07/03/16

300.000 visitatori per il Blog di Fabrizio Falconi ! Grazie.



Si cresce, si diventa: diceva un saggio. 

Vorrei ringraziarvi per aver tagliato, dopo così poco tempo il traguardo dei 300.000 visitatori per il nostro Blog. 

Questo spazio è diventato, oltre a una vetrina di aggiornamento di attività, anche collettore di quello che voi mi segnalate e che ritenete importante da dire, da leggere, da osservare. 

Continueremo a farlo insieme, se vorrete, giorno per giorno. 
Grazie.

Fabrizio

06/03/16

Il Libro della Domenica: "Fondamenta degli Incurabili" di Iosif Brodskij





Il pizzo verticale delle facciate veneziane è il più bel disegno che il tempo-alias-acqua abbia lasciato sulla terraferma, in qualsiasi parte del globo.

Parlare di Venezia significa parlare di tutto – e in particolare della letteratura, del tempo, della forma, dell’occhio che la guarda. 

Così è per Brodskij in senso pienamente letterale. Questa divagazione su una città si spinge nelle profondità della memoria del pianeta, sino alla nascita della vita dalle acque, da una parte, e, dall’altra, nei meandri della memoria dello scrittore, intrecciando alla riflessione le apparizioni nel ricordo di certi momenti, di certi fatti che per lui avvennero a Venezia. 

C’è qui, come sempre in Brodskij, l’immediatezza della percezione e il gioco fulmineo che la traspone su un piano metafisico. E, per il lettore, quella percezione, quel contrappunto di immagini e pensieri intriderà d’ora in poi il nome stesso di Venezia.


Iosif Brodskij 
Fondamenta degli incurabili 
Traduzione di Gilberto Forti 
Piccola Biblioteca Adelphi 1991, 20ª ediz., pp. 108 
 isbn: 9788845908088 
Temi: Letteratura nordamericana, Letteratura di viaggi 
€ 10,00 

Iosif Brodskij a Venezia


05/03/16

"Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim" - una preziosa mostra a Palazzo Strozzi dal 19 marzo.


Mark Rothko (Marcus Rothkowitz; Dvinsk 1903-New York 1970) Senza titolo (Rosso), 1968. Venezia, Fondazione Solomon R. Guggenheim, Collezione Hannelore B. e Rudolph B. Schulhof, lascito Hannelore B. Schulhof, 2012, 2012.92


Dal 19 marzo al 24 luglio 2016 Palazzo Strozzi ospiterà la grande mostra Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim, che porta a Firenze oltre 100 capolavori dell’arte europea e americana tra gli anni venti e gli anni sessanta del Novecento, in un percorso che ricostruisce rapporti e relazioni tra le due sponde dell’Oceano, nel segno delle figure dei collezionisti americani Peggy e Solomon Guggenheim.

Curata da Luca Massimo Barbero, la mostra nasce dalla collaborazione tra la Fondazione Palazzo Strozzi e la Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York e permette un eccezionale confronto tra opere fondamentali di maestri europei dell’arte moderna come Vasily Kandinsky, Marcel Duchamp, Max Ernst, Man Ray e dei cosiddetti informali europei come Alberto Burri, Emilio Vedova, Jean Dubuffet, Lucio Fontana, insieme a grandi dipinti e sculture di alcune delle maggiori personalità dell’arte americana degli anni cinquanta e sessanta come Jackson Pollock, Marc Rothko, Wilhelm de Kooning, Alexander Calder, Roy Lichtenstein, Cy Twombly.

Dedicare una mostra alle collezioni Guggenheim significa raccontare a ritmo serrato la nascita delle neoavanguardie del secondo dopoguerra in un fitto e costante dialogo tra artisti europei e americani. 

Realizzare questa straordinaria mostra a Firenze significa anche celebrare un legame speciale che riporta indietro nel tempo. È proprio a Palazzo Strozzi, infatti, negli spazi della Strozzina, che nel febbraio 1949 Peggy Guggenheim, da pochissimo giunta in Europa, decide di mostrare la collezione che poi troverà a Venezia la definitiva collocazione.

I grandi dipinti, le sculture, le incisioni e le fotografie esposte in mostra a Palazzo Strozzi, in prestito dalle collezioni Guggenheim di New York e Venezia e da altri prestigiosi musei internazionali, offrono uno spaccato di quella straordinaria ed entusiasmante stagione dell’arte del Novecento di cui Peggy e Solomon Guggenheim sono stati attori decisivi.

La mostra è promossa e organizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi e dalla The Solomon R. Guggenheim Foundation, New York e Venezia con il sostegno del Comune di Firenze, la Camera di Commercio di Firenze, l’Associazione Partners Palazzo Strozzi, la Regione Toscana.

Con il contributo dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.

Titolo DA KANDINSKY A POLLOCK. La grande arte dei Guggenheim Sede Palazzo Strozzi Periodo 19 marzo-24 luglio 2016 
Mostra curata da Luca Massimo Barbero curatore associato Collezione Peggy Guggenheim Venezia Con i Patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Consolato Generale degli Stati Uniti d'America a Firenze Consolato onorario di Francia a Firenze Promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e dalla The Solomon R. Guggenheim Foundation, New York e Venezia Con il sostegno di Comune di Firenze, Camera di Commercio di Firenze, Associazione Partners Palazzo Strozzi, Regione Toscana 

Catalogo Marsilio Editori, Venezia 
Prenotazioni Sigma CSC T. +39 055 2469600 F. +39 055 244145 e attività didattiche prenotazioni@palazzostrozzi.org 
Orari Tutti i giorni 10.00-20.00, Giovedì 10.00-23.00.
Dalle ore 9.00 solo su prenotazione. 
Accesso in mostra consentito fino a un’ora prima dell’orario di chiusura 
Informazioni in mostra T. +39 055 2645155 
www.palazzostrozzi.org Biglietti intero € 12,00; ridotto € 9,50; € 4,00 Scuole

04/03/16

Sabratha, la Guerra tra le gloriose rovine romane.



Fa impressione leggere le notizie di questi giorni dei combattimenti e degli attentati e rapimenti che si svolgono nei dintorni di Sabrahta, città della Libia dove esistono meravigliosi reperti archeologici. Sabratha del resto ha una storia incredibilmente affascinante, che affonda nell'alba della civiltà.



Sabratha fu fondata nel VII secolo a.C. dai Fenici di Tiro in uno dei pochi porti naturali della Tripolitania e divenne ben presto un avamposto commerciale allo sbocco di un'importante via carovaniera. 

