04/11/13
Quel che c'è da sapere sull'amore - di Jalāl al-Dīn Rūmī,
Uno si recò alla porta dell'amata e bussò.
Una voce rispose: "Chi è là !"
Egli rispose: "Sono io".
La voce rispose: "Non c'è posto per Me e per Te."
La porta restò chiusa.
Dopo un anno di solitudine e privazioni egli ritornò e bussò.
Una voce da dentro chiese: "Chi è là !"
L'uomo disse: "Sei tu."
La porta si aprì per lui.
Jalāl al-Dīn Rūmī
(Scritta intorno all'anno 1250)
Vita di Rumi:
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Dervisci Rotanti:
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03/11/13
La poesia della domenica - 'Er salice piangente' di Trilussa.
Er salice piangente.
- Che fatica sprecata ch'è la tua!
- diceva er Fiume a un Salice Piangente
che se piagneva l'animaccia sua -
Perchè te struggi a ricordà un passato
se tutto quer che fu nun è più gnente?
Perfino li rimpianti più sinceri
finisce che te sciupeno er cervello
per quello che desideri e che speri.
Più ch'a le cose che so' state ieri
pensa a domani e cerca che sia bello!
Er Salice fiottò: - Pe' parte mia
nun ciò né desideri né speranze:
io so' l'ombrello de le rimambranze
sotto una pioggia de malinconia:
e, rassegnato, aspetto un'alluvione
che in un tramonto me se porti via
co' tutti li ricordi a pennolone.
Trilussa, da Libro Muto, 1935.
02/11/13
Nel giorno dei morti, la morte secondo Einstein.
Nel giorno dei morti risuonano queste parole di Albert Einstein.
L'essere umano è parte di quel tutto che chiamiamo universo. Egli sperimenta se stesso come separato dal resto: un tipo di illusione ottica della coscienza.
A queste si aggiungono quelle del fisico Erwin Schroedinger:
Per quanto possa sembrare inconcepibile al senso comune, voi, e tutti gli altri senzienti, costituite un tutto indivisibile.
Questi pensieri sono suggellati in un due versi del poeta Yves Bonnefoy:
Non c'è deserto più se tutto è in noi
Non c'è più morte.
(Citazioni tratte da La morte si sconta vivendo, di M.Guzzi, in Sarà così lasciare la vita ? a cura di Livia Crozzoli Aite, Paoline 2001.).
(Citazioni tratte da La morte si sconta vivendo, di M.Guzzi, in Sarà così lasciare la vita ? a cura di Livia Crozzoli Aite, Paoline 2001.).
01/11/13
L'annuncio sul giornale di Laurie Anderson per il marito scomparso, Lou Reed.
“Ai nostri vicini: Che autunno meraviglioso! Tutto luccica e splende come oro e tutta quella incredibile luce morbida. L’acqua ci circonda.
Lou e io abbiamo passato molto tempo qui negli ultimi anni, e anche se siamo gente di città questa è la nostra casa spirituale.
La settimana scorsa avevo promesso a Lou di portarlo fuori dall’ospedale per tornare a casa, a Springs. E l’abbiamo fatto! Lou era un maestro di Tai chi e ha passato i suoi ultimi giorni qui, felice, abbagliato dalla bellezza, e dalla forza, e dalla dolcezza della natura.
E’ morto domenica mattina guardando gli alberi e facendo la famosa posizione 21 del Tai chi, con le sue mani da musicista che si muovevano nell’aria.
Lou era un principe e un combattente e so che le sue canzoni sul dolore e la bellezza del mondo riempiranno molta gente dell’incredibile gioia che aveva per la vita. Lunga vita alla bellezza che scende, attraversa e si impadronisce di tutti noi.
Laurie Anderson, moglie innamorata e amica eterna”.
Così Laurie Anderson, la compagna di Lou Reed nel messaggio nel ricordo del marito, pubblicato ieri sul giornale locale The East Hampton Star.
31/10/13
L'esistenza (Bugge Wesseltoft).
A pochissimi spiriti è dato scoprire che le cose e gli esseri esistono.
Simone Weil
30/10/13
Goffredo Parise: "Gli italiani non hanno mai amato l'idea dello Stato, è estranea al loro cuore e al loro cervello."
«La mia ragione e il mio sentimento sono condotti da un'idea estremamente elementare: l'enorme difficoltà di molti italiani a concepire non soltanto l'idea dello Stato ma soprattutto l'idea della democrazia».
Così scriveva Goffredo Parise nella rubrica di corrispondenza con i lettori del Corriere della Sera tenuta tra il 1974 e il 1975. Alcune di quelle risposte sono raccolte da Adelphi in Dobbiamo disobbedire (76 pagine, 7 euro a cura e con una postfazione di Silvio Perrella).
Negli anni in cui con i Sillabari, Parise aveva deciso di tornare ai sentimenti primari e a una scrittura quasi trasparente nella sua limpidezza, anche il suo sentimento civico si volgeva ai "fondamentali". Con la sensibilità rabdomantica del grande artista percepiva esattamente cosa stava cambiando e cosa permaneva nello spirito degli italiani. Individuando quelle costanti di fondo che restano vere ancora oggi.
