15/04/17

Musei civici aperti a Roma a Pasqua: Ecco tutte le mostre.




Sarà una Pasqua d'arte quella di Roma, dove, oltre alle aperture straordinarie, e in alcuni casi serali, di molti musei, sono previste visite didattiche e iniziative di vario genere.

Ecco un elenco delle principali mostre in corso: 

Porte aperte ai Musei Capitolini per vedere il manoscritto che raccoglie la summa delle intuizioni elaborate da Leonardo sul volo, per la prima volta a Roma nella mostra Leonardo e il Volo. Il manoscritto originale del Codice e un'esperienza multimediale e 3D e, al piano terra di Palazzo dei Conservatori, L'Annunciazione del grande artista cretese El Greco. E anche ai Mercati di Traiano con I Fori dopo i Fori. La vita quotidiana nell'area dei Fori Imperiali dopo l'antichità, che illustra le vicende dell'area archeologica dei Fori Imperiali attraverso i rinvenimenti degli scavi degli ultimi 25 anni.

La splendida mostra Artemisia Gentileschi e il suo tempo al Museo di Roma in Palazzo Braschi, si svolge in un percorso che svela gli aspetti più autentici dell'artista, attraversando un arco temporale che va dal 1610 al 1652. 
Nelle sale del piano terra del Museo I pittori del '900 e le carte da gioco. La collezione di Paola Masino, un'originale collezione di carte di Paola Masino, donate da Alvise Memmo al Museo di Roma ed esposte per la prima volta al pubblico. In mostra alla Galleria d'Arte Moderna di via Francesco Crispi Stanze d'artista. Capolavori del '900 italiano. Sironi, Martini, Ferrazzi, De Chirico, Savinio, Carrà, Soffici, Rosai, Campigli, Marini, Pirandello e Scipione, circa sessanta opere di scultura, pittura, grafica in cui l'arte della prima metà del Novecento è raccontata da dodici dei suoi maggiori esponenti.

Da non perdere al Museo dell'Ara Pacis Spartaco. Schiavi e padroni a Roma per comprendere la realtà della schiavitù nella vita quotidiana e nell'economia della Roma imperiale.

Al Museo Pietro Canonica di Villa Borghese Nick Devereux, la prima personale dell'artista presso una pubblica istituzione a Roma, che prosegue il ciclo espositivo dal titolo Fortezzuola. 
Nella stessa villa al Museo Carlo Bilotti InMateriale. Lucilla Catania e, presso lo spazio esterno del Museo, la luce, Noor in persiano, è elemento base dell'opera di Bizhan Bassiri.

Diversificata la scelta per il MACRO di via Nizza con Anish Kapoor; Nanni Balestrini - La Tempesta Perfetta; Arte e Politica. Percorsi nell'arte contemporanea attraverso la collezione MACRO; Gea Casolaro. Con lo sguardo dell'altro. 

Al MACRO Testaccio Alfredo Pirri. I pesci non portano fucili; Pietro Fortuna S.I.L.O.S. 
Alla Pelanda Marco Paoli Etiopia; Alessandro Verdi. Sulla pelle della pittura; #POETRY Adonis e Marco Nereo Rotelli con la partecipazione del poeta Yang Lian.

Alla Casina delle Civette di Villa Torlonia, Tre Civette Sul Comò, una mostra dedicata alle "civette" attraverso un percorso di 67 opere, al Casino dei Principi Magia della luce. Specchio e simbolo nell'opera di Lorenzo Ostuni.

Decisamente animato il panorama del Museo di Roma in Trastevere con le immagini potenti, di una folgorante bellezza, che rivelano una grande fotografa: Vivian Maier. Una fotografa ritrovata, 120 scatti in bianco e nero realizzati tra gli anni Cinquanta e Sessanta insieme a una selezione di immagini a colori scattate negli anni Settanta, oltre ad alcuni filmati in super 8. 

Al primo piano, per conoscere la Cina di ieri e capire la Cina di oggi attraverso l'iconografia, l'arte e la propaganda maoista, CHINA: rivoluzione - evoluzione. Manifesti della Propaganda (1949 - 1983) in un percorso d'immagini originali d'epoca.

Al Museo Napoleonico Minute visioni. Micromosaici romani del XVIII e del XIX secolo dalla collezione Ars Antiqua Savelli, una delle più importanti in ambito internazionale dedicate a questo peculiare genere artistico, frutto di oltre quarant'anni di acquisizioni e ricerche.

Alla Centrale Montemartini l'esposizione permanente si è arricchita di nuovi straordinari capolavori da tempo conservati nei depositi. Da ammirare il treno di Pio IX, il prezioso ritratto in basanite dell'imperatrice Agrippina Minore in prestito dalla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen.

Al Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco All'ombra delle piramidi. La mastaba del dignitario Nefer, il preziosissimo rilievo funerario del dignitario Nefer, databile al regno del faraone Cheope: una ricostruzione 1:1 della struttura della cappella funeraria e una ricchissima documentazione grafica, fotografica e multimediale per descriverne lo spazio interno.

Al Museo delle Mura Alphabetica - Abecedario grafico contemporaneo, una rassegna di opere grafiche di artisti nazionali e internazionali.

14/04/17

Hannah Arendt, Etty Hillesum, le Donne protagoniste della Via Crucis stasera al Colosseo.




Venerdì santo il Papa, come ogni anno, dopo aver assistito a San Pietro alla celebrazione della Passione del Signore, presiede a partire dalle 21.15 la Via crucis al Colosseo. 

Francesco ha voluto affidare le meditazioni alla biblista francese Anne-Marie Pelletier, laica, che nel testo, pubblicato dalla Libreria editrice vaticana (Lev), ha incentrato la sua riflessione sulle donne di tutti i tempi, il loro pianto "in un mondo in cui c`è molto da piangere", figure come Hanna Arendt e la "banalità del male", Etty Hillesum che "difese fino all'ultimo la bontà della vita" nell'inferno "che sommerge il mondo" con il nazismo. 

Un testo nel quale, tra l'altro, si fa autocritica per l'antisemitismo di matrice cristiana: "Davanti a Gesù consegnato e condannato, noi non sappiamo fare altro che discolparci e accusare gli altri. Per tanto tempo noi cristiani abbiamo addossato al tuo popolo Israele il peso della tua condanna a morte. Per tanto tempo abbiamo ignorato che dovevamo riconoscerci tutti complici nel peccato, per essere tutti salvati dal sangue di Gesù crocifisso. Donaci di riconoscere nel tuo Figlio l`Innocente, l`unico di tutta la storia".

fonte Askanews

11/04/17

Apre Venerdì la Mostra di Pasqua: "Da Caravaggio a Bernini", alle Scuderie del Quirinale.




Attraverso una straordinaria selezione di dipinti e sculture, la mostra Da Caravaggio a Bernini. Capolavori del Seicento italiano nelle Collezioni Reali di Spagna riflette gli strettissimi legami politici e le strategie culturali stabilite tra la corte spagnola e gli stati italiani nel corso del XVII secolo.