Per questa sua posizione strategica, Sabratha conobbe un rapido sviluppo e cadde ben presto sotto il controllo di Cartagine

Passata per breve tempo al Regno di Numidia sotto Massinissa, Sabratha fu poi presa dai romani nel 46 a.C., sotto i quali godette di una nuova prosperità. 

All'epoca dei Severi la città venne completamente ricostruita ed abbellita soprattutto grazie al fatto che l'imperatore Settimio Severo era nativo della vicina Leptis Magna. 

Numerosi edifici pubblici vennero ricoperti di preziosi marmi, mentre a quell'epoca risale il monumentale teatro in riva al mare. (vedi foto)

Nel momento del suo apogeo, Sabratha contava circa 20.000 abitanti.

Il declino si profilò a partire dal IV secolo, con la graduale decadenza dell'Impero romano e le prime incursioni di popolazioni berbere, e venne accelerato da una serie di eventi naturali, primo tra tutti il terribile terremoto del 365. 

Nel 439 i Vandali di Genserico conquistarono la città, ma furono cacciati dai bizantini al comando dei Generalissimi Narsete e Belisario. 

I bizantini, governati dall'Imperatore Giustiniano, ne avviarono una parziale ricostruzione. Vennero costruite chiese, un nuovo porto e altre strutture fondamentali, tra le quali una nuova cinta muraria. 

Divenne presto una delle città più importanti dell'Esarcato d'Africa

Il dominio di Costantinopoli terminò nel 709, dopo ben quattro invasioni musulmane, con la conquista di Cartagine e la caduta dell'Esarcato. 

Con l'arrivo degli Arabi nel VII secolo Sabratha perse completamente la sua importanza, giacché unico centro della Tripolitania divenne la città di Oea (l'attuale Tripoli).

03/03/16

Finalmente al via i lavori per il Mausoleo di Augusto.





Sei milioni per il Mausoleo diAugusto, ovvero per il completamento dei lavori di impiantistica, l'allestimento espositivo, la copertura, e il "percorso anulare su passerella"

Il progetto preliminare e' stato approvato dal commissario Francesco Paolo Tronca per poterlo "includere successivamente nell'elenco annuale del programma triennale dei lavori pubblici 2016-2018". 

La delibera a cui Tronca ha dato l'ok con i poteri della giunta e' stata approvata il 25 febbraio e pubblicata oggi sul sito del Comune. Nello stesso giorno e' arrivato l'ok del Campidoglio anche al progetto preliminare del restauro del Teatro Valle da 3 milioni; 1,5 per il restauro strutturale e 1,5 per quello architettonico. (fonte ANSA)

Della zona del Campo Marzio a Roma, dove sorgevano nell'antichità i tre grandi monumenti Augustei: L'horologium (o meridiana solare), l'Ara Pacis e l'enorme Mausoleo a lui dedicato ho parlato qui, in Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma. 


I resti della grandiosa Meridiana di Augusto nelle cantine dei palazzi di San Lorenzo in Lucina.
Nel 1457 il cardinale allora titolare della Chiesa di San Lorenzo in Lucina, Filippo Calandrino, fu involontariamente protagonista di una delle scoperte più stupefacenti della storia archeologica di Roma. Durante i lavori di ristrutturazione delle fondamenta del palazzo Fiano-Almagià, (sulla piazza di San Lorenzo in Lucina, sulla sinistra della Chiesa) e di erezione della cappella dei Santi Filippo e Giacomo (l’attuale sacrestia della Chiesa), infatti, venne in luce, ad otto metri di profondità rispetto al piano stradale attuale, un intero settore dell’horologium fatto costruire dall’imperatore Augusto nel 10 a.C. : una delle più grandiose opere della Roma Antica, che originariamente misurava ben centosessanta metri per settantacinque.

Di questo meraviglioso e ancora in parte misterioso prodigio, si erano persi nei secoli, le tracce. Quella zona, infatti, sulla quale si erano sedimentate le sabbie melmose portate da numerose inondazioni del Tevere, si era poi densamente popolato in epoca medievale. La scoperta, compiuta dai picconatori del Cardinale Calandrino suscitarono l’enorme entusiasmo degli antiquari, tra cui Pomponio Leto, il quale ne lasciò memoria nei suoi appunti.

02/03/16

Il Giardino di Matisse, dal 5 marzo al 23 aprile al Palaexpo (Gratuita).



Mentre le sue forbici correvano sul foglio, fantasticò su come deve sentirsi un uccello quando vola. E mentre ritagliava, Matisse si senti' come se anche lui stesse volando.. 

Parte da un libro una piccola, preziosa mostra-laboratorio pensata per i bambini che il Palazzo delle Esposizioni a Roma apre dal 5 al 22 maggio nello spazio Fontana

Intitolata Il Giardino di Matisse, la rassegna, gratuita e aperta a tutti, si incentra sulle tavole originali dell'omonimo volume (pubblicato da MoMa con Fatatrac) con il poetico testo di Samantha Friedman e le illustrazioni di Cristina Amodeo. 

E come il libro, racconta la passione di Matisse per i collage, l'arte che il grande pittore francese dei fauves sperimento' soprattutto negli ultimi anni della sua vita, quando la malattia lo aveva costretto su una sedia a rotelle. 

Matisse fotografato da Cartier-Bresson


 Il libro, nato in occasione della mostra Henri Matisse: the Cut Outs, inaugura un nuovo progetto del MoMA che prevede la pubblicazione di un albo per ogni grande esposizione legata alla sua collezione e la diffusione dei nuovi titoli in altri paesi, cercando di volta in volta la collaborazione di una casa editrice, in Italia Fatatrac - edizioni del borgo, che possa collaborare all'intero progetto.

 Insieme alla mostra - che accoglie anche una serie di riproduzioni delle opere del grande pittore francese - anche un ricco calendario di eventi a cura dei Servizi Educativi-Laboratorio d'Arte del Palazzo delle esposizioni. 

Tra questi, laboratori gratuiti per i piu' piccoli, prenotabili sia per il pomeriggio del 5 marzo, sia per il 23 aprile in occasione della Giornata mondiale del libro e del diritto d'autore.

01/03/16

Finalmente si parla di Felicità - Jane Goodall in Italia. (Pescara- OPB Forum)




Segnalo questa iniziativa, il prossimo 8 marzo a Pescara. Finalmente si parla di... felicità. 