«L'Italia non vuole più essere l'Italia. Gli italiani (parlo della grandissima maggioranza) non vogliono più essere italiani. Se ne fregano dei monumenti, dei musei, di San Pietro e della chiesa cattolica, dei Palazzi Pitti e Uffizi; ci mandano i loro figli con la scuola, ma se ne fregano, e se ne fregheranno i loro figli quando sarà il momento. Gli italiani non vogliono più essere italiani perché vogliono essere ancora meno che regionali, vogliono essere "paesani", "paisà", perché l'unità d'Italia, che del resto non c¿è mai stata, oggi c'è meno che mai. Oggi l'Italia è spezzata non in staterelli, ma in "lotti", in piccole, piccolissime, proprietà private a cui gli italiani, nel loro povero animo e nel loro povero corpo privi di Stato tengono in modo fanatico.
Per gli italiani di oggi, non di ieri, l'Italia è il "lotto", il proprio terreno, la propria villetta, il proprio "bicamere e servizi", costruiti da geometri o finti architetti secondo i propri gusti e soprattutto in materiali pressoché eterni come il cemento armato che diano a quei poveri corpi e a quelle povere anime senza Stato l'illusione di averne uno, indistruttibile. Se potessero costruirsi un bunker, con fabbrichetta accanto e un proprio esercito personale, lo farebbero. Il perché è troppo lungo da spiegare, fondamentalmente va ricercato nell'assenza non soltanto dello Stato ma dell'idea dello Stato (che fa lo Stato), che non gli è mai stata insegnata, che non hanno mai amata, che è ostica al loro cervello e al loro cuore, e in cui non credono».
29/10/13
The Circle Game - il Gioco della vita.
E' secondo me una delle più belle canzone che siano mai state scritte. Anche da un punto strettamente letterario. Joni Mitchell la scrisse nel 1968 per Tom Rush, e solo successivamente la inserì nel suo album Ladies of the Canion (1970). Questa versione, invece, arrangiata per l'orchestra (e con il tenor sax del grandioso Wayne Shorter è tratta da Travelogue, album del 2002.
E' una canzone misteriosa. Dall'incedere sinuoso, che cattura ipnoticamente. C'è dentro l'intero senso della vita. Sul passaggio del tempo, delle stagioni, sul nostro essere qui, incantati e soggiogati da un enigma molto più grande della nostra biologia. E' un viaggio che non stanca e non riposa. E' la nostra avventura, il nostro gioco del cerchio.
Yesterday a child came out to wonder,
Caught a dragonfly inside a jar. Fearful when the sky is full of thunder, And tearful at the falling of a star. |
28/10/13
Il distacco (e il Senso).
Ieri sera ho sentito in televisione Eugenio Scalfari, che ormai da parecchio tempo, ama rivestire i panni del teologo (disquisisce di questioni cattoliche con la competenza di un vescovo), parlare della morte e del senso della vita. Senza molti problemi ha affermato che "il senso della vita è la vita". E che l'unica difficoltà, in fondo, è il distacco.
Anni fa ho letto uno straordinario libretto di Michel Serres, intitolato Distacco.
Cosa è esattamente il distacco ? E perché le diverse tradizioni mistiche fanno riferimento a questo ?
Il termine mistico deriva dal greco myo. Che significa letteralmente chiudere (le labbra, gli occhi, lo stesso chiudersi, ad esempio, delle ferite).
Dalla stessa radice my , d’altronde, provengono sia il greco mysterion , sia il latino mutus.
La mistica nasce dunque dalla necessità – per l’uomo – di convivere con il chiudere, cioè con il finire, che è connaturale alla vita stessa.
La cosa più difficile per un uomo, per ogni uomo è accettare il distacco.
Il distacco che è al termine di ogni vita. Distacco dalle cose che abbiamo amato su questa terra: beni, cose, immagini, ma soprattutto persone amate, sentimenti, emozioni, ricordi.
Le religioni propongono approcci diversi per governare questo distacco, che all’uomo risulta doloroso, inaccettabile: una specie di dittatura della morte, che porta a privarsi di tutto ciò che si è sperimentato in vita.
Se l’uomo religioso, soprattutto in ambito cristiano, tenta di abbandonarsi al distacco rispetto al mondo, al fine di giungere a un rapporto più puro con quel Dio con il quale, in realtà, egli si sente o si vuol sentire già in rapporto, il buddhista, invece, si distacca dalle cose, dalla sfera dell’apparenza, per trovare il vero sé: per giungere, in altre parole, all’illuminazione.
In un certo senso, il buddhista si esercita – nella vita – si prepara al grande distacco della morte, sperimentandolo qui in vita.
Ma anche molte delle parole pronunciate da Cristo nei Vangeli spingono assai chiaramente nella direzione del non attaccamento:
In verità, in verità vi dico: Se il grano di frumento caduto per terra non muore esso resta solo. Ma se muore, porta molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde, e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. (Gv,12,24)
Più esplicito (o più duro) di così..
Tutto quello che passiamo in questa vita (anche il sorriso dei nostri figli, anche i nostri amori, le nostre albe, e i nostri tramonti) dovrebbe dunque avere una prospettiva diversa da quella che noi immaginiamo qui.