Ad arricchire le raccolte d’arte della dinastia asburgica contribuirono i frequenti doni diplomatici da parte dei governanti italiani, determinati a guadagnarsi il favore dei sovrani di Spagna che con i loro possedimenti – il Viceregno di Napoli e lo Stato di Milano – condizionarono dalla metà del Cinquecento l’evoluzione della complessa situazione politica italiana.

È questo il caso di due tra i dipinti più spettacolari in mostra, Lot e le figlie di Guercino e La conversione di Saulo di Guido Reni, donati a Filippo IV dal principe Ludovisi allo scopo di garantire la protezione spagnola sul minuscolo Stato di Piombino.

Moltissime altre opere d’arte, tra le quali il magnifico Crocifisso del Bernini proveniente dal Monastero di San Lorenzo del Escorial, opera raramente accessibile al grande pubblico, vennero commissionate o acquistate da mandatari del re; altre ancora vennero ordinate o comprate, come nel caso della Salomè di Caravaggio, dai rappresentanti della monarchia spagnola in Italia (ambasciatori e viceré) inviati presso la corte pontificia o a Napoli, alla morte dei quali le opere andarono ad accrescere le collezioni reali.

L’interesse per la cultura italiana da parte dei sovrani spagnoli si riflette inoltre negli inviti a lavorare a corte rivolti a maestri quali il napoletano Luca Giordano, attivo in Spagna per un decennio.

Ed è testimoniato infine dai viaggi in Italia di alcuni artisti spagnoli, come José de Ribera, che giunse a Roma nel 1606 e trascorse la maggior parte della sua vita a Napoli.

Di questo artista la mostra espone cinque capolavori tra cui il celebre Giacobbe e il gregge di Labano. 

Il primo soggiorno di Velázquez in Italia, tra il 1629 e il 1630, si rivelò fondamentale per la sua pittura, come dimostra l’eccezionale Tunica di Giuseppe, tra i maggiori raggiungimenti della sua intera opera, mentre il suo trionfo come ritrattista presso la corte pontificia avvenne in occasione del suo secondo viaggio italiano tra il 1649-1650.

 Nel 1819, per volere del re Ferdinando VII, venne creato il Museo Real – in seguito Museo del Prado – in cui furono raccolte opere provenienti per la maggior parte dalle Collezioni Reali. Quelle che non vennero trasferite nel museo rimasero presso le residenze a disposizione dei monarchi, i cosiddetti Reales Sitios.

Nel 1865 la regina Isabella II rinunciò alla proprietà personale dei beni ereditati dai propri antenati e ne cedette la gestione allo Stato, ponendo le basi di quello che oggi è Patrimonio Nacional.

E’ da questo straordinario fondo collezionistico, a tutt’oggi sottoposto alla tutela di Patrimonio Nacional, che i capolavori oggi presentati a Roma sono stati selezionati sulla base del loro eccezionale valore artistico e storico.


Da Caravaggio a Bernini.
Capolavori del Seicento italiano nelle collezioni reali di Spagna 
Scuderie del Quirinale
 14 aprile – 30 luglio 2017 
 a cura di Gonzalo Redín Michaus 
Immagine: Michelangelo Merisi da Caravaggio, Salomé con la testa del Battista, 1607Madrid, Patrimonio Nacional. Palazzo Reale di Madrid

10/04/17

Il Libro del Giorno: "La bellezza che resta" di Fabrizio Coscia.





Leggendo La bellezza che resta, lo splendido libro di Fabrizio Coscia pubblicato per Melville Edizioni, mi è tornato alla mente il noto Sofisma del Velato, concepito da Eubulide di Megara nel IV secolo avanti Cristo, e commentato diffusamente da C.G.Jung in Aion, del 1951. 

Il Sofisma dice: 
"Sai riconoscere tuo padre?" 
"Sì."
"Sai riconoscere quest'uomo velato?"
"No." 
"Quest'uomo velato è tuo padre. Quindi sai e non sai riconoscere tuo padre." 

Il viaggio alla ricerca della bellezza che resta, intrapreso da Fabrizio Coscia, infatti comincia e si sviluppa intorno al letto di morte del padre.  Quel padre di Fabrizio generoso e virile, diretto e concreto, ma anche ombroso e sfuggente che nella copertina del libro, in una vecchia foto, si vede stringere amabilmente un bambino, suo nipote, cugino dell'autore. 

E' proprio intorno al letto di morte del padre che avviene quella trasfigurazione - cruciale in ogni esistenza di figlio - che porta a domandarsi cosa sappiamo di lui, di colui che ci ha messo il mondo, cosa è di lui in noi, cosa è di differente invece di noi rispetto a lui, perché volenti o nolenti l'identità di un figlio si forma sempre come una imperfetta carta carbone sulle differenze e sulle similarità di chi ci ha preceduto, mettendoci al mondo. 

Cosa resta della bellezza del padre, si potrebbe dire . Cosa resta di questa esistenza vissuta come si conviene (per usare le parole di Simone Weil) ? Cosa sparisce per sempre e cosa resta ad albeggiare (la parola che continua a pronunciare il padre durante i suoi ultimi giorni) ? 

Per scoprirlo, Coscia si è messo sulle tracce della morte di grandi spiriti che hanno attraversato il mondo, in primis quello di Lev Tolstoj, di cui viene ricostruita minuziosamente la celebre fuga pre-morte, fino alla stazioncina di Astapovo, ultima tappa del suo viaggio mortale; oltre a quello di Simone Weil, di Anton Cechov, di Richard Strauss, di Frieda Kahlo, di Auguste Renoir, ma anche di Glenn Gould e di Sigmund Freud. 

Di Tolstoj, in particolare viene affrontata la redazione e la scrittura - incompiuta - di un capolavoro poco noto, Chadzi-Murat, scritto tra il 1895 e il 1904 e pubblicato postumo nel 1912. 

In questo racconto lungo, Tolstoj torna ai suoi ricordi di quando era un giovane ufficiale, tra il 1851 e il 1852, nel Caucaso. In particolare alla figura di Chadzi-Murat, un guerrigliero àvaro il quale combatte strenuamente contro l'annessione della Cecenia alla Russia. 

A questo personaggio Coscia ritorna anche a causa delle terribili vicende del massacro della scuola di Beslan, del 1 settembre 2004, che riportarono alla stretta attualità le interminabili rivendicazioni del popolo ceceno contro l'imperialismo prima russo, poi sovietico e poi ancora russo. 

Perché Tolstoj negli ultimi anni scelse di dedicare tempo e attenzione e anima a un personaggio così, un assassino, un combattente, così lontano dai temi pacifisti, dal cristianesimo radicale e non violento che Tolstoj abbracciò alla fine della sua esistenza, trasformando la sua tenuta Iasnaja Poljana in una sorta di nuovo inizio di umanità, così lontano insomma dai temi di Resurrezione e degli ultimi formidabili racconti ? 

Tolstoj, suggerisce Coscia, forse rivedeva in Chadzi-Murat l'incarnazione di uno spirito ribelle, che non si rassegna e che vuole consegnarsi alla morte non domito, ma ancora in piedi, e anzi fuggitivo.  Che vuole per questo fuggire, fino all'ultimo, non essere incastrato in nessuna comoda cornice, in nessuna divisa d'ordinanza, in nessuna categoria.  