La rivoluzione della felicità Progettare futuro: il nuovo patto etico tra cittadino e istituzione

8 Marzo 2016 ore 15.00, Pescara Aurum Fabbrica delle idee

La felicità come valore collettivo, sostenuto dal paradigma dominante della condivisione, ispira sempre più possibili visioni di futuro, nuovi modelli economici e innovative politiche sociali. 

Alla base, l’idea di un nuovo patto etico tra cittadino e istituzioni, volto a garantire il benessere morale della collettività attraverso i valori della costruzione, dell'accoglienza, dell'integrazione e dell’evoluzione virtuosa delle modalità di convivenza umana.

 OPB Forum promuove l’incontro di uomini e donne impegnati a diffondere nel mondo i principi etici e la valorizzazione del merito come fattori primari di sviluppo della società con l’obiettivo di interpretare gli scenari del cambiamento e rintracciare le radici ed i tessuti connettivi per un nuovo sviluppo consapevole e umano.


Si inizia martedì 8 marzo alle 15 con una
LECTIO di Kristina Persson
Il primo Ministro del Futuro al mondo
Membro del Governo svedese, dove detiene le cariche di Ministro per le Strategie future e di Ministro per la Cooperazione nordica, in prima fila nella creazione della macroregione baltica. Ha fondato il think tank indipendente Global Challenge

Interventi
Un'ape si posa su un bottone di rosa: succhia e se ne va... Tutto sommato la felicità è una piccola cosa. TRILUSSA 
Jane Goodall La più celebre etologa vivente

Il dovere di un governo non è garantire la felicità ma ridurre al minimo l’infelicità. U. ECO
Spyros Galinos Sindaco dell’isola greca di Lesbo 

La creatività vuole coraggio. H. MATISSE
Alessandra Mammì L’Espresso - Giornalista e storica d’arte 

Desideriamo il desiderio più che la realizzazione di esso. Z. BAUMAN 
Antonio Boschini Primario di San Patrignano 

OPBF ETHIC AWARD Massimo Pomilio AD Pomilio Blumm POMILIO BLUMM PRIZE Consegna del Premio

DIALOGA E MODERA Luca De Biase Editor di “Nòva 24” Il Sole 24 Ore
QUI TUTTE LE INFO

29/02/16

Oscar a Morricone - Un ricordo di Giuliano Montaldo e quell'incontro con Joan Baez.



Per celebrare l'Oscar ad Ennio Morricone, ecco questo ricordo di Giuliano Montaldo raccolto dall'agenzia Lapresse:


"Io detengo ancora il record delle collaborazioni con Ennio Morricone, anche se sento la scalata sempre più vicina del grande Tornatore. Sono 16 le colonne sonore, fra film, documentari e il 'Marco Polo' che abbiamo fatto assieme, Ennio ed io. E ogni volta è stata una emozione. Mi piaceva la musica, ma non ne avevo capito tanti meccanismi che mi ha spiegato Morricone. Trovare cioè nei film lo spazio musicale, che è fondamentale e va pensato già durante la sceneggiatura". 

Fra i tifosi del maestro Ennio Morricone, c'è anche il regista Giuliano Montaldo, classe 1930, intervistato da La Presse, nella sua casa di Roma, 

"Morricone - dice Montaldo - mi ha insegnato che la musica, per raccontare delle emozioni durante un film, deve avere sempre uno spazio dedicato interamente a lei, non può esserci solo nei titoli di testa e di coda e non può solo sovrapporsi a ciò che accade, un bombardamento, un passaggio di carri armati, o un brusio di folla". 

"Nel dramma o nell'ironia ci deve essere uno spazio dedicato di accompagnamento musicale. Questo per me è stato fondamentale. Io gli ho fatto sempre leggere la sceneggiatura prima di iniziare le riprese - continua Montaldo - : non è che lui dia dei consigli, perché è incredibilmente schivo. Non è mai un presenzialista, un esibizionista". 

Morricone quindi grande maestro della composizione che non interferisce con l'arte del regista? 
"Se interferisce, lo fa con la musica. Lì, eccome, se interferisce. Per il mio 'Sacco e Vanzetti' io proposi una ballata e lui mi prese un po' in giro: 'che fai la canti te?', mi disse". Il film 'Sacco e Vanzetti' del 1971, diretto da Montaldo, si avvale di una tra le più celebri colonne sonore del famoso autore delle musiche dei western di Sergio Leone. La canzone di chiusura 'Here's to you', cantata da Joan Baez, divenne un inno generazionale. 

"A un certo punto, per un colpo di fortuna - prosegue nel suo ricordo Montaldo - cercando il materiale di repertorio del periodo dei fatti di 'Sacco e Vanzetti', ebbi la fortuna di incontrare la signora Baez. Allora le lasciai il copione e il giorno dopo lei mi chiamò per dirmi 'mi piace, ci sto'. Quando con Ennio si sono incontrati con Joan, parlavano fra loro con la musica, un dialogo meraviglioso, l'interprete c'era, ma non serviva. Joan Baez mi disse che era stupefatta di come lui avesse intuito perfettamente quale fossero le sue note più basse e quelle più alte".

26/02/16

Ricerca: Michelangelo aveva un'osteoartrite.


Michelangelo aveva un'osteoartrite delle mani, una patologia degenerativa che colpisce le articolazioni, usurando cartilagine ed osso e provocando dolore e rigidità. 

Alla base di questa patologia, potrebbe esserci l'uso prolungato di martello e scalpello, dovuti alla sua intensa attività di scultore. 

E' questa la diagnosi contenuta in un recente studio, pubblicato sul Journal of the Royal Society of Medicine, che ha analizzato tre ritratti dell'artista e la sua vasta corrispondenza con parenti ed amici. 

Tutti e tre i dipinti ritraggono un Michelangelo di età compresa tra 60 e 65 anni e mostrano le piccole articolazioni della mano sinistra affette da alterazioni degenerative non-infiammatorie, che possono essere interpretate come artrosi. 

