Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo". Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti.
100 film da salvare alla fine del mondo: 8. Mephisto di István Szabó (1981)
Non ha avuto forse abbastanza considerazione il maestro ungherese Istvàn Szàbo, di origini ebraiche (classe 1938), nonostante alcuni suoi film siano arrivati anche al grande pubblico internazionale.
Come è stato il caso di Mephisto, uscito nel 1981, che fu candidato alla Palma d'Oro al Festival di Cannes di quell'anno (vincendo il Premio per la migliore sceneggiatura) e vinse l'Oscar per il miglior film straniero l'anno seguente (1982).
Il film è notoriamente ispirato all'omonimo romanzo di Klaus Mann (figlio del grande Thomas e morto suicida nel 1949), scritto fra il '35 e il '36 dopo che la sua famiglia aveva lasciato la Germania subito dopo l'avvento del nazismo.
Il romanzo - e il film - raccontano l'irresistibile ascesa del protagonista, l'eclettico attore Henrik H - sotto i panni del quale Mann aveva celato quelli del celebre attore Gustav Gründgens (marito, fra l'altro, di sua sorella Erika), suo ex amico carissimo, talento straordinario ma anche straordinariamente ambizioso, o meglio arrivista: determinato cioè a qualunque compromesso pur di arrivare al successo.
Il film mostra con una impeccabile sceneggiatura - e la prova monumentale di un grandissimo attore austriaco, Klaus Maria Brandauer - i turbamenti personali di Höfgen dopo l'ascesa di Hitler al potere, nel 1933.
Höfgen, nel pieno della sua scalata al successo, teme che tutto svanisca. Deve oltretutto nascondere la relazione con Juliette, una ragazza mulatta, che ama e con la quale si esercita nella danza. In breve però, si decide a lasciarsi ogni responsabilità alle spalle, e assetato di successo, scende a patti con i nazisti, diventando presto anzi un favorito di Göering e un esponente di primo piano del teatro di regime.
Il film non si dimentica per la carica trascinante di Brandauer (irresistibile) nel tracciare il suo percorso faustiano: quello che molti intellettuali tedeschi decisero di intraprendere vendendo l'anima, sfruttando i gangli e la macchina di propaganda del regime nazista.
Ma Mephisto è anche una potente meditazione sul ruolo tra creatività e potere. Tra ambizione personale e arte. Gusto estetico e responsabilità morale.
Un dilemma morale che Klaus Mann visse in prima persona, assistendo alla mutazione genetica del cognato, convertitosi al nazismo, contro cui si vendicò scrivendo questo romanzo; e che Szàbo deve aver sentito molto attuale anche nei decenni di Cortina di Ferro, oltre la quale scrisse e diresse questo film, nella Ungheria dei primi anni '80.
Fabrizio Falconi
Mephisto
di István Szabó
Ungheria, 1981
durata: 144 minuti
Non ha avuto forse abbastanza considerazione il maestro ungherese Istvàn Szàbo, di origini ebraiche (classe 1938), nonostante alcuni suoi film siano arrivati anche al grande pubblico internazionale.
Come è stato il caso di Mephisto, uscito nel 1981, che fu candidato alla Palma d'Oro al Festival di Cannes di quell'anno (vincendo il Premio per la migliore sceneggiatura) e vinse l'Oscar per il miglior film straniero l'anno seguente (1982).
Il film è notoriamente ispirato all'omonimo romanzo di Klaus Mann (figlio del grande Thomas e morto suicida nel 1949), scritto fra il '35 e il '36 dopo che la sua famiglia aveva lasciato la Germania subito dopo l'avvento del nazismo.
Il romanzo - e il film - raccontano l'irresistibile ascesa del protagonista, l'eclettico attore Henrik H - sotto i panni del quale Mann aveva celato quelli del celebre attore Gustav Gründgens (marito, fra l'altro, di sua sorella Erika), suo ex amico carissimo, talento straordinario ma anche straordinariamente ambizioso, o meglio arrivista: determinato cioè a qualunque compromesso pur di arrivare al successo.
Il film mostra con una impeccabile sceneggiatura - e la prova monumentale di un grandissimo attore austriaco, Klaus Maria Brandauer - i turbamenti personali di Höfgen dopo l'ascesa di Hitler al potere, nel 1933.
Höfgen, nel pieno della sua scalata al successo, teme che tutto svanisca. Deve oltretutto nascondere la relazione con Juliette, una ragazza mulatta, che ama e con la quale si esercita nella danza. In breve però, si decide a lasciarsi ogni responsabilità alle spalle, e assetato di successo, scende a patti con i nazisti, diventando presto anzi un favorito di Göering e un esponente di primo piano del teatro di regime.
Il film non si dimentica per la carica trascinante di Brandauer (irresistibile) nel tracciare il suo percorso faustiano: quello che molti intellettuali tedeschi decisero di intraprendere vendendo l'anima, sfruttando i gangli e la macchina di propaganda del regime nazista.
Ma Mephisto è anche una potente meditazione sul ruolo tra creatività e potere. Tra ambizione personale e arte. Gusto estetico e responsabilità morale.
Un dilemma morale che Klaus Mann visse in prima persona, assistendo alla mutazione genetica del cognato, convertitosi al nazismo, contro cui si vendicò scrivendo questo romanzo; e che Szàbo deve aver sentito molto attuale anche nei decenni di Cortina di Ferro, oltre la quale scrisse e diresse questo film, nella Ungheria dei primi anni '80.
Fabrizio Falconi
Mephisto
di István Szabó
Ungheria, 1981
durata: 144 minuti
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