La bellezza che resta in Tolstoj è quella dei suoi libri, dell'arte, certo, ma anche della sua esperienza completamente e fino in fondo umana. 

In quella fuga disperata, con la morte che lo segue dappresso, Tolstoj porta con sé una parte considerevole dell'irriducibile Chadzi-Murat che vuole morire a modo suo, Via-di-qua. 

Quasi come a sparigliare nuovamente le carte, a voler confondere chi pensa o si illude già di aver riconosciuto la parola fine. 

Il Tolstoj che fugge è già un altro uomo, forse il prodromo dell'uomo che è già sulla soglia, e la sta attraversando, diventando quello che per noi è puro spirito, e poi chissà.

Per questo, nelle ultimissime pagine, dopo la scomparsa del padre, Coscia racconta di continuare a sognarlo, senza riuscire a trovarlo, come accade al professor Isak nel finale de Il Posto delle fragole di Ingmar Bergman. In quel caso sarà poi l'amata cugina Sara a condurlo, sulla riva per indicarglielo: era lì, di fronte a lui. 

"Dov'è andato ? Dov'è lui ?" si chiede Coscia riferendosi al suo, di padre.  Dov'è finito, dopo la morte? Cosa è diventato ? 

La morte ci costringe a rivedere ogni identità di colui che amiamo. Come il figlio del Velato, noi riconosciamo e non riconosciamo nostro padre. Perché lui è (già diventato) altro. 

A noi mortali, a noi sopravviventi, la scoperta gioiosa di quello (non poco) che resta.

Fabrizio Falconi

09/04/17

Poesia della Domenica - "Eleonora" di Hermann Hesse.




Eleonora

Le sere d’autunno mi ricordano te.
Giacciono oscuri i boschi, il giorno muore
a piè dei colli in rosse gloriole.
In un villaggio vicino piange un bimbo.
A passi lenti se ne va pel bosco
a radunar le ultime foglie il vento.

Poi sale, da tempo abituata al cupo sguardo,
solitaria la falce della luna
alta nel cielo con la mezza luce
emergendo da terre sconosciute.
Percorre indifferente il suo sentiero
cingendo bosco, stagno, canne e viottolo
di smorti, malinconici bagliori.

Anche d’inverno quando le notti sono oscure
e vorticano ai vetri come in giuoco
vento e fiocchi di neve ho spesso l’impressione di vederti.
Risuona il piano, con sorriso insinuante
mi parla al cuore il tuo profondo, cupo
contralto, tu la più cruda delle donne care.

Talvolta la mia mano va alla lampada
e sulla vastità della parete si posa dolcemente la sua luce.
Cupa dalla vecchia cornice occhieggia la tua immagine
e mi ravvisa e sorride stranamente.
Ma io le mani ti bacio ed i capelli
e ripeto il tuo nome sussurrando.


Hermann Hesse (Traduzione di Mario Specchio)
da “Poesie”
Guanda 
Parma 1978

07/04/17

Ecco perché alcuni non riescono a "tradire" i libri cartacei: quando invecchiano hanno un "aroma", come i vini.



Chi non riesce a passare ai libri digitali gia' lo sa: la pagina di carta ha un 'aroma' tutto suo.

La conferma arriva dai ricercatori della University College diLondra, guidati da Cecilia Bembibre, che sono riusciti a ricreare, come per i vini di pregio, una 'ruota degli aromi' per i libri storici, basandosi sulle percezioni descritte dai visitatori delle biblioteche

Legno, fumo, vaniglia e terra sono gli odori piu' riconosciuti nei libri, che diventano un indicatore dello stato di salute dei volumi d'epoca, come spiega lo studio pubblicato sulla rivista Heritage Science. 

Il 100% dei visitatori della biblioteca St Paul's Cathedral's Dean and Chapter di Londra ha indicato l'aroma 'legnoso', seguito da quello 'fumoso' (86%), 'terroso' (71%) e di vaniglia (41%). 

Circa il 70% delle persone ha descritto l'odore come piacevole, il 14% moderatamente piacevole, e il 14% come neutro. In un altro esperimento hanno fatto andare i visitatori alla Galleria d'Arte di Birmingham, facendogli sentire l'odore di un libro storico del 1928, raccogliendone i giudizi. 

I termini piu' usati per descrivere l'odore sono stati cioccolato, caffe', vecchio, legno e bruciato. Alcuni hanno anche citato il pesce, l'odore corporeo, calzini putridi e naftalina. 

Per cercare di capire se alcuni odori possono essere considerati un'eredita' culturale e se si', come identificarli e conservarli, i ricercatori hanno condotto sui libri un'analisi chimica dei composti organici volatili, che evaporano con basse temperature, molti dei quali percepiti come profumi o odori. 

 Combinando i risultati dall'analisi chimica con i giudizi dei visitatori, e' stato cosi' possibile mettere a punto la ruota degli aromi dei libri storici, dove accanto alla descrizione chimica dell'odore (come per esempio acido acetico) c'e' quella sensoriale (es. aceto). 

"La ruota puo' essere usata anche come uno strumento per avere informazioni sullo stato di salute del volume", commenta Bembibre, nonche' aiutare a ricreare gli odori del passato nei musei, facendo vivere ai visitatori un'esperienza piu' intensa. 

05/04/17

Durante i Lavori per la Metro C, spunta a Piazza Celimontana, proprio di fronte all'Ospedale del Celio, un Acquedotto romano di 2.300 anni fa.




Saranno presentati oggi, Mercoledì 5 aprile alla Sapienza diRoma  i dettagli riguardanti la scoperta del tratto di acquedotto romano rinvenuto sotto piazza Celimontana durante i lavori per la Metro C. 

A illustrarli - nel corso della giornata di apertura del convegno "Roma medio repubblicana: dalla conquista di Veio alla battaglia di Zama" (alle 14.30 presso la sala dell`Odeion - Facoltà di Lettere), sarà l`archeologa Simona Morretta, responsabile scientifico dell`area del Celio per la Soprintendenza, insieme a Paola Palazzo (Cooperativa Archeologia), che ha diretto lo scavo.

La scoperta dell`Acquedotto si presenta tra le più interessanti degli ultimi anni: tra le ipotesi più verosimili è possibile una identificazione con un tratto dell`Aqua Appia, l`acquedotto più antico di Roma (312 a.C.), che sicuramente attraversava questo quartiere a una notevolissima profondità.

L`opera, per ora, è stata smontata e in parte delocalizzata, in attesa di un rimontaggio futuro, in una sede ancora da individuare

Il convegno, organizzato dalla Soprintendenza speciale per il Colosseo e l`area archeologica centrale di Roma, l`UniversitàSapienza di Roma e la British School at Rome, proseguirà nelle giornate del 6 e 7 aprile presso la British School, con sezioni tematiche dedicate a gettare nuova luce sul periodo dell`età repubblicana. 

fonte: askanews.it

04/04/17

Fabrizio Falconi racconta: 3./ La storia (millenaria) di Ponte Rotto.