Sabato 27 Febbraio alle ore 11,00 presso il Complesso Monumentale di Santo Stefano al Ponte (Firenze), dove è in corso la mostra "BODY WORLDS", il gruppo di ricerca autore dello studio, composto da Davide Lazzeri e Manuel Francisco Castello (specialisti in chirurgia plastica ed estetica ed esperti del settore), Donatella Lippi (Professore di Storia della Medicina,Università degli Studi di Firenze), Marco Matucci-Cerinic, (Direttore Unità Operativa di Reumatologia Ospedale Careggi, Università degli Studi di Firenze) e George M. Weisz, (emerito di ortopedia ed esperto del settore) parlerà dell'indagine e delle conseguenze che questa malattia ha potuto avere sull'opera di Michelangelo, insieme a Cristina Acidini (Presidente dell'Accademia delle Arti del Disegno di Firenze) e Fabio Di Gioia (curatore italiano di BODY WORLDS).


24/02/16

L'ultima lettera di Umberto Eco al nipote - Una lettera da far leggere ai figli.



Tratta da L'Espresso la bellissima ultima lettera scritta da Umberto Eco al nipote.  Da conservare e far leggere ai propri figli. 

Caro nipotino mio,

non vorrei che questa lettera natalizia suonasse troppo deamicisiana, ed esibisse consigli circa l’amore per i nostri simili, per la patria, per il mondo, e cose del genere. Non vi daresti ascolto e, al momento di metterla in pratica (tu adulto e io trapassato) il sistema di valori sarà così cambiato che probabilmente le mie raccomandazioni risulterebbero datate.

Quindi vorrei soffermarmi su una sola raccomandazione, che sarai in grado di mettere in pratica anche ora, mentre navighi sul tuo iPad, né commetterò l’errore di sconsigliartelo, non tanto perché sembrerei un nonno barbogio ma perché lo faccio anch’io. Al massimo posso raccomandarti, se per caso capiti sulle centinaia di siti porno che mostrano il rapporto tra due esseri umani, o tra un essere umano e un animale, in mille modi, cerca di non credere che il sesso sia quello, tra l’altro abbastanza monotono, perché si tratta di una messa in scena per costringerti a non uscire di casa e guardare le vere ragazze. Parto dal principio che tu sia eterosessuale, altrimenti adatta le mie raccomandazioni al tuo caso: ma guarda le ragazze, a scuola o dove vai a giocare, perché sono meglio quelle vere che quelle televisive e un giorno ti daranno soddisfazioni maggiori di quelle on line. Credi a chi ha più esperienza di te (e se avessi guardato solo il sesso al computer tuo padre non sarebbe mai nato, e tu chissà dove saresti, anzi non saresti per nulla).

Ma non è di questo che volevo parlarti, bensì di una malattia che ha colpito la tua generazione e persino quella dei ragazzi più grandi di te, che magari vanno già all’università: la perdita della memoria. È vero che se ti viene il desiderio di sapere chi fosse Carlo Magno o dove stia Kuala Lumpur non hai che da premere qualche tasto e Internet te lo dice subito. Fallo quando serve, ma dopo che lo hai fatto cerca di ricordare quanto ti è stato detto per non essere obbligato a cercarlo una seconda volta se per caso te ne venisse il bisogno impellente, magari per una ricerca a scuola. Il rischio è che, siccome pensi che il tuo computer te lo possa dire a ogni istante, tu perda il gusto di mettertelo in testa. Sarebbe un poco come se, avendo imparato che per andare da via Tale a via Talaltra, ci sono l’autobus o il metro che ti permettono di spostarti senza fatica (il che è comodissimo e fallo pure ogni volta che hai fretta) tu pensi che così non hai più bisogno di camminare. Ma se non cammini abbastanza diventi poi “diversamente abile”, come si dice oggi per indicare chi è costretto a muoversi in carrozzella. Va bene, lo so che fai dello sport e quindi sai muovere il tuo corpo, ma torniamo al tuo cervello.

La memoria è un muscolo come quelli delle gambe, se non lo eserciti si avvizzisce e tu diventi (dal punto di vista mentale) diversamente abile e cioè (parliamoci chiaro) un idiota. E inoltre, siccome per tutti c’è il rischio che quando si diventa vecchi ci venga l’Alzheimer, uno dei modi di evitare questo spiacevole incidente è di esercitare sempre la memoria.

Quindi ecco la mia dieta. Ogni mattina impara qualche verso, una breve poesia, o come hanno fatto fare a noi, “La Cavallina Storna” o “Il sabato del villaggio”. E magari fai a gara con gli amici per sapere chi ricorda meglio. Se non piace la poesia fallo con le formazioni dei calciatori, ma attento che non devi solo sapere chi sono i giocatori della Roma di oggi, ma anche quelli di altre squadre, e magari di squadre del passato (figurati che io ricordo la formazione del Torino quando il loro aereo si era schiantato a Superga con tutti i giocatori a bordo: Bacigalupo, Ballarin, Maroso eccetera). Fai gare di memoria, magari sui libri che hai letto (chi era a bordo della Hispaniola alla ricerca dell’isola del tesoro? Lord Trelawney, il capitano Smollet, il dottor Livesey, Long John Silver, Jim…) Vedi se i tuoi amici ricorderanno chi erano i domestici dei tre moschettieri e di D’Artagnan (Grimaud, Bazin, Mousqueton e Planchet)… E se non vorrai leggere “I tre moschettieri” (e non sai che cosa avrai perso) fallo, che so, con una delle storie che hai letto.

Sembra un gioco (ed è un gioco) ma vedrai come la tua testa si popolerà di personaggi, storie, ricordi di ogni tipo. Ti sarai chiesto perché i computer si chiamavano un tempo cervelli elettronici: è perché sono stati concepiti sul modello del tuo (del nostro) cervello, ma il nostro cervello ha più connessioni di un computer, è una specie di computer che ti porti dietro e che cresce e s’irrobustisce con l’esercizio, mentre il computer che hai sul tavolo più lo usi e più perde velocità e dopo qualche anno lo devi cambiare. Invece il tuo cervello può oggi durare sino a novant’anni e a novant’anni (se lo avrai tenuto in esercizio) ricorderà più cose di quelle che ricordi adesso. E gratis.

C’è poi la memoria storica, quella che non riguarda i fatti della tua vita o le cose che hai letto, ma quello che è accaduto prima che tu nascessi.

Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove.

Ora la scuola (oltre alle tue letture personali) dovrebbe insegnarti a memorizzare quello che è accaduto prima della tua nascita, ma si vede che non lo fa bene, perché varie inchieste ci dicono che i ragazzi di oggi, anche quelli grandi che vanno già all’università, se sono nati per caso nel 1990 non sanno (e forse non vogliono sapere) che cosa era accaduto nel 1980 (e non parliamo di quello che è accaduto cinquant’anni fa). Ci dicono le statistiche che se chiedi ad alcuni chi era Aldo Moro rispondono che era il capo delle Brigate Rosse - e invece è stato ucciso dalle Brigate Rosse.

