ma davvero questo cammino particolare è
anche un duro privilegio. Mi desti forse
questa solitudine senza scampo affinché più facilmente io potessi darti tutto ?
Scrive nel giorno del suo cinquantatreesimo compleanno.
Il Tu
a cui si rivolge in modo sempre più accurato negli ultimi tempi della sua vita
Hammarskjold, non è più così silenzioso. Una risposta arriva, è una risposta
confermativa, ma – è la scoperta più radicale – una risposta che dipende molto
(anzi, che dipende tutto) dalla
domanda. (-segue 4./).
Fabrizio Falconi © - proprietà riservata
12. Op. cit. pag. 114
13. Op. cit. pag.233
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