Che non può essere goduta appieno, se non distaccandosene.
27/10/13
La poesia della domenica - "Da questo luogo ho preso spesso congedo" di Henrik Nordbrandt
Da questo luogo ho preso spesso congedo.
A questo luogo sono spesso tornato.
Qui si vede il buio accendendo la lampada.
Qui il vento e il dolore sono ugualmente alti.
Qui sento il peso della terra che ho spostato
e vedo l'ombra della terra nel cielo di tarda estate.
Con questo luogo condivido alcuni nomi:
una selva di bambù, una danza di lucciole, la morte e l'alba.
Le mie labbra ripetono mute le parole che ha plasmato
e che hanno plasmato le mie labbra.
Da questo luogo ho preso spesso congedo.
Henrik Nordbrandt, da Il nostro amore è come Bisanzio, a cura di Bruno Berni, Donzelli, 2000.
26/10/13
Il declino culturale in Italia. L'eloquenza dei numeri.
Parliamo spesso di declino, in Italia.
Credo che, senza nessuna nota apocalittica, ma con semplice realismo, molto si può dedurre da questi semplici numeri che riporto.
Copie di libri stampate in Italia per abitante ogni anno: 3.5
Percentuale di italiani che in un anno ha letto almeno un libro: 46%.
Dal raffronto di questi due numeri è piuttosto semplice concludere che quasi DUE copie di libri per ogni abitante che vengono stampate in Italia (ovvero 120.000 MILIONI DI COPIE DI LIBRI = 2 libri per abitante x 60 milioni di abitanti), NON vengono lette da nessuno.
Il secondo dato riguarda la percentuale dei laureati sul totale della popolazione (compresa tra 25 e 64 anni nell'anno 2O11):
Regno Unito 37%.
Belgio 34.6%.
Spagna 31.6%.
Francia 29.8%.
Germania 27.6%.
Grecia 25.4%.
Slovenia 25.1%.
Italia: 14.9%.
Credo che non ci sia bisogno di aggiungere altro, se non ricordarsi del famoso adagio che recita: più un popolo è privo di conoscenza, più è facile controllarlo.
Fabrizio Falconi
25/10/13
'Il giorno più bello per incontrarti" di Fabrizio Falconi - L'e-book e la storia del libro.
Da poco tempo è disponibile on line la versione e-book de Il giorno più bello per incontrarti. (scaricabile su Kindle)
Ho scritto questo romanzo nel 2000 (pubblicato con l'editore Fazi), dopo che per la radio mi ero interessato della storia di un ragazzo veneto - si chiamava Tiziano - il quale, sofferente per disturbi della personalità - s'era più volte allontanato da casa e alla fine era stato creduto morto. Abitava infatti con la sua famiglia, poverissima, sull'isola di Pellestrina, nella laguna veneta. Un giorno, dopo molte settimane che Tiziano era sparito nel nulla, la risacca portò sulla riva dell'isolotto un corpo in decomposizione. L'autopsia, frettolosamente concluse che si trattava del ragazzo e furono celebrati i funerali.
Ben cinque anni più tardi, però, la madre di Tiziano ricevette una cartolina da un ospedale di Padova, dove il figlio risultava ricoverato.
Si scoprì così che il ragazzo si era allontanato e in stato di confusione mentale aveva vagato per lunghi mesi nell'entroterra veneto, fino ad essere accolto nell'istituto di salute mentale.
La madre recuperò il figlio risorto, lo riportò a Pellestrina, ma senza restituirlo alla vita. Tiziano si ammalò gravemente, rifiutando il cibo e morendo pochi mesi dopo.
La madre recuperò il figlio risorto, lo riportò a Pellestrina, ma senza restituirlo alla vita. Tiziano si ammalò gravemente, rifiutando il cibo e morendo pochi mesi dopo.
Questa tragica storia ispirò il libro. Il vagabondo diventò il padre di Giovanni, il protagonista del libro.
Per tutto il tempo nel quale scrissi il romanzo e anche dopo, non pensai mai a Il fu Mattia Pascal, che pure avevo letto molti anni prima. E fu il mio amico Robert P. Harrison, quando lesse il libro, a sottolinearmene la vicinanza di temi e di storia.
Anche il titolo del romanzo ha una radice molto personale: è una frase, l'ultima, pronunciata da mio padre, prima di morire. Ed è veramente singolare che in sede di editing finale, questa frase finì per essere prescelta come titolo ideale del romanzo (in effetti lo era).
Come sempre finzione e realtà hanno scelto un modo (e moto) proprio per dialogare nella forma di questa storia, che ad un certo punto della mia vicenda, ha chiesto di essere raccontata.
(Versione e-book scaricabile QUI)
24/10/13
Racconto italiano di un paese che muore. Una lettera a Roberto Napoletano de Il Sole 24 ore.
Credo che in questa lettera pubblicata domenica scorsa sul Supplemento del Sole 24 ore e indirizzata al direttore Roberto Napoletano, vi sia più di un motivo per riflettere sullo stato delle cose nel nostro paese, e sulla radice di molti dei mali che ci paralizzano. Purtroppo non sono riuscito a trovare una versione trascrivibile del testo della lettera, e ve la propongo nella versione jpeg. Si può scaricare la foto e ingrandirla, se si hanno difficoltà.
