La crisi della Chiesa secondo il professor Hans Küng.
Professor Küng, per lei che ha sempre contestato l'infallibilità papale, che valore ha il ritiro del Papa?
«È una smitizzazione solo per tutti coloro i quali vedono nel Papa un vice-Dio in Terra, e non prendono in considerazione il fatto che anche il Papa è solo un uomo, e quindi per forza di cose il suo magistero è limitato dal Tempo».
Il ritiro è stato l'atto più importante del suo pontificato?
«Presumo che il pontificato di Joseph Ratzinger resterà nella Storia della Chiesa perché egli è stato il primo Papa del tempo moderno che ha deciso di ritirarsi. Per questo resterà negli Annali».
Il ritiro e le parole di oggi del Papa aprono nuove speranze?
«Apre la speranza che finalmente ora la crisi della Chiesa cattolica e del ruolo del Pontefice siano riconosciute anche in Vaticano. Il pericolo è che Ratzinger, restando a Roma, assuma di fatto un ruolo di un papa-ombra. Avrei preferito una sua scelta di ritirarsi in meditazione e preghiera in Baviera. Se resta in Vaticano contatti, colloqui sono inevitabili. È già imbarazzante se in una parrocchia il vecchio parroco resta accanto al nuovo, figuriamoci un vecchio papa accanto al nuovo».
Cosa si aspetta dal prossimo Conclave?
«Può dare un impulso solo se i cardinali accettano l'analisi, esposta nel mio libro "Salviamo la Chiesa", e prenderanno atto della profonda crisi della Chiesa, anziché rimuovere ancora una volta il tema centrale della vita del cattolicesimo».
Quale ruolo giocherà Benedetto XVI, dopo le sue dure parole di oggi?
«Non parteciperà al Conclave, ma spero che egli non giochi alcun ruolo nel nuovo Pontificato. Altrimenti finirebbe per creare lui nuove pericolose polarizzazioni tra sostenitori del nuovo Papa e seguaci del vecchio Papa. Ciò renderebbe impossibile un governo unitario della Chiesa».
Un Papa più giovane sarebbe auspicabile?
«Il nuovo Papa non dovrebbe essere troppo anziano, ma al tempo stesso non ha bisogno di essere giovane per poi restare Papa 20 o 30 anni. Un pontificato lungo porterebbe a una pietrificazione della Chiesa».
E sarebbe meglio un papa non europeo?
«Da dove verrà, non è importante. Conta che non finisca per essere "romanizzato" e curializzato. Ratzinger non veniva da Roma ma è stato alla fine più romano dei romani e della Curia. Se un Papa tedesco o di colore finisce integrato nel sistema della Curia, la sua origine non serve».
Auspica che i futuri Papi si preparino a non restare Papi fino alla morte?
«La regola dell'anzianità dei vescovi dovrebbe valere anche per il vescovo di Roma. A partire dal 75mo anno i vescovi devono offrire il proprio ritiro. Fu introdotta dal Cardinale Suenens. Gli chiesi perché avesse escluso il Vescovo di Roma, il Pontefice. Mi rispose che altrimenti non avrebbe raccolto una maggioranza. Adesso constatiamo quanto sia negativo che un Papa resti in carica troppo a lungo, o fino a un'età troppo avanzata».
Il suo bilancio di questo pontificato è negativo?
«Temo che resterà nella Storia piuttosto con un bilancio negativo, con deficienze e limiti, e occasioni perdute. Il caso del vescovo antisemita Williamson, o il mancato accordo su una maggiore comprensione con le chiese ortodosse e protestanti».
Crisi delle vocazioni, esodo dei fedeli: la crisi della Chiesa è drammatica. Il nuovo Papa come dovrebbe affrontarla?
«Diciamo in latino Ceterum censeo romanam curiam esse reformandam.
Dipende se la Corte medievale-barocca vaticana potrà essere trasformata in una moderna, efficiente amministrazione centrale della Chiesa. Bisogna cominciare dalla base, e vedere che cosa ne verrà fuori. È illusorio pensare di riportare i cristiani nel sistema ecclesiastico attuale. La Curia romana era contro il Concilio Vaticano II prima che si tenesse, durante il Concilio ha impedito ciò che voleva, e dopo ha guidato la restaurazione con i devastanti effetti di crisi. Se questa Curia non verrà riformata e trasformata in centro efficiente, ogni riforma sarà impossibile. La Curia è l'ostacolo principale al rinnovo della Chiesa, a un dialogo ecumenico e a un'apertura al mondo moderno».
La sua analisi ricorda l'Impero sovietico poi crollato, pensa a processi simili?
«Il destino dell'Unione sovietica, l'implosione, dovrebbe essere un monito, anche per il Conclave. Sarebbe anche importante che i cardinali non discutano isolati dal mondo. Soprattutto prima del Conclave. All'ultimo Conclave Ratzinger disciplinò tutti. Non deve ripetersi, ci vuole un'atmosfera di libera discussione nel collegio dei cardinali».
Andrea Tarquini per Repubblica.
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