Cosa sta succedendo alle generazioni di adolescenti, dei nostri adolescenti, i cosiddetti nativi digitali, che vivono ormai perennemente connessi ai loro smartphone ? Se ne parla tanto, ma nessuno lo sa esattamente. Adesso se ne sa un po' di più, perché è arrivato il primo studio molto approfondito - scientifico - sull'argomento e con ampio spettro, con ricerche durate diversi anni. Uscito in America, il libro ha suscitato un amplissimo dibattito, e un'eco profonda. Lo firma Jean M. Twenge e il titolo completo dell'opera è IGen: Why Today's Super-Connected Kids Are Growing Up Less Rebellious, More Tolerant, Less Happy - and Completely Unprepared for Aduthood - and What That Means for the Rest of Us, Simon and Schuster, New York, pagg. 392, Dollari 27. Ne ha scritto Gilberto Corbellini nell'ultimo numero de Il Sole 24 Ore - Domenicale, dell'11 febbraio.
Ecco qualche passaggio saliente.
Ecco qualche passaggio saliente.
Da quando gli smartphone sono diventati onnipresenti, all'inizio di questo decennio, l'interazione faccia a faccia tra i giovani è drasticamente diminuita.
Non solo, ma gli adolescenti e gli studenti universitari statunitensi oggi fanno tutto "meno": lavorano meno, escono meno di casa, si mettono meno nei guai, bevono meno e consumano meno droghe, sono meno interessati a prendere la patente per l'auto, meno interessati all'indipendenza, hanno meno pregiudizi razziali o di genere, sono meno bullizzati e bullizzano di meno, si accoppiano di meno e fanno meno sesso, sono meno disposti ad ascoltare chi dice cose controverse o che giudicano psicologicamente fastidiose, etc.
E, questo secondo Twenge, perché sono incollati a seguire un flusso interminabile di testi e immagini su degli schermi.
Il risultato è meno tempo dedicato alla "costruzione di competenze sociali, alla negoziazione di relazioni e alla navigazione delle emozioni".
In termini di conoscenza pratica e di essere disposti ad affrontare il mondo reale, ci sarebbe un ritardo di tre o quattro anni nella maturità: 18 anni equivalgono a quelli che prima erano 15.
La scarsa socializzazione e l'autoreferenzialità prodotta dall'eccessiva mediazione dei rapporti attraverso gli schermi, sarebbe causa del documentato incremento dei disturbi mentali, in particolare depressione, tra questi giovani.
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