23/10/13
Dieci grandi anime. 2. Andrej Tarkovskij (6.- fine)
Dieci grandi anime. 2. Andrej Tarkovskij (6.- fine)
Sul
tema del sacrificio, dell’incontro tra il sacrificio umano – quello di Giuda
Iscariota, ma anche quello di ogni uomo, e dello stesso Tarkovskij, ormai
giunto al termine della sua vita - e
quello divino del Cristo, si giocano le ultime riflessioni del grande regista,
che sembra consegnare la sua anima, “faccia a faccia con la propria vita”, come
scrive il 4 novembre, un mese prima di morire.
Sono anche le considerazioni che
concludono il suo libro più famoso, quello nel quale Tarkovskij ha riassunto il
suo pensiero teorico, sul cinema, sulla creazione, sull’arte (20) . Nelle
ultime pagine di Scolpire il Tempo,
scrive:
Il
nostro mondo è scisso in due parti: il bene e il male, la spiritualità e il
pragmatismo. Il nostro mondo umano è
costruito, è modellato sulla base delle leggi materiali poiché l’uomo ha
costruito la propria società sul modello della morta materia. Perciò egli non
crede nello Spirito e rifiuta Dio.
C’è una speranza che l’uomo sopravviva,
nonostante tutti i segni del silenzio apocalittico preannunciato dall’evidenza
dei fatti ? La risposta a questo
interrogativo, forse, è contenuta
nell’antica leggenda sulla resistenza dell’albero inaridito, privato dei succhi
vitali, che ho preso come base del film più importante nella mia biografia
artistica (21).
Un
monaco, passo dopo passo, secchio dopo secchio portava l’acqua sulla montagna e
innaffiava l’albero inaridito, credendo senz’ombra di dubbio nella necessità di
quel che faceva, senza abbandonare neppure per un istante la fiducia nella
forza miracolosa della sua fede nel Creatore e perciò assistette al Miracolo:
una mattina i rami dell’albero si rianimarono e si coprirono di foglioline. Ma
questo è forse un miracolo ? E’ soltanto
la verità. (22)
Non ci sono forse parole migliori di
queste per raccontare cosa sono state la vita e il percorso artistico di
Tarkovskij. Il miracolo della pienezza
espressiva, creativa dei suoi film è sotto gli occhi di vecchie e nuove
generazioni. Il suo cinema è senza tempo, come la bellezza è senza tempo.
La fiducia, la fede nella vita – e nel
suo ispiratore – pur nelle traversie di una esistenza obiettivamente molto
difficile, a tratti penosa, hanno compiuto questo miracolo.
Forse meglio di ogni altro, Tarkovskij è
stato colui che con la sua arte – ma anche con il resoconto della sua vita – è
riuscito a tradurre, già in questo tempo terrestre, l’aforisma di Lao-tse, che
lo stesso regista aveva posto tra i suoi preferiti: Quel che v’è di più potente al mondo è quel che non si vede, non si
ode, e non si tocca.
(6. - fine)
Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.
20.
Scolpire il Tempo, di Andrej Tarkovskij è pubblicato in
Italia da Ubulibri, 2002, a
cura di Vittorio Nadai.
21.
Il film a cui si riferisce è l’ultimo, Sacrificio.
22.
Scolpire il Tempo, cit. pag. 211
22/10/13
Dieci grandi anime. 2. Andrej Tarkovskij (5./)
Dieci grandi anime. 2. Andrej Tarkovskij (5)
La malattia incurabile di Tarkovskij
ottiene almeno questo effetto. L’interessamento personale del presidente
francese Francois Mitterrand fa sì che Mikhail Gorbaciov, divenuto Segretario
Generale del Partito Comunista Sovietico da qualche mese, prenda a cuore la
vicenda dei familiari del regista concedendo finalmente al figlio di uscire
dalla Russia e ricongiungersi al padre.
Sono arrivati, Andrjusa e Anna Semenovna
! scrive a grandi lettere Tarkovskij nel suo diario, il 19 gennaio del 1986 e
questa pagina è accompagnata dalla prima foto che ritrae insieme padre e
figlio, di nuovo insieme dopo cinque anni. Andrjusa è un adolescente, Tarkovskij è un uomo malato, nel suo letto,
gli occhiali sulla federa, un libro (la Bibbia ?) accanto al
cuscino. Scrive: Se avessi incontrato Andrjusa per la strada non l’avrei riconosciuto.
E’ cresciuto molto, ha raggiunto 1 metro e 80 centimetri di
altezza e ha solo 15 anni ! Un dolce, buon ragazzo dai grandi denti. Tutto
questo ha del miracoloso !
