Lo sostengo da tempo, la creatività visiva e narrativa contemporanea - che sembra essersi impigrita al cinema - vive un momento di nuovo fulgore in diverse serie televisive in produzione in diverse parti del mondo.
Un esempio è The Killing, serie televisiva statunitense poliziesca prodotta dalla Fox Television Studios e dalla Fuse Entertainment per la rete televisiva via cavo AMC, che l'ha trasmessa a partire dal 3 aprile 2011 e la cui ultima puntata - della seconda serie - è andata in onda qualche giorno fa praticamente in contemporanea in USA e in Italia.
The Killing è il remake della serie televisiva danese Forbrydelsen, considerata un capolavoro e detentrice di ogni record di ascolto nella televisione di quel paese.
La serie americana, come quella danese, è incentrata sulle vicende che ruotano attorno l'omicidio di una giovane ragazza e la conseguente indagine della polizia.
Nella versione statunitense è nella nordica Seattle che una giovane ragazza, Rosie Larsen, viene trovata uccisa, chiusa nel bagagliaio di una macchina affondata in un laghetto.
La trama intreccia tre aspetti connessi all'omicidio: le indagini della detective Sarah Linden - detective del dipartimento di polizia di Seattle, silenziosa e acuta osservatrice, conduce una vita solitaria con il figlio Jack - affiancata dal collega Stephen Holder - ex detective della narcotici che ha ottenuto la promozione alla squadra omicidi; il dolore che colpisce la famiglia della vittima; e un gruppo di politici locali che rischia di vedersi compromessa la campagna elettorale. Con la prosecuzione della storia, diventa chiaro che non ci sono casualità e ognuno dei personaggi coinvolti si porta dietro un segreto che gli impedisce di poter voltare pagina.
Sono diversi e numerosi i motivi di interesse di questa serie: la precipitazione in un gorgo progressivo che sembra ingoiare ogni barlume di umanità (di senso umano) dei personaggi coinvolti; la pioggia battente che scende per 24 giorni consecutivi su Seattle (la capitale della cultura grunge) e l'acqua - elemento onnipresente in tutte le puntate - nella quale sembra immersa la realtà intera rappresentata (e anche il corpo della vittima); la solitudine dei due detective, la solidarietà progressiva che si stabilisce, il faticoso rapporto di fiducia, la protezione che offre Holder (anche se per alcune puntate si è indotti a credere che anche lui sia marcio, sia dall'altra parte) alla sperduta Linden; l'assenza di erotismo (seppure sempre sottinteso), la ricerca continua del senso ultimo e minimo delle cose, dalle quali ripartire (la certezza non esiste, va ricercata nell'humus più putrescente, va ritrovata - perché esiste - nel cancellato e nel negato); la volontà - più forte di tutto - di mantenere la barra dritta nel gorgo, nell'abisso frequentato da spettri e mistificatori; l'estrema linearità del racconto che mantiene unità narrativa e precisione di scopi (senza voli pindarici, senza sotterfugi o strizzate d'occhio allo spettatore): insomma un gran bel lavoro che parla a noi, e proprio a noi, oggi e ci spiega (anche) da dove si può e si deve ripartire.
Fabrizio Falconi
Sono diversi e numerosi i motivi di interesse di questa serie: la precipitazione in un gorgo progressivo che sembra ingoiare ogni barlume di umanità (di senso umano) dei personaggi coinvolti; la pioggia battente che scende per 24 giorni consecutivi su Seattle (la capitale della cultura grunge) e l'acqua - elemento onnipresente in tutte le puntate - nella quale sembra immersa la realtà intera rappresentata (e anche il corpo della vittima); la solitudine dei due detective, la solidarietà progressiva che si stabilisce, il faticoso rapporto di fiducia, la protezione che offre Holder (anche se per alcune puntate si è indotti a credere che anche lui sia marcio, sia dall'altra parte) alla sperduta Linden; l'assenza di erotismo (seppure sempre sottinteso), la ricerca continua del senso ultimo e minimo delle cose, dalle quali ripartire (la certezza non esiste, va ricercata nell'humus più putrescente, va ritrovata - perché esiste - nel cancellato e nel negato); la volontà - più forte di tutto - di mantenere la barra dritta nel gorgo, nell'abisso frequentato da spettri e mistificatori; l'estrema linearità del racconto che mantiene unità narrativa e precisione di scopi (senza voli pindarici, senza sotterfugi o strizzate d'occhio allo spettatore): insomma un gran bel lavoro che parla a noi, e proprio a noi, oggi e ci spiega (anche) da dove si può e si deve ripartire.
Fabrizio Falconi
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