Ecco la terza puntata di Fabrizio Falconi Racconta, dedicata questa settimana a quello che familiarmente i romani chiamano Ponte Rotto e che sarebbe più proprio chiamare Ponte Emilio o Ponte Palatino, nei pressi dell'Isola Tiberina. 

Il Ponte ha una lunga, millenaria, gloriosa storia. La ripercorriamo in questo breve video. 

"Fabrizio Falconi racconta #Roma": La storia di Ponte Rotto (Ponte Emilio).
Una produzione http://www.capitolivm.it - #PonteRotto #Storia
Blog di Fabrizio Falconi: http://fabriziofalconi.blogspot.it/
Uno speciale ringraziamento a Trastevere App

03/04/17

"Spartaco - Schiavi e padroni e Roma" - Una grande mostra sugli Schiavi e Roma Antica all'Ara Pacis, fino al 17 settembre.




Il più grande sistema schiavistico che la storia abbia mai conosciuto. 

Un’intera economia basata sullo sfruttamento di una “merce” cara e redditizia quanto deperibile: l’essere umano. 

La società, l'economia e l’organizzazione dell’antica Roma non avrebbero potuto raggiungere traguardi così avanzati senza lo sfruttamento pianificato delle capacità e della forza lavoro di milioni di individui privi di libertà, diritti e proprietà. 

Basti pensare che stime recenti hanno calcolato la presenza di 6 fino a 10 milioni di schiavi su una popolazione di 50/60 milioni di individui. 

Grazie ad un team di archeologi, scenografi, registi e architetti la mostra restituisce la complessità del mondo degli schiavi nell’antica Roma a partire dall’ultima grande rivolta guidata dallo schiavo e gladiatore trace Spartaco tra il 73 e il 71 a.C. 

I diversi ambiti della schiavitù ai tempi dell’impero vengono raccontati attraverso 11 sezioni che raccolgono circa 250 reperti archeologici. 

Le opere sono inserite in un racconto immersivo composto da installazioni audio e video che riportano in vita suoni, voci e ambientazioni del contesto storico. 

Chiudono il percorso i contributi forniti dalla Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO, International Labour Organization), Agenzia Specializzata delle Nazioni Unite nei temi del lavoro e della politica sociale, impegnata nell’eliminazione del lavoro forzato e altre forme di schiavitù legate al mondo del lavoro. 

Le sezioni 
- Vincitori e vinti, in cui si racconta l’età delle conquiste e la riduzione in schiavitù di decine di migliaia di vinti in ogni campagna militare; 
- Il sangue di Spartaco, ossia la sconfitta a opera delle legioni di Crasso dei circa 70.000 ribelli guidati, appunto, da Spartaco; 
- Mercato degli schiavi, fiorente in tutto il Mediterraneo e presente nella stessa Roma; 
- Schiavi domestici evidenzia il privilegio, rispetto agli addetti ai lavori pesanti, di chi condivideva quotidianamente la vita negli spazi domestici; 
- Schiavi nei campi, si tratta dell’agricoltura, contesto sicuramente più svantaggiato, per la fatica quotidiana, la presenza di un sorvegliante plenipotenziario e a volte per l’uso delle catene nei campi; 
- Schiavitù femminile e sfruttamento sessuale, per le quali la prostituzione era così frequente da renderne necessaria la proibizione per legge; 
- Mestieri da schiavi alcuni dei quali conferivano ulteriore marchio di infamia, come le prostitute, i gladiatori, gli aurighi e gli attori; 
- Schiavi bambini, del cui impiego nell’economia domestica padronale restano molte testimonianze archeologiche; 
- Schiavi nelle cave e miniere, descrive la condizione di lavoro e di vita cui erano costretti coloro che rifornivano di marmi e metalli preziosi la capitale e gli altri centri dell’impero; 
- Una strada verso la libertà, dedicata alla manumissio, vera e propria occasione offerta dal diritto romano agli schiavi più meritevoli e a quelli che erano riusciti, arricchendosi, a comprare la propria libertà; 
- Schiavitù e religione, esplora il rapporto della schiavitù con alcuni aspetti del culto ufficiale romano. 

Curatore/i Claudio Parisi Presicce, Orietta Rossini con Lucia Spagnuolo 
Museo dell'Ara Pacis, Spazio espositivo Ara Pacis 
Orario Dal 31 marzo al 17 settembre 2017 Tutti i giorni 9.30-19.30 


02/04/17

E' morto Evtusenko. Poesia della domenica: "Distacco" di Evgenij Evtusenko.



Distacco


Il suono di un fischietto.
                                       Il crescere del rumore.
Il treno passa come un lampo,
                                       tra la polvere alta fino alla cintola.
L’arcata di un viadotto.
                                        L’ansa di un fiume.
Lontano – pioppi e campi di canapa
                                      – balenare di fazzoletti colorati.
Ragazze con allegra malizia nello sguardo,
il mercato, circondato
                                      da dighe di
                                                     orci luccicanti,
 montagne di sacchi su carri,
                                         catinelle piene
                                                    di fragole di giardino,
sirene di locomotive
                                       intorno alle pompe degli scali, 
vagoni,
              marciapiedi
                               e pensiline di stazioni,
                                                                caselli ferroviari,
casette di legno,
              pali di telegrafo,
villaggi,
              cespugli,
                           ponti..
 Abbiamo già preso posto.
                                               E già la hostess
ha distribuito le materassine.
E già, strada facendo, ci siamo
                                                affiatati.
Ai nuovi nomi ci siamo abituati.
Già il mio compagno ha tirato fuori un tramezzino,
già si fa coda per l’acqua.
Già qualcuno, deposto a terra
                                              un pesante bagaglio,
ha tracciato l’immancabile “pul’ka”,
un’armonica lontana
                                              ha improvvisato una polca,
suoni di allegria,
                                           senza rimpianti,
 e io,
      sistemato nella cuccetta superiore,
avvolto in una nuvola di tabacco Belomòr,
ascoltavo.
Chissà da dove
                approdava un soffio
                                   di fresca estate
tra il lungo gemito dei respingenti
                                e i secchi contraccolpi delle ruote,
e a un tratto –
                     un dialogo:
                                     “Indovina, amico mio, indovina
che ragazza ho incontrato!
Se solo potessi fare amicizia,
                                                conoscerla meglio, rivederla almeno una volta…” “Ma piantala, con queste assurdità! Ma dove credi che la rivedrai?”
                                                “La rivedrò!”
“Ma davvero pensi che la ritroverai?”
                                                          “La ritroverò!”
Ascoltavo, come una corda vibra al suono; 
                                                  come un’eco, ascoltavo
le confidenze di sconosciuti.
Scusate.
                    Anch’io lasciavo qualcuno,
 anch’io mi separavo
                    dalla mia ragazza.
Sì, mia brava ragazza,
                    che senso
ha lamentarsi perché ci attende
                          un nuovo disagio,
                                                 una nuova inquietudine?
Non te ne vai forse anche tu?
                                             Ma tu, soltanto,
da una stazione diversa per diversa strada…
 Non m’importa che la gente
                               di casa
 dica di me:
 “Quando si stancherà,
                        alla fine,
                        di ripartire, di andar lontano, sempre?…”
Sì, andarmene lontano, questo per me ci vuole,
 correre col treno,
                   rotolare con la neve,
incontrarti di nuovo
                   e poi di nuovo –
                                       via! partire.
 A ogni nuova separazione,
                  sempre più ti avvicini.
A te
           io vengo
                      per sentieri di cerca.
“Ma dove credi che la rivedrai?”
                                                   “La rivedrò!”
“Ma davvero pensi che la ritroverai?”
                                                             “La ritroverò”.