Non parliamo delle Brigate Rosse, rimangono qualcosa di misterioso per molti, eppure erano il presente poco più di trent’anni fa. Io sono nato nel 1932, dieci anni dopo l’ascesa al potere del fascismo ma sapevo persino chi era il primo ministro ai tempi dalla Marcia su Roma (che cos’è?). Forse la scuola fascista me lo aveva insegnato per spiegarmi come era stupido e cattivo quel ministro (“l’imbelle Facta”) che i fascisti avevano sostituito. Va bene, ma almeno lo sapevo. E poi, scuola a parte, un ragazzo d’oggi non sa chi erano le attrici del cinema di venti anni fa mentre io sapevo chi era Francesca Bertini, che recitava nei film muti venti anni prima della mia nascita. Forse perché sfogliavo vecchie riviste ammassate nello sgabuzzino di casa nostra, ma appunto ti invito a sfogliare anche vecchie riviste perché è un modo di imparare che cosa accadeva prima che tu nascessi.

Ma perché è così importante sapere che cosa è accaduto prima? Perché molte volte quello che è accaduto prima ti spiega perché certe cose accadono oggi e in ogni caso, come per le formazioni dei calciatori, è un modo di arricchire la nostra memoria.

Bada bene che questo non lo puoi fare solo su libri e riviste, lo si fa benissimo anche su Internet. Che è da usare non solo per chattare con i tuoi amici ma anche per chattare (per così dire) con la storia del mondo. Chi erano gli ittiti? E i camisardi? E come si chiamavano le tre caravelle di Colombo? Quando sono scomparsi i dinosauri? L’arca di Noè poteva avere un timone? Come si chiamava l’antenato del bue? Esistevano più tigri cent’anni fa di oggi? Cos’era l’impero del Mali? E chi invece parlava dell’Impero del Male? Chi è stato il secondo papa della storia? Quando è apparso Topolino?

Potrei continuare all’infinito, e sarebbero tutte belle avventure di ricerca. E tutto da ricordare. Verrà il giorno in cui sarai anziano e ti sentirai come se avessi vissuto mille vite, perché sarà come se tu fossi stato presente alla battaglia di Waterloo, avessi assistito all’assassinio di Giulio Cesare e fossi a poca distanza dal luogo in cui Bertoldo il Nero, mescolando sostanze in un mortaio per trovare il modo di fabbricare l’oro, ha scoperto per sbaglio la polvere da sparo, ed è saltato in aria (e ben gli stava). Altri tuoi amici, che non avranno coltivato la loro memoria, avranno vissuto invece una sola vita, la loro, che dovrebbe essere stata assai malinconica e povera di grandi emozioni.

Coltiva la memoria, dunque, e da domani impara a memoria “La Vispa Teresa”.

23/02/16

Una nuova presentazione di "Roma segreta e misteriosa". Sabato 27 febbraio 2016.




Per chi vuol sentire parlare un po' di Roma, delle sue storie e delle sue bellezze, c'è un nuovo appuntamento con la presentazione di Roma segreta e misteriosa.

Ecco qui i dettagli:

Sabato 27 febbraio, ore 18.30 
alla Libreria Arcadia 
Via Senofane, 143 00125 Roma 

La libreria è a Casalpalocco, all'altezza del Drive In.
Tel. 06.5053354 www.libreriarcadia.com

Vi aspetto, se vorrete.

Fabrizio

22/02/16

Visite guidate eccezionali al Museo del Tesoro della Basilica di Santa Maria Maggiore.




E' una occasione da non perdere. Visite speciali al Museo del Tesoro a Santa Maria Maggiore. 

Il Museo Liberiano, presso la Basilica di Santa Maria Maggiore è stato inaugurato da Giovanni Paolo II l'8 Dicembre 2001 nella solennità dell'Immacolata Concezione. 

Disposti in otto sale, sono esposti gli oggetti più preziosi appartenenti alla bimillenaria Basilica secondo i seguenti temi: storia della Basilica, Cristo nel mistero della Natività e della Passione, Maria venerata nella Basilica sotto il titolo di Salus Populi Romani e vari Santi legati in modo particolare alla Basilica (S. Carlo Borromeo - che fu arciprete della Basilica dal 1564-1572 -, San Pio V e Beato Pio IX). 

Sono esposti libri ed oggetti liturgici, reliquiari, ostensori e calici. Tra le diverse opere di grandi maestri si possono ammirare i quadri: Salita al Calvario di Giovanni Bazzi detto il Sodoma, la Madonna con Bambino, S. Antonio da Padova e S. Caterina da Siena di Domenico di Iacopo di Pace, detto il Beccafumi, tre tavolette con la storia dell'Icona Salus Populi Romani, della fabbrica di Baldassare Croce. 

Sono esposti, inoltre, ricordi e testimonianze del Santo Giovanni Paolo II - autografi e testi di Pierluigi da Palestrina - progetti e opere di Gian Lorenzo Bernini. 

 All'interno del Museo è esposta la Natività di Arnolfo di Cambio (Architetto e scultore italiano, 1240 - 1300/1310). 

Museo del Tesoro della Basilica Liberiana Basilica Papale di Santa Maria Maggiore 
Via Liberiana, 27 00185 Roma Tel: +39 06 6988 6802. 
Email: museo.smm@basilica.va 

La Direzione del Museo del Tesoro della Basilica Liberiana organizza visite guidate alla Basilica Papale di Santa Maria Maggiore. 

Le visite si svolgono ogni Mercoledì del mese ad iniziare dal 24 Febbraio p.v.. 
Gli orari sono: - ore 15:00 (appuntamento ore 14:45 al desk nell’atrio della Basilica); - ore 16:00 (appuntamento ore 15:45 al desk nell’atrio della Basilica); - ore 17:00 (appuntamento ore 16:45 al desk nell’atrio della Basilica) 

Tali orari, ovviamente, potrebbero risentire di modifiche per eventuali Celebrazioni. Durata 45 minuti circa. 
Il tour sarà condotto da guide facenti parte dell’organizzazione titolare del ciclo di eventi Il prezzo corrisponde ad Euro 5,00= per persona ed include radio guide e guida al seguito.

