Suona come una profezia questa pagina scritta da Milan Kundera nel lontano 1977, in uno dei suoi romanzi più belli. La profezia di un mondo dove si diffonde sempre più una nuova epidemia: la grafomania di massa. Eccolo:
Questa conversazione mi ha di colpo chiarito la natura dell'attività di scrittore.
Scriviamo libri perché i nostri figli non si interessano a noi. Ci rivolgiamo al mondo anonimo perché nostra moglie si tura le orecchie quando parliamo.
...
La donna che ogni giorno scrive all'amante quattro lettere non è una grafomane, è una donna innamorata. Ma il mio amico che fa le fotocopie delle lettere d'amore che spedisce per poterle un giorno pubblicare è un grafomane.
La grafomania non è il desiderio di scrivere lettere, diari, cronache di famiglia (cioè scrivere per sé o per le persone a noi più vicine), ma lo scrivere libri (cioè avere un pubblico di lettori sconosciuti).
In questo caso la passione dell'autista che scrive e quella di Goethe sono identiche. Quello che distingue Goethe dall'autista non è una passione differente, ma un differente risultato della passione.
La grafomania (l'ossessione di scrivere libri) prende fatalmente le dimensioni di una epidemia di massa quando il progresso di una società raggiunge tre condizioni fondamentali:
1) l'alto livello del benessere generale che permette alla gente di consacrarsi a un'attività inutile;
2) l'altro grado di atomizzazione della vita sociale e il conseguente, generale isolamento degli individui;
3) la radicale mancanza di grandi cambiamenti sociali nella vita sociale della nazione (da questo punto di vista, mi sembra sintomatico che in Francia, dove non succede assolutamente nulla, la percentuale degli scrittori sia ventun volte maggiore di quella di Israele. Del resto Bibi si è espressa benissimo quando ha detto che, "visto dal di fuori" non ha vissuto nulla. E' proprio questa assenza di contenuto vitale, è questo vuoto il motore che spinge a scrivere).
Ma l'effetto si ripercuote di ritorno sulla causa. L'isolamento generale crea la grafomania, ma la grafomania di massa generalizza e aggrava a sua volta quell'isolamento.
L'invenzione della stampa permise un tempo agli uomini di comprendersi a vicenda. Nell'epoca della grafomania universale, il fatto di scrivere libri assume un significato completamente opposto: ognuno si circonda dei propri segni come di un muro di specchi che non lascia filtrare alcuna voce all'esterno.
Tratto da: Milan Kundera, Il libro del riso e dell'oblio, Bompiani 1980, traduzione di Serena Vitale, pagg.101 e 102
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