Evgenij Evtušenko, 1952, tratto da Poesie, traduzione di Alfeo Berdin, Garzanti, 1970.

24/03/17

Menomale che ci sono i Mecenati stranieri: Tornerà alla luce il Foro di Cesare !



Dalla Danimarca arriva un importante atto di mecenatismo per riportare alla luce il Foro di Cesare nella sua interezza

Un significativo contributo alla conoscenza della storia che si cela nell'area archeologica dei Fori Imperiali, patrimonio culturale dell'umanità. 

Ne dà notizia il campidoglio che spiega in una nota che la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ha siglato nei giorni scorsi una convenzione con l'Accademia di Danimarca, del valore di € 1.500.000 erogato dalla Fondazione Carlsberg di Copenhagen (senza alcun onere di spesa a carico dell'amministrazione capitolina), finalizzata all'ampliamento del Foro di Cesare, tuttora l'unico dei cinque complessi architettonici imperiali a essere visibile nell'intera lunghezza originaria, mentre l'apprezzamento della sua larghezza è impedito dal fatto che un'ampia parte di esso giace ancora sotto il bordo di Via dei Fori Imperiali

L'intervento, possibile grazie al significativo apporto danese, si innesta in un percorso di risistemazione dell'area promosso dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l'Area Archeologica Centrale di Roma, e costituisce la prima tappa di un più articolato e complessivo disegno che mira alla creazione di un rapporto armonico tra l'antico e la città moderna, restituendo in tal modo continuità al racconto storico di cui la Roma contemporanea è il risultato. 

Le attività oggetto dell'accordo con la Danimarca avranno una durata di tre anni, eventualmente rinnovabile, e comprendono nella fase preliminare la realizzazione di un programma di ricerche finalizzato alla conoscenza delle varie fasi del complesso e alla sua fruizione

Seguirà la fase operativa con la realizzazione dello scavo archeologico in cui verranno effettuate le indagini stratigrafiche, la numeratura e schedatura dei reperti, il rilevamento e la documentazione grafica e fotografica dei ritrovamenti e la esecuzione degli interventi di primo restauro su murature e materiali. 

L'area corrispondente all'antico Foro di Cesare è stata in larga parte scoperta nel corso di due ampi interventi di scavo realizzati dal Governatorato di Roma nel 1932-1933 e dalla Sovrintendenza Capitolina nel 1998-2000

Attualmente sono visibili i lati occidentale e meridionale, occupati dai portici, e un ampio tratto di quello corto settentrionale al cui centro rimangono i resti del Tempio di Venere Genitrice, con tre colonne della peristasi rimontate nel 1933

Obiettivo dello scavo è quello di riportare alla luce il fianco orientale del tempio e l'intero portico orientale della piazza, attualmente sepolti sotto la sede stradale di via dei Fori Imperiali e sotto i marciapiedi e le aiuole che la fiancheggiano. Lo scavo potrebbe aggiungere, inoltre, importanti dati storico-scientifici alla conoscenza delle vicende medievali e moderne del monumento; nel sottosuolo è infatti presente una ricca sequenza stratigrafica riguardante soprattutto i secoli centrali del Medioevo, quando nell'area della piazza si insediò un agglomerato umano con le tipiche abitazioni dell'epoca, delle quali sono stati ritrovati molti resti

Sulla base della sequenza stratigrafica è poi prevedibile anche il ritrovamento di nuove sepolture afferenti a una necropoli protostorica dei secoli XI-X a.C. della quale tra il 1998 e il 2008 sono state già scavate 10 tombe, reperti importantissimi che consentono di ricostruire il paesaggio pre-urbano della nascente città di Roma e di gettare ulteriore luce sulle modalità della sua fondazione.

23/03/17

"Storia del mondo in 500 camminate" di Sara Baxter: esce un libro per scoprire e sognare.


Valicare le Alpi come Annibale con gli elefanti o calpestare lo stesso basolato dei crociati armati fino a i denti alla conquista della Terra Santa. Sognare di merci e pietre preziose sulle Mura di Xi'An ripercorrendo l'antica via della Seta e poi su per il Monte Roraima, nella jungla piu' intricata del Venezuela, che gli indigeni Penom vogliono abitata dagli spiriti ancestrali mawari. 

Viaggiare nel tempo? Un modo c'e'. "Basta scegliere il giusto mezzo di trasporto: le proprie gambe. E, certo, usare un po' di immaginazione". 

Parola di Sara Baxter, gia' firma del Wanderlust, vera e propria bibbia del moderno viaggiatore evoluto, oltre che per il Guardian, The Telegraph e una decina di guide Lonely Planet, oggi autrice di un'inedita "Storia delmondo in 500 camminate" (ed. Rizzoli, pp. 400 - 29,00 euro). 

Una guida illustrata, attraverso paesi e tempi, con passeggiate in tutto il mondo (di lunghezza e difficolta' variabile), che spaziano dal Circolo polare artico alla Grande muraglia cinese, dalla via Francigena che dalla cattedrale di Canterbury in Gran Bretagna vien giu' fino alla Basilica di S. Pietro a Roma e il Grand Canyon americano, con i suoi rossi unici al mondo. 

Avventure da scegliere (o anche solo sognare) non solo per i paesaggi mozzafiato o le opere d'arte, ma per ricalcare passi ormai millenari ed entrare in contatto con il passato. Suddivise in sei capitoli in ordine cronologico, le camminate partono infatti dalla preistoria per arrivare al Novecento passando per il Mondo antico, Medioevo ed Eta' moderna. 

 Alcune sono rotte da sognare almeno una volta nella vita come il Cammino degli Inca: quattro giorni attraverso le Ande Peruviane lungo vie lastricate del XV secolo fino alla citta' perduta di Machu Picchu, miracolosamente scampata ai conquistadores spagnoli

Altre hanno il sapore della sfida eterna, come le nevi perenni dell'Himalaya o i misteriosi Moai scolpiti all'isola di Pasqua

Altre ancora vantano nomi evocativi come il sentiero dei Fuggiaschi in Sudafrica o del Filosofo in Giappone. 

"Ma ogni volta - scrive la Baxter - non importa dove, state certi che qualcuno o qualcosa vi ha preceduti su quello stesso percorso" Tra transumanze, sentieri di pellegrini, rotte commerciali, marce militari e coraggiose esplorazioni, ecco allora il giro dell'Uluru, il grandioso massiccio sacro al popolo degli aborigeni australiani, o il sentiero del Vallo costruito dall'imperatore Adriano duemila anni fa in Gran Bretagna per tenere lontani i barbari.