Per le prenotazioni e/o ulteriori informazioni, rivolgersi al museo, consultare il sito del museo www.museoliberiano.net ovvero inviare una e-mail al seguente indirizzo museo.smm@basilica.va Direttore

21/02/16

E' morto Umberto Eco - La fortezza di Castel del Monte in Puglia set de "il Nome della Rosa"



E' il 1981 quando il quarantenne Jean-Jacques Annaud si vede affidare una scommessa produttiva che solo la sua felice incoscienza gli permette di accettare: trasferire in immagini il best seller "Il nome della rosa" che, da mesi, appassiona i lettori di tutto il mondo. 

Annaud e' reduce da un'impresa altrettanto spettacolare che lo ha impegnato per quasi quattro anni e lo ha reso famoso: il racconto preistorico "La guerra del fuoco"

Proprio quest'impresa ha convinto un gruppo di produttori capeggiato da Franco Cristaldi che ha coinvolto il tycoon tedesco Bernd Eichinger e il francese Alexandre Mnouchkine, oltre alla Rai. Ma raccogliere i capitali (quasi 19 mln di dollari), ottenere una sceneggiatura che venga a capo del rompicapo "sherlockiano" del giallo di Umberto Eco, trovare luoghi e volti adatti a un thriller medievale tanto celebre quanto complicato, richiederà cinque anni di lavoro. 

 Il film esce nel settembre '86 in America. In Italia approda il 17 ottobre, subito campione d'incasso. Raccoglie i premi piu' prestigiosi, dai David ai Nastri, rilancia perfino le vendite del romanzo. 

Lo sceneggiatore Gèrard Brach lavora a piu' stesure in compagnia di Andrew Birkin, Howard Franklin, Alain Godard e lo stesso Annaud; lo scenografo Dante Ferretti e' chiamato a ricostruire vicino a Roma la chiesa dell'abbazia e gli interni di Cinecitta'; Gabriella Pescucci firma i costumi, Tonino Delli Colli la fotografia. 


Alla fine si decide per una stesura che rispetta la struttura del romanzo, semplifica i passaggi narrativi, sfoltisce i personaggi. Con Eco concorda una totale libertà di riscrittura, fissata nei titoli di testa dalla dizione "tratto dal palinsesto di 'Il nome della rosa'".

 Il risultato piacera' ad ogni tipo di pubblico: ottime recensioni, 70 mln di dollari di incasso mondiale, e poi anche record d'ascolto su Raiuno (quasi 15 mln di spettatori nell'88, superato negli anni solo da "La vita e' bella" di Benigni). 

Ambientato con scrupolo filologico nel 1327, in un'abbazia benedettina del nord Italia, in realta' ritrovata nella tedesca Eberbach e a Castel Del Monte in Puglia (di cui ho parlato a lungo nel mio libro Monumenti esoterici d'Italia ndr), costruito intorno al carisma del protagonista Sean Connery e a una catena di misteriosi delitti che profumano di maledizioni ancestrali, il film mette in piena luce quell'enigma deduttivo che per lo scrittore era solo un pretesto. 


Ma mantiene ben evidente il clima della prima inquisizione, quando il papato sedeva ad Avignone e l'imperatore Ludovico sosteneva gli ordini religiosi pauperistici che mettevano in crisi il potere temporale della Chiesa. 

Oggi si può ben dire che il successo del libro e del film stanno all'origine della rinnovata passione per il mondo medievale che ha contagiato legioni di appassionati per i decenni successivi e lo stesso Eco, piu' di una volta, ha maledetto il suo best seller ritenendolo "colpevole" di mode che portano fino a Dan Brown e al "Codice Da Vinci". 

20/02/16

Gratis in Streaming Lunedì prossimo, 22 febbraio alle 21 un grande documentario su Robert Altman.




E' una nuova formula che mi piace tantissimo. 

Quella di vedersi gratis un film o un'opera o un documentario live, direttamente dal pc di casa propria, o se si vuole da un qualsiasi dispositivo, semplicemente collegandosi in streaming, e prenotandosi il proprio posto in prima fila. 

In questo caso, poi la proposta è di quelle imperdibili. 

Il docufilm si intitola Robert Altman, ed è dedicato ad uno dei più grandi registi di sempre, autore di film preziosi e indimenticabili, da M.A.S.H. a America oggi, a Nashville, a tantissimi altri. 


Robert Altman è un film di Ron Mann, ha una produzione canadese e risale al 2013. 

Questa la breve scheda di Mymovies: 

L'arte del racconto è obliqua per natura, ovvero mentre si racconta qualcosa si racconta sempre insieme un'altra storia, quella delle reazioni di chi è stato testimone, protagonista, spettatore di quella storia. 

La storia per Ron Mann è quella di Robert Altman, svolta in novantacinque minuti dalla sua famiglia, quella biologica e quella artistica

Irreperibile agli occhi dello spettatore, Robert Altman era un regista senza apparenze, un narratore impassibile, onnipotente, polimorfo, che film dopo film dimostrò la libertà che hanno le cose di accadere. 

Difficile perciò afferrarlo, attribuirgli un corpo, difficile incarnare la profondità del suo sguardo cinematografico, esatto, millimetrico, altrove. Ci provano con partecipazione rifinite voci attoriali, chiamate a definire l'aggettivo altmanesque e le qualità che esprime. Altman. Anticonformista. Autore. Ribelle. Innovatore. Narratore. Sperimentatore. Giocatore d'azzardo. Folle. Padre di famiglia. Regista. Artista.

Lunedì 22 febbraio alle 21.00 in streaming  Repubblica.it e MYmovies.it presentano su MYMOVIESLIVE - Nuovo Cinema Repubblica Altman, documentario-maratona sulla vita e la carriera del padre del cinema indipendente americano. Gratis in streaming lunedì 22 febbraio alle 21:00. Altman è il prodotto di una ricerca meticolosa, un documentario a più voci che dietro la narrativa caleidoscopica e l'apparente disinvoltura rivela una struttura solida. Una costruzione altmaniana che (ben) definisce Altman e altmaniano. Documentario, durata 95 min. - Canada, 2013. Lingua audio: originale - Sottotitoli: italiano.



18/02/16

Robert Pogue Harrison e Werner Herzog a Stanford discutono su Falchi e Letteratura. (VIDEO)




Pubblico qui il video integrale della conferenza tenutasi Martedì 2 febbraio nell'aula magna della Biblioteca della Stanford University per "Another Look",  una discussione sul poco conosciuto capolavoro del 1967 di J.A. Baker (1926-1987), Peregrine, che descrive la sparizione dello splendido falcone dalle paludi inglesi. 

