10/09/11

RI-COMINCIARE. Da dove ? (12 cose da cui ripartire): 9. SEMPLICITA'


Dovrò essere consapevole che nessun senso può essere trovato nel caos, a meno che io non elegga il caos a senso.

Chi lo ha fatto, però, ha procurato quasi sempre a se stesso e alla comunità nella quale vive, disastri. 

Per capire cosa la vita pretende da me, dovrò sempre ricordarmi di cosa ero io, quando sono venuto al mondo: un essere vivente, prodotto di una vita biologia estremamente complessa (ma del tutto ORGANIZZATA - senza organizzazione e ordine, nessuna vita biologica è possibile) bisognosa però di molto poco: attenzione e cura, amore, nutrimento, serenità, possibilità di evoluzione.

Non potrò dunque mai trovare senso alla mia vita, riempiendola a dismisura di cose perlopiù inutili. Non potrò mai pensare di individuare un 'ordine' se io per primo concederò alla mia vita di essere del tutto caotica, stipata fino all'inverosimile di  cose inutili.

Sarò e sono consapevole che questo oggi è sempre più difficile. Sarò e sono consapevole che riempire la propria vita a dismisura, proclamare incessantemente che "non si ha tempo", che "non si ha tempo per nulla e quindi a maggior ragione anche per farsi domande su se stessi e sulla vita" è la più diffusa forma di auto-difesa contemporanea. 

Si ha paura del vuoto, di quello che si presume a-priori di essere un vuoto - la mancanza di senso - e  si colma  la vita di stupidaggini, dettagli e diversivi fino all'inverosimile nella speranza che non si abbia il tempo e il modo di interrogarsi mai, e dunque di spaventarsi di fronte a quel vuoto. Ci si illude di protrarre questo sentimento fino all'estremo limite della morte, e di morire quindi inconsapevoli di tutto, ma "senza soffrire", come bambini spaventati.

Questa vita non fa per me.

Mi ricorderò sempre che soltanto fermandomi, interrompendo il flusso ininterrotto delle cose complicate (non complesse) che tutti e tutto mi impongono, io potrò scoprire qualcosa. Dovrò fare quindi spazio nella mia vita, pur nelle incombenze di tutti i giorni, lasciare sempre questo spazio vitale, essenziale.

Solo dal silenzio e dalla quiete sorgono le vere domande. E solo nel silenzio e nella quiete è possibile ascoltare qualcosa. Ascoltare quella voce - flebile o forte - che la potenza della vita riversa (riverserebbe) dentro ognuno di noi.

Come lasciò scritto il profeta: Non sarete confusi per sempre.

Fabrizio Falconi

in testa: immagine da Monika e il desiderio di Ingmar Bergman 

2 commenti:

  1. Caro Fab. mi ritrovo per la seconda volta a dover ricostruire la via vita e il mio "quotidiano vivere", dopo dieci anni vissuti intensamente ed esclusivamente con una prospettiva "famigliare", piena di lavoro, forse troppo, di impegni e di scarsissimo tempo, mi verrebbe da dire tempo per me, ma mi accorgo che non avevo tempo per nessuno, ne per mia moglie ne per i miei figli, sembra un paradosso ma è la conseguenza di quello che tu dici "...non c'è tempo" non c'è per nessuno anche per quelle persone per cui ci si sbatte dalla mattina alla sera.
    la malattia di mia Madre mi ha "costretto" a dover ritagliare, e uso qesto termine con cognizione, del tempo da dedicargli e al di là delle cose da fare dal punto di vista sanitario mi sono ritrovato come incapace di essere lì in silenzio in ascolto, a volte la morte non ha fretta, mentre noi siamo incapaci di attendere.
    .....Virgilio

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  2. Carissimo Virgilio,

    queste 'forche caudine' delle nostre vite, le conosco bene. Anche io ci sono incappato. Ho imparato con il tempo che nelle crisi - è l'etimologia stessa della parola che lo dice - c'è la scelta, c'è l'opportunità.

    Anche se mentre si attraversa il guado tutto appare, comprensibilmente, nero e fondo.

    Ma queste crisi sono invece strumenti che ci sono dati - nostro malgrado, spesso di alcuni di loro faremmo volentieri del tutto a meno - per ri-centrarci, per capire cosa c'è di sbagliato, cosa abbiamo sbagliato, perché la nostra vita non funziona, e soprattutto COSA la nostra vita vuole da noi.

    Anche la tua esperienza dimostra - mi sembra - ma ne siamo tutti coinvolti, come questa che cercavo di esprimere nel post sia la vera 'emergenza collettiva'. Il punto che - nel nostro cammino individuale e collettivo - non può più essere rimandato.

    O facciamo spazio, nelle nostre vite, o rimpariamo l'alfabeto delle cose importanti, e diamo loro spazio, ad ogni costo, oppure siamo destinati ad essere perennemente confusi, perennemente infelici o frustrati, perennemente alla ricerca di un senso che non troviamo e non sappiamo cercare.

    Un abbraccio

    Fabrizio

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