Tra le varie meraviglie romane, spicca, nella Basilica Lateranense - la prima cristiana fondata a Roma per volere di Costantino Imperatore, dopo la vittoria di Ponte Milvio - il grande, immenso catino absidale, interamente mosaicato che si può ammirare qui.
Questo mosaico è stato rifatto più volte nel corso della storia, a causa anche delle molte vicissitudini - saccheggi, incendi, danneggiamenti - che hanno segnato la vita della Basilica nei millenni.
Quel che è certo è che la porzione di mosaico più antica è senza alcun dubbio quella del centro, relativa al ritratto del Salvatore, che campeggia proprio al centro dell'abside.
Un ritratto moderno e misterioso che è servito da modello per tutta la iconografia successiva nella raffigurazione del volto di Cristo nella storia dell'arte pre e post medievale.
Questo ritratto viene citato più volte, nelle fonti più antiche che descrivono la Basilica. Vediamo.
Nel corso dei grandi lavori di restauro alla Basilica di San Giovanni in Laterano, effettuati dal francescano Nicolò IV (1227-1292) nel 1291, forse in un parziale rifacimento del mosaico anche la scena dell'abside dovette subire qualche manomissione: ma non il busto del Cristo.
La qual cosa ci tenne quel papa a ricordare in una iscrizione che si legge tuttora al di sotto della rappresentazione principale, dove, con la data del 1291 dice di aver fatto "riporre integralmente nel mosaico il sacro volto nello stesso luogo là dove apparve per la prima volta miracolosamente apparve (apparuit) al popolo romano allorché questa fu consacrata", cui fa eco un'altra del medesimo nell'ambulacro attorno all'abside: "infine quel venerabile volto (facies) di Dio che per primo risplendé dinanzi agli occhi degli uomini, ricollocò integro nello stesso luogo dove era sempre stato."
Un accenno fugace a questa immagine era già stata fatta in un officium dedicationis della fine del Xo secolo, con le parole: "allorché per la prima volta fu consacrata a Roma una chiesa pubblica ed apparve (apparuit) al popolo romano l'immagine del Salvatore raffigurata sulla parete." (cfr. Crescimbeni, Stato della SS.Chiesa Papale lateranense nell'anno 1723, pp.151 e 181).
Qualche maggiore dettaglio si trova poi nella descrizione della Basilica lateranense di Giovanni Diacono, databile intorno al 1180, il quale scrive che, consacrata il 9 dicembre da Papa Silvestro, questa fu la chiesa aperta per prima al pubblico: "e l'immagine del Salvatore infissa alla parete fu quella che apparve (apparuit) visibile per la prima volta a tutto il popolo romano."
Dai vari testi sopra riferiti appaiono due elementi di grande interesse: il primo riguarda quel verbo apparuit (apparve); il secondo la struttura del volto del Salvatore che, per quanto immersa nel grande mosaico, costituiva (e costituisce tuttora) come un piccolo mosaico a sé.
Sappiamo infatti, oltre che dalla iscrizione di Nicolò IV, anche da descrizioni del 'pezzo' fatte in loco nel Settecento (vedi lo stesso Crescimbeni, e Marangoni, S.S. 174) ed ampiamente confermate dai restauri (infelici) del Vespignani del 1876 (G.Wilpert, La decorazione costantiniana della basilica lateranense in RAC, 1929, I-74) che il ritratto del Salvatore era (ed è) formato dalle tessere musive poste sulla superficie di una tavoletta di travertino (cm.75 X 105), la quale a sua volta è infissa (infixa) nel catino dell'abside.
Tanto singolare realizzazione lascia chiaramente intendere quanto antico e venerato fosse quel volto, cui fa degno commento quel comune denominatore nei testi esaminati del verbo apparuit, in seguito volutamente interpretato in senso metafisico.
© Fabrizio Falconi
è un immagine acheropita
RispondiElimina