Il libro è stato l'occasione di una densissima conversazione tra Robert Pogue Harrison, acclamato autore e professore di Letteratura Italiana a Stanford che scrive regolarmente per il New York Review of Books e conduce il popolare radio talk Entitled Opinions,  e il grande regista e sceneggiatore Werner Herzog, autore di film famosissimi, e scrittore anch'egli. The Peregrine è uno dei suoi libri preferiti di sempre. 

Buon ascolto e buona visione. 


17/02/16

Einstein aveva ragione. Domani, Giovedì 18 una bellissima conferenza all'Auditorium Parco della Musica.



In occasione dell’annuncio dei risultati di ricerca che hanno scoperto l’esistenza delle onde gravitazionali da parte delle collaborazioni internazionali LIGO/Virgo alla quale l’Italia partecipa con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), l’INFN e la Fondazione Musica per Roma organizzano la conferenza pubblica “Einstein aveva ragione” . Di che cosa parliamo quando parliamo di onde gravitazionali: il racconto di una scoperta. 

La serata, moderata dal giornalista scientifico Marco Cattaneo, ruoterà intorno al dialogo con i protagonisti della ricerca e la proiezione di animazioni e filmati

Le inedite e scenografiche animazioni sulle onde gravitazionali e i filmati sui grandi interferometri Virgo, in Italia, e LIGO, negli Stati Uniti, consentiranno al pubblico di visualizzare lo straordinario potenziale della neo-nata astronomia gravitazionale e l’altissimo livello tecnologico dei nuovi strumenti per l’esplorazione del cosmo profondo. 

Durante il dialogo con gli scienziati sarà dato spazio alle straordinarie prospettive di scoperta che saranno possibili nel prossimo futuro

I recenti risultati aprono infatti una nuova finestra sull’universo, consentendoci di indagare a fondo sulla sua struttura, sulla sua origine e la sua evoluzione

Le onde gravitazionali 
Previste 100 anni fa da Einstein nell’ambito della teoria della Relatività Generale, le onde gravitazionali sono debolissime fluttuazioni del campo gravitazionale dovute a eventi cataclismatici come la fusione di buchi neri, l’esplosione di stelle al termine della loro vita o la rotazione vorticosa di sistemi binari

Gli strumenti 
Gli interferometri utilizzati per la loro rivelazione, Virgo e LIGO, sono giganteschi strumenti a forma di L le cui braccia hanno lunghezze di 3-4 km e sono percorse da fasci laser ultra-sensibili. Sviluppati dalle collaborazioni europea Virgo (coordinata dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dal francese CNRS) e dall’americana LIGO, si trovano l’uno nella campagna di Cascina, vicino a Pisa, l’altro negli Stati Uniti.

Insieme, costituiscono l’unico network mondiale di interferometri avanzati per la ricerca delle onde gravitazionali. 

ANTEPRIMA FESTIVAL DELLE SCIENZE 
“Relatività” (20-22 maggio 2016) 
ROMA, AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA,
SALA PETRASSI GIOVEDI 18 FEBBRAIO, ORE 21 “Einstein aveva ragione” 
Di che cosa parliamo quando parliamo di onde gravitazionali: il racconto di una scoperta 

Intervengono 
Viviana Fafone – INFN e Università di Roma Tor Vergata, collaborazione Virgo Antonio Masiero – INFN e Università di Padova, vicepresidente INFN Fulvio Ricci – INFN e La Sapienza Università di Roma, coordinatore Virgo

Biglietti 3 Euro. 

16/02/16

Niente è più autentico e salvifico della poesia. Hilde Domin, "Il coltello che ricorda."



Niente è più autentico e salvifico della poesia
La poesia era stata dichiarata morta: da un esiliato di fama, da Adorno. Che dopo Auschwitz non si potessero più scrivere poesie, lo aveva già dichiarato a New York nel 1949. Una frase tanto impressionante quanto sbagliata – ma molto difficile da annullare. Non tanto dall’autore, che ha ritrattato, dichiarandola espressamente un errore nel 1966

Ancora nel 1964, dopo una lezione a Harvard, Herbert Marcuse mi scrisse una dedica sul suo libro Eros e civiltà: «perché lei [cioè io] dopo Auschwitz, scrive poesie e ha dovuto scriverle». 

Se non l’avessi conosciuto così bene non avrei osato provocarlo alla difesa della poesia e rinfacciargli la sua involontaria collaborazione alla distruzione della poesia tedesca.

No, non “nonostante”, ma proprio “a causa di” Auschwitz le poesie sono necessarie e più necessarie che mai. Ancor prima che la frase fatale fosse formulata, era già stata negata dai grandi poeti. Celan aveva già scritto Fuga di morte. E Nelly Sachs, prima di allora un’autrice graziosa, epigonale, come attestano gli studi sulle sue prime opere, si mutò in quella voce che è impossibile ignorare, appena le notizie dell’orrore giunsero a Stoccolma: le notizie della conferenza di Wannsee e della deportazione e dello sterminio degli ebrei di Berlino.
 Le dimore della morte (Die Wohnungen des Todes) scritto nel 1943, fu pubblicato a Berlino Est nel 1947. 

Horst Bienek, a quel tempo diciottenne, lesse Nelly Sachs. Il libro deve aver scosso molto le giovani generazioni. «Era il libro di un supertestimone», scrive lui, «che non rimane invischiato nel realismo. Proprio ciò di cui avevamo bisogno».

HILDE DOMIN, Lezione di Francoforte, Il coltello che ricorda, Del Vecchio Editore 2016.


Hilde Domin

 Il coltello che ricorda

In questo volume, il terzo della serie che Del Vecchio Editore dedica alla poetessa, si dà conto degli sviluppi letterari di Hilde Domin negli ultimi anni della sua attività poetica, presentando al pubblico italiano un compatto insieme di testi autobiografici, teorici e lirici, che si commentano e presentano gli uni con gli altri rendendo evidente la compatta organizzazione del pensiero creativo e filosofico di Hilde Domin.

Al centro della riflessione restano e si fanno più nitide la potenza della parola poetica e l’incitamento al coraggio civile, che è innanzitutto la capacità di uscire dagli schemi e accettare la propria umanità aprendosi all’incontro con l’altro: «Solo colui che è crocifisso/ le braccia/ spalancate/ dell’Io–sono qui».