Gli ultimi mesi di vita di Tarkovskij trascorrono a Parigi,
tra pause di momentanei miglioramenti, progetti per nuovi film - un Amleto,
una pellicola su Sant’Antonio, un
progetto sul Vangelo – e ancora fitte
note nei Diari, sempre più rivolte a un dialogo ultimo con Dio: Dobbiamo
abbandonare i nostri pregiudizi. Noi non sappiamo vedere. Dio solo vede e ci
insegna ad amare il nostro prossimo. L’amore trionfa su tutto. E in ciò Dio si
manifesta. Senz’amore crolla tutto. (16)
L’11 aprile, quando la malattia si è
fatta più dura, con fortissimi dolori al petto e alla schiena, e i conati di
vomito causati dalla chemioterapia, scrive:
Un’immensa
speranza è penetrata oggi nell’anima mia: non so come definirla, semplicemente
come felicità. La speranza che la
felicità sia possibile. Fin da
stamattina le finestre della mia stanza d’ospedale sono inondate di sole. Ma la
felicità non dipende da questo: ecco, è il Signore !
Un
mese dopo, Sacrificio viene
presentato al Festival di Cannes. La
giuria, all’ultima votazione gli preferisce, per la Palma d’Oro, Mission di Roland Joffé. A Sacrificio viene assegnato, tra le
polemiche (17), il Gran Premio Speciale della Giuria. Il figlio,
Andrei, va a ritirare il premio
sulla Croisette al posto del padre.
Nelle settimane successive, che gli
restano da vivere, Tarkovskij continua a
riflettere e a scrivere, febbrilmente, sul progettato film sui Vangeli. Torna sul tema del sacrificio, e di quello
che gli appare come il Sacrificio del
Cristo, che gli altri, tutti contiene e riassume.
L’amore
è sempre un donarsi agli altri, scrive. E
nonostante il termine sacrificio, sacrificale, comporti un significato quasi
negativo ed esteriormente distruttivo (se preso nella accezione del linguaggio
parlato) riferito alla persona che si sacrifica, in effetti l’essenza di
quest’atto è sempre amore, cioè un fatto positivo, creativo, divino. (18)
E
ancora: Ma perché esiste Giuda Iscariota ?
A che è servito il suo bacio ? Perché Giuda ? Evidentemente per spiegare
con chi Lui aveva a che fare: cioè con gli uomini. L’unico personaggio che porta un
inimmaginabile peso psicologico. Giuda è il motivo per cui Gesù deve compiere
la sua missione. Un esempio concreto per capire fin dove l’uomo può arrivare
nella sua caduta. Qui bisogna scavare
più in profondità ! (19) .
(segue -5./)
Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.
15. Op.cit. pag. 653.
16. Op. cit. pag. 663.
17. Sarà lo stesso presidente francese Francois
Mitterrand a definire uno ‘scandalo’ la mancata assegnazione del massimo
riconoscimento al film di Tarkovskij.
18. Op.cit. pag. 682
19. Op. cit. pag. 686
20/10/13
La poesia della domenica - "Sonetto dell'amore totale" - di Vinicius de Moraes, tradotto e letto da Giuseppe Ungaretti.
E' una rara registrazione della voce di Giuseppe Ungaretti che legge una poesia di Vinicius De Moraes, tradotta da lui stesso. Ungaretti e De Moraes si conobbero in Brasile negli anni '50. Ne nacque una amicizia poetica e anche una collaborazione, testimoniata anche da un album Lp, fino a pochi anni fa introvabile ed ora ristampato come CD dalla Warner, in cui si alternano le meravigliose canzoni di De Moraes cantate da Sergio Endrigo e da Moraes stesso insieme a Toquinho e brani di Ungaretti letti da lui stesso.
(Sonetto dell'amore totale Da La vita, amico, è l'arte dell'incontro con Vinicius De Moraes, Sergio Endrigo e Giuseppe Ungaretti)
SONETTO DELL’AMORE TOTALE
Vinícius de Moraes
Ti amo tanto, amore mio... non canta
Il cuore umano con più verità...
Amo te come amico e come amante
In una sempre diversa realtà.
Ti amo affine, di calmo amore pronto,
E da oltre ti amo, presente in nostalgia.
Ti amo, insomma, con grande libertà
Dentro l’eterno ed in ogni momento.
Come ama l’animale ti amo semplicemente,
D’amore privo di mistero e privo di virtù
Con un desiderio massiccio e permanente.
E di amarti talmente e di frequente,
Un giorno nel corpo tuo di repente
Avrò da morire di amarti più che uno possa.
(Traduzione di Giuseppe Ungaretti)
Dieci grandi anime. 2. Andrej Tarkovskij (4./)
Dieci grandi anime. 2. Andrej Tarkovskij (4.)
Nei
taccuini di Tarkovskij cominciano ad intensificarsi citazioni dalle Scritture,
dall’Ecclesiaste, dai Vangeli, soprattutto, ma anche da Lao-tse, Seneca, Dostoevskij,
Montaigne.
E la radicalità nei confronti di
quella che Tarkovskij chiama falsa conoscenza, ritorna in forme sempre più
definitive e apparentemente arbitrarie. La
vera poesia si accompagna alla religiosità, scrive, un non credente non può essere un poeta. (11)
Ma essere poeta, di qua come di là
dalla Cortina di Ferro continua ad essere sempre più difficile. Spero quando si
ha a che fare con mancanze primarie. A Larisa, la moglie di Tarkovskij viene
concesso alla fine del 1982 un permesso per raggiungere il marito a Roma. Ma
con lei non c’è l’adorato figlio, adesso dodicenne, al quale le autorità non
permettono l’espatrio. Andrej ha il cuore spezzato: ha la moglie, ma non il
figlio. Vorrebbe lasciar tornare la
moglie in Russia, ma ha paura che una volta rientrata non le permettano più di
uscire. Si svolgono accorate telefonate
tra Roma e Mosca.
