26/05/19

Poesia della Domenica - III carme (La morte del Passero) di Gaio Valerio Catullo



Piangete, o Veneri e voi Amori,
e voi uomini che avete più gentilezza.
È morto il passero alla mia ragazza,
il passero, tesoro della mia ragazza;
lei lo amava più dei propri occhi,
perché era dolce come il miele e la riconosceva
così come una bimbetta la sua mamma;
mai che si scostasse dal suo grembo
e, saltellando intorno qua e là,
cinguettava sempre, solo rivolto alla sua padrona.
Ora procede per una strada oscura,
là donde si dice che nessuno torni.
Maledizione a voi, maledette oscurità infernali,
che inghiottite ogni cosa graziosa:
un passero così carino voi m'avete rapito.
Che brutta azione! Che passerotto infelice!
Ora per colpa tua, gonfi di pianto, sono arrossati
gli occhi soavi della mia ragazza.


Catullo, Liber Catulliano, III carme (La morte del passero), I sec. a.C.

Lugete, o Veneres Cupidinesque,
Et quantum est hominum venustiorum:
Passer mortuus est meae puellae, 
Passer, deliciae meae puellae, 
Quem plus illa oculis suis amabat; 
Nam mellitus erat, suamque norat 
Ipsam tam bene quam puella matrem, 
Nec sese a gremio illius movebat, 
Sed circumsiliens modo huc modo illuc 
Ad solam dominam usque pipiabat. 
Qui nunc it per iter tenebricosum 
Illuc, unde negant redire quemquam. 
At uobis male sit, malae tenebrae 
Orci, quae omnia bella deuoratis; 
Tam bellum mihi passerem abstulistis. 
O factum male! io miselle passer! 
Tua nunc opera meae puellae 
Flendo turgiduli rubent ocelli.

in alto: Cardellino, di Carel Fabritius, 1654

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