22/02/19

Spunta una crudissima lettera inedita di Primo Levi, scritta nel 1945, tornato da Auschwitz.

Primo Levi fotografato a Torino poco tempo prima di essere arrestato

"Ci radono i capelli, ci tatuano sul braccio un numero progressivo, ci denudano, ci rivestono di stracci immondi a rigoni: non siamo piu' uomini. Nessuno spera piu' di uscire". 

C'e' tutta la prosa di Primo Levi, la grandezza del narratore, l'asciuttezza che ne sara' lo stile e nello stesso tempo la capacita' di accendere lo sdegno con la forza di un resoconto scientifico reso drammaticamente eloquente dai numeri ("Il 22 febbraio '44 siamo partiti tutti, 650 disperati con bambini, donne, vecchi, 50 rinchiusi in ogni vagone merci, 4 giorni, 4 notti di viaggio senza dormire e senza bere.. siamo tornati in 15") nella lettera inedita che pubblica il quotidiano La Stampa in occasione dei 100 anni dalla nascita del grande scrittore torinese. 

Resa pubblica per concessione dei figli Lisa e Renzo, la lettera, due fogli battuti fitti fitti a macchina con inchiostro rosso, riporta la data del 26 novembre 1945. 

Levi aveva solo 26 anni, era rientrato a Torino da meno di un mese ed era gia' in cerca di un lavoro ("Sono ancora disoccupato, pero' ho imparato il tedesco e un po' di russo e di polacco, ed ho visto un bel pezzo di Europa che pochi stranieri hanno visto"). 

Ai parenti lontani non nasconde niente, racconta della decisione di salire in montagna con i partigiani per sfuggire alle leggi razziali, l'arresto con le amiche Vanda e Luciana, il campo di Fossoli, la deportazione, i suoi 11 mesi nel campo di Monowitz, satellite di Auschwitz, la fame disperata, le condizioni impossibili, le selezioni, la morte. 

Un reportage dall'inferno, lucidissimo e terribile, dove i sentimenti sembrano anestesizzati. 

C'e' il dramma incommensurabile e insieme un incredibile pudore, la totale assenza di vittimismo, forse chissà già il tarlo dello sgomento per essere lui tra i pochi che si sono salvati. 

"Quattro milioni di ebrei hanno varcato la soglia della camera a gas. Per tre anni il camino ha oscurato il cielo", scrive ai parenti. 

Prima di lanciarsi in un'altrettanto lucida e spietata analisi dell'Italia che ha ritrovato e anche dell'Europa ("Vecchia, maledetta e pazza") con parole che sembrano premonitrici e oggi più che mai attuali: "il fascismo ha dimostrato di avere radici profonde, cambia nome e stile e metodi, ma non e' morto, e soprattutto sussiste acuta la rovina materiale e morale in cui esso ha indotto il popolo"

Nessun commento:

Posta un commento

Se ti interessa questo post e vuoi aggiungere qualcosa o commentare, fallo.