Scrive: Con quanta tristezza Tjapa (il figlio, NDA) parla al telefono ! Che nostalgia che ha… Come deve essere disumana una società per arrivare a dividere le famiglie senza nessuna pietà, con il solo scopo di avere degli ostaggi. E sarà sempre peggio, questo è chiaro. Ma è anche chiaro che Dio ci guida. (12) E più avanti: Penso continuamente a quanto abbiano ragione coloro che ritengono che la creatività sia una condizione dello spirito. Donde viene? .. Il nostro dovere dinanzi al Creatore impiegando il libero arbitrio di cui Egli ci ha fatto dono, combattendo il male che è in noi, di superare gli ostacoli sul nostro cammino verso di Lui, di crescere in senso spirituale, combattere tutto ciò che c’è in noi di turpe. Dobbiamo purificarci. Allora non avremo nulla da temere. Aiutami Signore ! Mandami un Maestro! Sono stanco di aspettarlo… (13)
Scrive: Con quanta tristezza Tjapa (il figlio, NDA) parla al telefono ! Che nostalgia che ha… Come deve essere disumana una società per arrivare a dividere le famiglie senza nessuna pietà, con il solo scopo di avere degli ostaggi. E sarà sempre peggio, questo è chiaro. Ma è anche chiaro che Dio ci guida. (12) E più avanti: Penso continuamente a quanto abbiano ragione coloro che ritengono che la creatività sia una condizione dello spirito. Donde viene? .. Il nostro dovere dinanzi al Creatore impiegando il libero arbitrio di cui Egli ci ha fatto dono, combattendo il male che è in noi, di superare gli ostacoli sul nostro cammino verso di Lui, di crescere in senso spirituale, combattere tutto ciò che c’è in noi di turpe. Dobbiamo purificarci. Allora non avremo nulla da temere. Aiutami Signore ! Mandami un Maestro! Sono stanco di aspettarlo… (13)
Nel 1983, intanto esce sugli schermi Nostalghia. Che ottiene
favori non unanimi. C’è anzi già chi è disposto a scommettere che il grande
autore russo abbia perso brillantezza e ispirazione, lontano dal suo paese
d’origine. Il film vince il Gran Premio della Giuria a Cannes, nonostante l’ostruzionismo di Sergej
Bondarciuk, il regista ‘ortodosso’ sovietico, che fa parte della Giuria.
Nello stesso anno va in scena una
memorabile rappresentazione del Boris
Godunov al Covent Garden di Londra che ottiene un successo trionfale.
Tarkovskij si rende conto che ormai non può più tornare indietro. L’ostracismo delle autorità sovietiche, anzi,
gli rendono necessario alzare i toni, nella speranza di smuovere le cose e
riunificare la sua famiglia, e nel 1984
chiede e ottiene asilo politico dagli Stati Uniti, con un annuncio che viene
dato in una affollatissima conferenza stampa a Milano.
Ma il regime di Mosca non è disposto
ancora a cedere.
Nel 1985 Tarkovskij è impegnato nella
realizzazione del suo ultimo film, Sacrificio
(Offret), che rappresenta una sorta di testamento spirituale del grande
regista, con la storia di Alexander, un uomo che assiste al crollo di ogni cosa
in cui crede in seguito all'improvviso scoppio di una guerra nucleare, e
che disperato prega Dio di salvare il
mondo, facendo voto di rinunciare a tutto ciò che possiede, se questa sua
preghiera si dovesse realizzare.
Tarkovskij fa appena in tempo a
terminare le riprese del film. Il 6
dicembre del 1985, a
Parigi, si sottopone ad una radiografia e scopre di avere “un’ombra” nel
polmone sinistro. Dieci giorni dopo gli viene diagnosticato un tumore
incurabile.
I Diari registrano la reazione umana di
Tarkovskij, il dolore profondo, anche la disperazione, che però si rivolge
subito ad altro, agli altri, a coloro che ama:
L’uomo
nel corso della propria vita sa che prima o poi dovrà morire. Non sa però
quando morrà, perciò sposta questa scadenza lontano nel futuro. E questo lo
aiuta a vivere. Ora, invece, io lo so. E niente mi può aiutare a sopravvivere.
E questo è molto duro. Però ora la cosa
importante è Lara. Come potrò dirglielo ?! Come potrò infliggerle un colpo
tanto tremendo con le mie stesse mani ?!
Come reagirà ? Come farà in
futuro per Andrjusa e la mamma ? (14)
Bisogna continuare a combattere
per ottenere il loro espatrio. Andrjusa ha bisogno di vivere libero, non deve
vivere in prigione. Visto che abbiamo cominciato su questa strada, bisognerà
andare fino in fondo. (15)
(segue -4./)
Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.
11.