*** Genesi
Cambiare
la parola
lo sguardo
creare la realtà
il sogno della realtà
l’incubo della realtà la realtà

il suo nocciolo
(traduzione di Paola Del Zoppo) ***

 Genesis
Das Wort
der Blick
ändern
erschaffen die Wirklichkeit
den Traum der Wirklichkeit
den Angsttraum der Wirklichkeit
die Wirklichkeit

 ihren Kern

HILDE DOMIN, Il coltello che ricorda, Del Vecchio Editore 2016.

15/02/16

La statua del Redentor sul Corcovado a Rio de Janeiro (Dieci luoghi dell'anima).


  


   Num cantinho um violao,
este amor uma cancao
pra fazer feliz a quem se ama,
muita calma pra pensar
e ter tempo pra sonhar,
da janela ve se o Corcovado,
o Redentor que lindo….

              I versi di Antonio Carlos Jobim, il padre della musica Brasiliana, di quella rivoluzione chiamata Bossanova, teorizzata e compiuta insieme a Joao Gilberto e Vinicius De Moraes, risuonano nella mente quando si intraprende un viaggio nel cuore del Brasile.  
              A me è capitato qualche anno fa, in una circostanza speciale, per la realizzazione di un reportage sulla deforestazione in Amazzonia.
              Rimasto in Brasile per quasi un mese,  e attraversato quel paese grande come un continente da est ad ovest, da nord a sud, ebbi l’impressione di apprezzarlo pienamente, di percepirne il senso della storia, e di quella filosofia di vita soltanto quando, lasciati alle spalle gli spazi sterminati del sertao, il bassopiano arido che abbraccia gran parte del nord-est,  e del bacino fluviale più esteso del mondo, feci visita al riconosciuto simbolo universale carioca.
              Come ogni simbolo, il Redentor, la monumentale statua eretta sulla sommità del Corcovado, che domina dalle sue altezze la città di Rio de Janeiro, parla molti linguaggi, e ad ognuno suggerisce qualcosa di diverso, un frammento o una suggestione di quella grande anima latino-americana che ha parlato nella storia di questo paese  attraverso i  preludi di Villa Lobos, le saghe bahiane di Jorge Amado, le imprese calcistiche, il cinema novo di Glauber Rocha.
          
           E ha parlato, appunto, anche grazie all’arte inconfondibile di Antonio Carlos Jobim.  Il quale, per sfuggire alle ombre lunghe di una infanzia grandemente sofferta – il padre, uomo religioso e tormentato, morì suicida, forse per una dose eccessiva di morfina usata per combattere la depressione – scoperta la magia di un pianoforte, si inventò una carriera di musicista, rifiutandosi in questo modo di proseguire le tradizioni diplomatiche della famiglia.
           Scelse, per vivere, una casa meravigliosa – intatta ancora oggi – immersa nel verde rigoglioso e nella pace (sembrerebbe incredibile a dirsi)  del quartiere di Ipanema.  Ci andò a vivere con la giovane moglie Thereza, e con i due figli Paulo ed Elisabeth. E qui scrisse  le canzoni di Orfeo Negro (il film che fece scoprire il Brasile a tutti, europei e americani compresi), A felicidade, Chega de Saudade, e la stessa Corcovado. Un pugno di canzoni che cambiarono la musica di quegli anni, e rimasero patrimonio di tutti.
           Erano gli anni del Brasile del presidente Juscelino Kubitschek, detto JK, eletto nel 1956,  gli anni di un memorabile e dissonante sviluppo economico che portò il Brasile alla ribalta del mondo, nella musica, nell’arte, nell’industria, nell’architettura.  A scapito di quello che in pochi decenni divenne il più grande indebitamento pubblico di un paese, destinato a pesare per così tanto tempo sulle spalle del popolo brasiliano, non si esitava a costruire l’utopia della città del futuro: la capitale Brasilia, disegnata dal genio di Oscar Niemeyer e di Lucio Costa,  sorta come un fungo nel deserto nel giro di pochi anni.
             Intanto il Brasile, quinto paese al mondo per estensione e per popolazione, diventava sempre più povero, e uno dei giganti cattolici del paese si trovava a fare i conti con la revanche dei riti sincretisti degli Orixas e di Nossa senhora da Bahia.
             Non era la prima volta che il Brasile provava a legittimarsi, nelle ambizioni più che nei fatti, potenza mondiale.
             Era già successo negli anni ‘30.  In quel tempo il Nord del pianeta si accorse del Sud non solo come deposito di ricchezze naturali, da depauperare. Il Sud era anche  ricchezza, mito primigenio, forza  creativa,   rinnovamento.
             In quegli anni dunque – esattamente il 12 ottobre 1931 – il Brasile si diede il simbolo che desiderava: una statua di Cristo alta 38 metri, e pesante 1.145 tonnellate. Scelse la data dell’anniversario della scoperta americana di Colombo, anche se quel giorno inaugurò per il Sud America (e per il Brasile) la lunga e terribile stagione dei massacri indiscriminati di ogni cultura indigena, vecchia di secoli. 
In realtà si parlava già da anni di porre una statua di Cristo in quel punto esatto. Probabilmente se ne parlava anche a causa del fatto che il primo nome che nel secolo sedicesimo i conquistatori portoghesi diedero a quel monte, dominante la spettacolare baia di Rio, fu Pinàculo de la Tentaciòn, perché  - ripido così come l’aveva disegnato la mano di Dio -  ricordava proprio il monte dal quale Cristo viene invitato dalle lusinghe del Diavolo a gettarsi nel vuoto.   Ma la prima iniziativa concreta per realizzare una scultura in quel luogo fu presa molto tempo dopo, intorno al 1850,  dal padre lazarista Pedro Maria Boss, che ne aveva parlato, senza molti risultati alla principessa Isabella, figlia dell’imperatore Pietro II, alla quale il Brasile deve l’abolizione della schiavitù. L’idea poi fu abbandonata con la proclamazione della Repubblica, nel 1889.
             E’ davvero incredibile come, nel cuore stesso di una città tentacolare e assurda come Rio de Janeiro, ancora oggi si possa respirare la magia di  quella natura incontaminata, di quel lussureggiante spettacolo naturale che per milioni di anni ha regnato incontrastato sul continente australe americano, prima della comparsa dell’uomo, e poi insieme ad esso.

tratto da: © Fabrizio Falconi - Cantagalli editore - Dieci Luoghi dell'Anima, 2009.
(continua a leggere sul libro).