C'e' l'ascesa alla Boccia d'oro, in Birmania, con una gigantesca roccia pericolosamente in bilico che si dice sia retta appena da un capello di Buddha. O il sentiero del Muro di Berlino, dove rivivere, passo dopo passo, una delle pagine piu' atroci del Novecento lungo la barriera che fino all'89 divideva in due la citta', Checkpoint Charlie compreso. 

Senza andare troppo lontano, tanti i percorsi anche in Italia. 

Come la salita al Vesuvio, "modestamente" indicato come "uno dei vulcani piu' pericolosi al mondo", o la Via Appia, viaggio nel tempo in una delle primissime strade romane, dove ancora oggi si puo' passeggiare tra resti gloriosi e le Mura Aureliane. 

E per chi ha un po' di ferie in vista di Pasqua, il percorso puo' diventare anche occasione spirituale. Ecco allora il cammino di Abramo: 970 km tra Turchia, Giordania, Palestina e Israele, dal monte Nemrut a Petra, sui passi del patriarca biblico. O i segni lasciati da Cristo, in Galilea, in cammino da Nazaret alle rive del lago di Tiberiade. Fino alla vetta del Monte Sinai, da conquistare in Egitto, arrampicandosi all'alba fin lassu', dove Mose' incontro' Dio. 

22/03/17

La chiesa di Santa Maria della Vittoria e lo scandaloso Ermafrodito.




La chiesa di Santa Maria della Vittoria, all’angolo tra via xx Settembre e piazza San Bernardo, costruita da Carlo Maderno nel 1608, su committenza del cardinale Scipione Borghese, è una delle più famose di Roma (conserva, fra l’altro, i trofei, cioè le bandiere e le insegne sottratte ai turchi nella battaglia di Praga del 1757), soprattutto per la splendida cappella Cornaro, opera di Gian Lorenzo Bernini, che ospita una delle più insigni opere della scultura di tutti i secoli, di straordinaria modernità, L’Estasi di santa Teresa.

La scultura del Bernini ha da sempre colpito l’immaginazione dei visitatori proprio per quella componente erotica che il grande artista riuscì a infondere nell’atto mistico per eccellenza della santa, ovvero l’estasi.


Per uno strano scherzo del caso, proprio le fondamenta di questa chiesa restituirono, nel corso dei secoli, una delle opere più conturbanti della scultura classica: il celebre Ermafrodito, capolavoro dell’arte ellenistica.

Il ritrovamento dell’opera avvenne dunque proprio in via xx Settembre e proprio quando si decise di dare vita alla nuova chiesa.

In un territorio che era quasi completamente campagna, i frati carmelitani scalzi possedevano una vigna con un romitorio, e decisero di costruire una chiesa da dedicare a san Paolo. I lavori, cominciati nel 1608, si protrassero a lungo. 

Nel 1619, come riferiscono le cronache dell’epoca, «nel piantarsi una spalliera nell’orto del convento», i costruttori videro con sorpresa emergere dalla terra smossa il candore di una statua classica, che si rivelò, una volta estratta, una splendida scultura di ermafrodito dormiente, subito identificata come la copia romana di un capolavoro ellenistico realizzato dal Policle nel ii secolo a.C., di cui parla Plinio nella sua HistoriaNaturalis.

La bellissima scultura mostrava un corpo “ambiguo” semiaddormentato, riverso, che nell’atto di girarsi nel sonno, mostrava i caratteri di entrambi i sessi.

Un soggetto che era assai diffuso nella Roma e, soprattutto, nella Grecia classica, ma lo era molto meno nell’epoca della Roma cattolica del Seicento. Il rinvenimento, infatti, imbarazzò non poco i frati, i quali decisero di donare l’opera al cardinale Scipione Borghese, famelico collezionista e nipote del papa, Paolo v.

Così orgoglioso del suo nuovo trofeo, il cardinale diede ordine di trasportare  la statua nella sua villa, a porta Pinciana, e ne dispose il restauro affidandolo al suo scultore prediletto, Gian Lorenzo Bernini, il quale, dopo averla lungamente studiata, decise di valorizzarla, adagiando il corpo dell’ermafrodito su di un morbido materasso marmoreo e di un soffice cuscino, riprodotti con incredibile virtuosismo.

Per suggellare poi l’opera a vantaggio dei suoi committenti, Bernini, creò una specie di letto di legno – su cui poggiava il materasso e l’intera scultura – imprimendovi sopra lo stemma araldico dei Borghese e l’iscrizione: «duplex cor uno in pectore / saepeinvenies / Cave insidias», (troverai spesso due cuori nello stesso petto: guardati dagli inganni). Ma la scultura non rimase  per sempre nella sala approntata dal cardinale Borghese: nel 1807, pressato dai debiti e costretto dai giochi di potere, il principe Camillo Borghese II fu costretto a vendere l’intera collezione – compreso l’Ermafrodito– al cognato Napoleone Bonaparte.



La scultura prese così la strada della Francia, e oggi costituisce uno dei pezzi più apprezzati della collezione d’arte antica del Museo del Louvre, a Parigi, mentre l’opera che si può vedere al palazzo Massimo alle terme è semplicemente una copia.

Anche se lontana, la storia dell’ermafrodito romano continua comunque a incantare, soprattutto per il suo richiamo mitico: Ermafrodito, infatti, secondo la mitologia, era il figlio di Hermes (Mercurio) e di Afrodite (Venere). La ninfa Salmace  (di cui canta Ovidio nelle Metamorfosi) si innamorò di lui, senza essere ricambiata. Nella fontana sacra alla ninfa, vicino ad Alicarnasso, Salmacide si avvinghiò così forte al corpo dell’amato (che stava nuotando) da fondersi con lui. I due divennero quindi un essere solo – metà uomo e metà donna – indivisibile per l’eternità.


Una storia che ancora oggi affascina e incanta.

Forse anche per esorcizzare il ritrovamento scandaloso, la chiesa di Santa Maria della Vittoria, fu invece intitolata alla Madonna: la vittoria di Praga – riportata dalle armate cattoliche di Ferdinando ii d’Asburgo su quelle protestanti (1620) al termine della guerra dei Sei anni – era stata infatti attribuita al ritrovamento inaspettato di un’immagine della Vergine, che fu però distrutta da un incendio scoppiato la notte del 29 giugno 1833.


L’attuale icona, conservata sull’altare maggiore, è una copia, fatta rifare a spese del principe Torlonia, che impreziosì anche l’altare di ornamenti e rari marmi. 

Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata. Tratto da Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di RomaNewton Compton Editore

"Pompei e i Greci", dal 12 aprile, una grande imperdibile mostra.





La mostra, curata dal Direttore generale Soprintendenza Pompei Massimo Osanna e da Carlo Rescigno (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli), è promossa dalla Soprintendenza Pompei con l’organizzazione di Electa. 

Pompei e i Greci racconta le storie di un incontro: partendo da una città italica, Pompei, se ne esaminano i frequenti contatti con il Mediterraneo greco.