Op.
cit. pag.486
12. Op.
cit. pag. 550
13. Op.
cit. pag. 556
14. La “mamma” a cui si riferisce qui è Anna
Semenovna, madre di Larisa, cioè la suocera di Tarkovskij, che è colei che per
tutti gli anni dell’esilio di Tarkovskij si è occupata del nipotino, Andrej, e
che riuscirà a lasciare la
Russia , proprio a causa della malattia di Tarkovskij, insieme
al bambino, un mese dopo questa nota scritta dal regista.
15.
Op.cit. pag. 653.
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19/10/13
Dieci grandi anime - 2. Andrej Tarkovskij (3./)
Dieci grandi anime. 2. Andrej Tarkovskij (3)
Tarkovskij
si sente a un bivio, e sa che sta per arrivare l’ora di una difficile scelta,
che appare però inevitabile. Sono
divenute sempre più frequenti le visite, in Russia, di Tonino Guerra, uno dei
maggiori sceneggiatori italiani. Guerra parla il russo, è un poeta, come il
padre di Andrej. Nasce una grande
amicizia, un rapporto profondo e creativo, il progetto di lavorare insieme ad
un nuovo film (7) . Ogni nuova visita di
Tonino Guerra a Mosca, rappresenta una tentazione per Tarkovskij, il quale
capisce che si tratta forse dell’occasione che il destino gli ha messo davanti
per abbandonare definitivamente il suo paese, e lavorare finalmente senza più
pressioni, senza più censure, liberamente all’estero, dove il suo lavoro è
apprezzato e pienamente riconosciuto.
Il 5 gennaio del 1979, scrive nei Diari:
Larisa
(8) e io stiamo pensando molto seriamente
a Tonino. Non si può continuare così.
Come farò a restituire i debiti che abbiamo ? Non so come riuscirò a consegnare
Stalker. Che non accetteranno senza
che io apporti cambiamenti radicali al film, cambiamenti che io, in ogni caso,
mi rifiuto di introdurre. Solo un vero miracolo mi può aiutare.
E se me ne andassi sull’onda di un
grosso scandalo ? Questo significherebbe almeno due anni di tormenti: per
Andrjuska a scuola, per Marina, la mamma, mio padre. Sarebbero sottoposti a
continue vessazioni. Cosa posso fare ?!
Non mi resta che pregare! E avere fede.
E la cosa più importante è che questo (quello della croce) è un simbolo
che non bisogna capire, ma soltanto sentire, capire… Nonostante tutto, credere… Siamo crocefissi in una sola dimensione,
mentre il mondo è pluridimensionale. E noi questo lo sentiamo e soffriamo per
l’impossibilità di conoscere la verità…. Ma non serve conoscere ! Bisogna
amare. E credere. Perché la fede è conoscere tramite l’amore. (9).
E’ un passaggio molto importante questo,
per Tarkovskij.
La fuga dalla Russia si concretizzerà
prima con il permesso ottenuto nel 1979 per raggiungere Roma e contattare i
dirigenti RAI per la realizzazione del progettato film italo-russo scritto con
Tonino Guerra, e poi, dopo un breve intermezzo moscovita, con il definitivo
distacco dell’aprile 1980, quando Tarkovskij sfrutta l’invito del premio David
di Donatello - Lo Specchio ha ottenuto il massimo riconoscimento dalla giuria - per
raggiungere nuovamente l’Italia.
Gli anni dell’esilio significano per
Tarkovskij una ulteriore chiusura in se stesso. L’isolamento a cui lo costringe
la lingua – non parla inglese, soltanto russo e poco francese – le difficoltà
continue con le autorità del suo Paese, che negano l’espatrio con ogni pretesto
a Larisa e al figlio, la frequentazione
di ambienti estranei e completamente diversi (molto più disinvolti,
superficiali, mondani) da quelli che è stato abituato a frequentare nel suo paese,
lo portano a intensificare le note dei suoi Diari, e a spingere la sua ricerca
spirituale a una radicalità estrema.
Sono anni di viaggi continui, di
esplorazioni – insieme a Tonino Guerra girano in lungo e in largo l’Italia
alla ricerca di locations per Nostalghia – di partecipazioni a
festival e cerimonie in suo onore, a salotti borghesi nei quali egli
rappresenta l’ospite esotico, l’intellettuale russo in esilio, che lo fanno
sentire sempre più un pesce fuor d’acqua.
Si fa più profondo, in quest’uomo
troppo intelligente e introverso, un rifiuto delle inutili apparenze. Una
continua ricerca della vera sostanza.
Nel
mondo si possono riscontrare in assoluto un numero assai maggiore di squarci
verso l’Assoluto di quanto possa sembrare a prima vista. Solo che non li sappiamo
vedere e riconoscere, scrive nel luglio del 1981, la nostra conoscenza non è che sudore, secrezione organica, prodotto
delle funzioni naturali dell’organismo inseparabili dall’esistenza, che non ha
nessun rapporto con la Verità. L ’unica funzione della nostra coscienza è
quelle di creare finzioni, mentre la conoscenza è data dal cuore, dall’anima.
(10)
(segue -3./)
Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.
1. Sarà
Nostalghia, che uscirà quattro anni
dopo, nel 1983, verrà scritto a quattro mani da Guerra e Tarkovskij e sarà
girato interamente in Italia, prodotto dalla RAI.