Seguendo artigiani, architetti, stili decorativi, soffermandosi su preziosi oggetti importati ma anche su iscrizioni in greco graffite sui muri della città, si mettono a fuoco le tante anime diverse di una città antica, le sue identità temporanee e instabili.

Sono oltre 600 i reperti esposti tra ceramiche, ornamenti, armi, elementi architettonici, sculture provenienti da Pompei, Stabiae, Ercolano, Sorrento, Cuma, Capua, Poseidonia, Metaponto, Torre di Satriano e ancora iscrizioni nelle diverse lingue parlate -greco, etrusco, paleoitalico-, argenti e sculture greche riprodotte in età romana.

La mostra nasce da un progetto scientifico e da ricerche in corso che per la prima volta mettono in luce tratti sconosciuti di Pompei; gli oggetti, provenienti dai principali musei nazionali e europei, divisi in 13 sezioni tematiche, rileggono con le loro ‘biografie’ luoghi e monumenti della città vesuviana da sempre sotto gli occhi di tutti.

L’allestimento espositivo, che occupa gli spazi della Palestra Grande di Pompei, è progettato dell’architetto svizzero Bernard Tschumi e include tre installazioni audiovisive immersive curate dallo studio canadese GeM (Graphic eMotion).

La grafica di mostra e la comunicazione sono disegnate dallo studio Tassinari/Vetta. Pompei e i Greci illustra al grande pubblico il fascino di un racconto storico non lineare, multicentrico, composto da identità multiple e contraddittorie, da linguaggi stratificati, coscientemente riutilizzati: il racconto del Mediterraneo.

Una narrazione che suggerisce non da ultimo, un confronto e una riflessione con il nostro contemporaneo con il suo dinamismo fatto di migrazioni e conflitti, incontri e scontri di culture.

La mostra di Pompei è la prima tappa di un programma espositivo realizzato congiuntamente con il Museo Archeologico di Napoli: qui, a giugno, si inaugurerà una mostra dedicata ai miti greci, a Pompei e nel mondo romano, e al tema delle metamorfosi.


Pompei e i Greci
sede Pompei, Palestra Grande 
orari aperto tutti i giorni dal 14 aprile al 31 ottobre dalle 9.00 alle 19.30 (ultimo ingresso alle 18) 
1-27 novembre dalle 9 alle 17 (ultimo ingresso alle 15.30) 
chiuso 1 maggio

21/03/17

"La caduta delle utopie è la caduta stessa del futuro", Claudio Magris sull'Europa, a Berlino.




"In Europa bisogna eliminare il principio dell'unanimità perché così non si va avanti. L'unanimita' non e' un principio delle democrazie ma delle dittature". 

Lo ha detto lo scrittore Claudio Magris intervenendo all'Ambasciata d'Italia a Berlino in occasione della manifestazione Dedika 2017, organizzata dall'Istituto di cultura italiano, in concomitanza con le celebrazioni del 60mo anniversario della firma dei Trattati di Roma

"Dell'Europa colpisce un po' il tentennare, il voler conciliare tutto e il suo contrario", ha proseguito Magris sottolineando il sogno di un'Europa federale. 

"Vorrei votare il mio presidente dell'Unione e vorrei che gli Stati nazionali fossero quello che i Laender tedeschi sono per la Germania", ha aggiunto, "la tutela degli interessi nazionali non deve diventare partigiana".

"La caduta delle utopie e' la caduta stessa del futuro", ha aggiunto Magris.  Le utopie del Novecento sono state il tentativo grandioso e tragicamente fallito della politica di controllare l'economia, "oggi uno dei disastri e' il discredito dell'utopia".

Per Magris si e' "perso il senso che il mondo cosi' come e' non basta e che non va solo amministrato". 

Prevale una mancanza di visione del futuro, ha proseguito, c'e' "una terribile caduta dell'idea stessa che possa pensarsi un futuro diverso"

Per lo scrittore triestino, il disincanto necessario, il sapere come vanno le cose, va associato alla "capacita' di incantarsi", di immaginare che "le cose possano essere diverse, almeno un po'"

"I realisti sono quelli che comprendono poco la realta'", ha concluso Magris.

Nel confronto con altri popoli e altre culture, "siamo in un momento in cui dobbiamo decidere cosa accettare e cosa respingere".  Per lo scrittore triestino "bisogna unire il massimo possibile di relativismo, cioe' di apertura alle culture degli altri, con il minimo necessario di universalismo": principi irrinunciabili, come "l'uguaglianza dei diritti delle persone". 

Per Magris l'apertura alle altre culture e' necessaria, "ma un mondo in cui tutto e' permesso e' un mondo orribile".

20/03/17

Torna "La luna sul Colosseo", visite notturne all'Anfiteatro Flavio.




Torna "La luna sul Colosseo", visite notturne all'anfiteatro Flavio fino al 31 dicembre, con tappa ai sotterranei e gallerie interne 

Il percorso comincia dal piano dell`arena, da dove si scorgono le profondità dei sotterranei, le cavità delle gallerie e il susseguirsi delle arcate interne del monumento, resi particolarmente suggestivi dall`illuminazione serale. 

Qui si raccontano gli spettacoli munera et venationes (duelli tra gladiatori e cacce), la storia e l`architettura del monumento. 

Le aperture serali dell`anfiteatro consentono anche la visita ai sotterranei, mostrando i luoghi in cui gladiatori e belve feroci attendevano prima di apparire al cospetto del pubblico per sfidarsi in combattimenti e cacce cruente, e spiegando il funzionamento dell`apparato tecnico che consentiva il sollevamento di uomini e animali dai sotterranei all`arena. 

 Quest`anno il percorso sarà arricchito dalla visita alla mostra "Colosseo. Un`icona", promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l`area archeologica centrale di Roma con Electa, che andrà avanti fino al 7 gennaio 2018

 Le visite di 75 minuti - in italiano, inglese e spagnolo - si terranno fino al 31 dicembre 2017.


19/03/17

Perché il Cristo della Pietà scolpito da Michelangelo ha un dente in più ? Una scoperta inquietante che ha una risposta.




C'e' qualcosa che forse gli appassionati di arte non hanno notato guardando la Pieta' di Michelangelo, custodita nella Basilica di San Pietro a Roma

Un dettaglio per certi versi impercettibile ma intrigante. La presenza, nel volto del Cristo, di un dente in piu', il quinto incisivo centrale, che all'epoca veniva considerato il 'dente del peccato', il 'dente bastardo', ma in realta' dal punto di vista odontoiatrico ha un nome ben preciso: mediodens (presenza di denti in sovrannumero).

Perche' il Cristo viene scolpito con un incisivo in piu'? 

Sappiamo che Michelangelo non faceva mai nulla di casuale

La ragione e' che cosi' sembra assumere, prendere su di se',tutti i peccati del mondo

A evidenziarlo lo storico dell'arte Marco Bussagli, dell'Accademia di Belle Arti di Roma, in una lettura inaugurale al XVIII Congresso Internazionale su Parodontologia e Salute Orale a Rimini della SIdp (Societa' italiana di parodontologia e implantologia)

"L'idea del quinto incisivo come dente del peccato in realta' e' precedente a Michelangelo, l'esempio piu' antico e' la Pieta' di Lorenzo Salimbeni - evidenzia lo storico, che per primo ha identificato questo dettaglio dedicando al tema diversi testi, l'ultimo dei quali nel 2014 - oltre a Michelangelo, che lo utilizzo' pure in alcuni volti del Giudizio Universale, compare anche in Botticelli, nel Demonio delle illustrazioni della Divina Commedia". 

 Anche la bellissima Cleopatra di casa Buonarroti ne possiede uno, perche' considerata 'lussuriosa'. 


particolare della Bocca socchiusa del Cristo scolpito da Michelangelo con indicato il quinto incisivo.

17/03/17

Spegnete le vostre luci ! Il prossimo 25 marzo è l'Ora della Terra.




E' iniziato ufficialmente il conto alla rovescia per il più grande evento globale dedicato alla sfida contro i cambiamenti climatici - Earth Hour / Ora della Terra del WWF - che quest'anno celebra i 10 anni dalla sua prima edizione del 2007 svoltasi a Sidney

L'invito è quello di spegnere simbolicamente per un'ora, dalle 20.30 di ciascun paese, le luci in casa, in ufficio, al ristorante magari cenando a lume di candela: l'effetto di questa grande mobilitazione globale che unirà di nuovo centinaia di milioni di persone, sarà una grande ola di buio che per 24 ore farà il giro della Terra.

Nel 2016 ben 178 paesi parteciparono spegnendo le principali icone mondiali come l'Opera House di Sydney, il Cristo Redentore a Rio de Janeiro, la Torre Eiffel, il Ponte sul Bosforo

Partecipare ad Earth Hour vuol dire anche informare e sensibilizzare sui cambiamenti climatici, sfruttando la forza dei social network. 

Dalla piattaforma sarà possibile donare il proprio profilo facebook e contribuire a diffondere i messaggi del WWF contro i cambiamenti climatici

"Il cambiamento climatico ha tanti volti e impatti diversi in ogni angolo del pianeta, ma la realtà è uguale per tutti: il momento per cambiare il clima che cambia è ora - ha dichiarato Donatella Bianchi, Presidente di WWF Italia - Earth Hour negli anni ha dimostrato che centinaia di milioni di persone in tutto il mondo comprendono quanto la sfida del clima sia centrale per il Pianeta, per il benessere umano e la sopravvivenza di specie animali e vegetali. Il 25 marzo questo grande movimento globale per il clima fatto di singole persone, comunità e organizzazioni, farà sentire la propria voce per chiedere di accelerare gli impegni verso una rapida decarbonizzazione delle nostre economie, per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, secondo l'impegno assunto con l'Accordo di Parigi". 

 Il 2016 è stato l'anno più caldo da quando esistono le registrazioni scientifiche e dai rilievi è risultato che per il 2016 abbiamo un'anomalia rispetto al periodo preindustriale pari a + 1,3 °c

Per l'Artico, come riportato nell'Arctic Report Card della NOAA statunitense, l'incremento è stato di * 2°c. 

Inoltre la concentrazione di CO2 nella composizione chimica dell'atmosfera ha raggiunto le 400 parti per milione, un livello che gli scienziati ritengono non sia mai stato toccato negli ultimi 23 milioni di anni. 

Un recente studio coordinato dell'Enea sull'innalzamento del Mar Mediterraneo negli ultimi 1.000 anni stima nei prossimi 100 anni un'accelerazione netta dell'innalzamento

Tra il 2016 e il 2017 si sono registrate molte anomalie e temperature record: in Australia, per esempio, si è appena conclusa un'estate 'arrabbiata' caratterizzata da ondate di calore, incendi e alluvioni, con temperature record in alcune aree vicine ai 50°C.

Il caos climatico indotto dall'intervento umano purtroppo già colpisce sia molte comunità umane, a cominciare da quelle più fragili e più povere e che abitano sulle isole o lungo le coste, sia molte specie animali come orsi, pinguini, numerose altre specie di mammiferi e uccelli e di anfibi, colpendo inoltre tantissime altre specie sia di animali invertebrati (dagli insetti ai molluschi) che di piante. 

Secondo le ultime analisi sono migliaia le specie del pianeta che risentono degli impatti negativi del cambiamento climatico

Guardando in particolare le sole specie inserite nella Lista Rossa di specie a rischio, un recente studio ha denunciato a rischio 'climatico' quasi la metà dei mammiferi e circa un quarto degli uccelli: in una precedente analisi le percentuali erano molto più basse, rispettivamente il 7% e il 4%. 

Per questo l'edizione 2017 di Earth Hour - Ora della Terra in Italia sarà dedicata con particolare attenzione alle specie 'simbolo', a partire dall'orso polare destinato ad estinguersi molto rapidamente se non ci affretteremo ad azzerare le emissioni di CO2 e sostenere la specie con specifici interventi di tutela, come quelli attivati dal WWF.

Quest'anno in Italia tra i monumenti simbolo coinvolti, si spegneranno a Roma la basilica di San Pietro, il Colosseo e il Museo Maxxi firmato dall'archistar Zaha Hadid, scomparsa lo scorso anno.

 E proprio l'area esterna del Museo nazionale delle arti del XXI secolo diventerà per un giorno la piazza di 'Aspettando Earth Hour' con laboratori per bambini, giochi ed eventi di intrattenimento in attesa del conto alla rovescia finale. 

Tra le altre adesioni che stanno via via arrivando, quella sera luci spente anche a Firenze il Ponte Vecchio, Palazzo Vecchio e la Torre di Arnolfo, la Cupola del Duomo, la Statua del David (a Piazzale Michelangelo), la Basilica di Santa Croce, e l'Abbazia San Miniato al Monte. A Torino la Mole Antonelliana, il Duomo, la Basilica di Superga, Palazzo Civico, Chiesa della Gran Madre di Dio, la Chiesa di Santa Maria al Monte dei Cappuccini. Inoltre l'Arena di Verona, la Scalinata del Pincio a Bologna, Piazza del Ferrarese a Bari, il Palazzo delle Aquile, Piazza Pretoria, la facciata del teatro Politeama a Palermo, mentre in Molise hanno aderito ben 76 Comuni. Earth Hour ha già ricevuto il Patrocinio della Camera e del Senato

Anche quest'anno partecipano ad Earth Hour rappresentanti del settore privato, con diverse attività ed iniziative di sensibilizzazione. Wind Tre promuove l'iniziativa sui propri canali di comunicazione web e social, coinvolgendo anche i propri clienti nel sostegno all'iniziativa. Tra le Aziende Partner del WWF Italia aderiscono all'evento Auchan e Simply, Eurojersey, Gruppo Gianasso - I Provenzali, Mutti, Save the Duck, Sofidel, UniCredit e Unilever Italia, attraverso spegnimenti simbolici e attività di sensibilizzazione e promozione della mobilitazione WWF sui loro canali di comunicazione.