2. Larisa
Pavlova Egorkina è la moglie di Tarkovskij, sposata in seconde nozze nel 1969 e
da cui l’anno seguente il regista ha il suo secondo figlio, Andrej Andreevic.
Larisa resterà fedelmente – nonostante i
sette anni di forzata separazione – al fianco di Tarkovskij fino all’ultimo
giorno della sua vita.
3. Op.cit.
pag.237
4. Op.cit.
pag. 400
18/10/13
Dieci grandi anime - 2. Andrej Tarkovskij (2./)
2. (Dieci grandi anime) - Andrej Tarkovskij (2)
Il fatto di scegliere come titolo Martirologio, per questi diari, è già un
segnale molto chiaro: per Tarkovskij la vita è un percorso di conoscenza che
non può essere disgiunto dal percorso terreno
dell’uomo, tormentato tra la carne e lo spirito, la vita e la morte. Ed è lo stesso figlio Andrej, curatore oggi
dei Diari, a riferire una frase che il
padre gli ripeteva spesso: l’uomo non è
stato creato per essere felice, vi sono cose ben più importanti della felicità.
(2)
Per capire quali fossero queste cose,
basta sfogliare le tormentate pagine dei diari, composte di vere illuminazioni, riflessioni profondissime, citazioni dei libri e dei maestri preferiti,
preghiere, promemoria, sottolineature,
progetti, invocazioni, confessioni.
Un cahier umano, molto umano,
che documenta il prezzo pagato alla creazione artistica, e soprattutto
all’auto-conoscenza.
Ciò che interessa Tarkovskij è
principalmente lo scopo della vita, che non può essere soltanto il
soddisfacimento dei bisogni. Per l’uomo, scrive
il 5 settembre del 1970, perché possa
vivere senza tormentare gli altri, deve esistere un ideale. L’ideale in quanto concezione spirituale e
morale della legge. La moralità è dentro
l’uomo. Là dove non c’è moralità, regna
una misera e insignificante legge morale. Dove c’è morale, la legge morale non
è più necessaria. (3)
Ma quel che vede intorno Tarkovskij,
specie nella notte senza fine in cui il suo Paese appare precipitato, è un
rifiuto di dare voce a questa moralità che è dentro l’uomo, e che ha a che fare
con lo spirito. Iddio a che punto arriveremo ! - scrive pochi giorni dopo, il 20
settembre del 1970 - Mai prima d’ora l’incultura aveva raggiunto
un tale livello. Questo rifiuto di ciò che è spirituale può solo generare dei
mostri. Oggi come non mai bisogna difendere tutto ciò che ha anche un solo
minimo rapporto con il mondo spirituale ! Quanto rapidamente l’uomo rinuncia all’immortalità,
possibile che la sua condizione naturale sia quella della bestia ? (4).
Difendere tutto ciò che è spirituale. E’
quello che Tarkovskij cercherà di fare strenuamente, con i suoi film. Il più misterioso dei quali, forse resta
proprio Lo Specchio (titolo originale
Zerkalo), girato nel 1975, e
infarcito di immagini simboliche e di citazioni di versi del padre del regista,
il poeta Arsenij. Nei Diari del periodo, Tarkovskij, riferisce anche delle
critiche e degli insulti ricevuti e commenta: Lo specchio è un film antiborghese e perciò non può non avere una gran
quantità di nemici. Lo specchio è un
film religioso. Naturalmente quindi, incomprensibile per la massa, abituata al
cinema da quattro soldi e incapace di leggere libri, di ascoltare musica, di
osservare un dipinto. Alle masse in
genere serve qualcosa di divertente, di distensivo, di spettacolare, sullo
sfondo di una “storiella” edificante… il mio compito è di occuparmi di quello
che Dio mi ha dato senza badare alla invettive di chicchessia. Non è che io
pensi di me cose molto esaltanti, è solo che ognuno deve portare la sua
croce. E sarà il tempo a dire se è stata
una meritata beffa, o se avevo ragione io.
Una persona egoista non può leggere e amare Tolstoj. (5).
Temi che torneranno anche nel film
seguente, Stalker, nel 1979, a proposito del quale Tarkovskij scrive: Il film parla della presenza di Dio
nell’uomo e della rinuncia alla spiritualità per l’acquisizione di una falsa
conoscenza. (6)
E’ abbastanza semplice intuire quanto
questi argomenti potessero sembrare sospetti alle autorità sovietiche dello
spettacolo e ai produttori della Mosfilm. Tarkovskij è riconosciuto come un grande
regista di talento. Ma perché, invece che ad astratti sofismi di natura
spirituale, non dedica il suo genio a raccontare storie di gente comune, magari
esaltando il modello di vita e i sani
valori della civiltà sovietica ?
(segue -2./)
Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.
note
2.
E’
quanto scrive il figlio di Tarkovskij, Andrej A. , nella prefazione al volume
stesso, intitolata Il Martirologio
(op. cit. pag.5).
3.
Op. Cit. p.37
4.
Op. cit.
pag.52
5.
Op.
cit. pag. 191
6.
Op.
cit. pag. 232.
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