In un suo recente intervento su La Repubblica - D del 15 ottobre - Umberto Galimberti torna a riflettere sulla Fede e in particolare sulla fede miracolistica, la fede nei miracoli, quella che secondo il filosofo, "sottrae ai credenti la qualità spirituale alimentando le parti più infantili di noi."
E' un intervento come sempre stimolante, su cui si può discutere. Mi preme però riportare qui un passo particolarmente interessante sul quale tutti - anche i cristiani - riflettono spesso molto poco.
"Vorrei spostare l'attenzione sulla devozione, peraltro molto diffusa, che riduce la fede cristiana a fede nei miracoli.
Guai se una fede trova nel miracolo il sigillo della verità, adunando le folle intorno a un santuario costruito a seguito di una apparizione o di un evento considerato miracoloso, perché questo significa contravvenire al monito che Gesù rivolge all'apostolo Tommaso che dubita della sua resurrezione: "Perché hai visto, o Tommaso, hai creduto; beati coloro che non hanno visto e hanno creduto."(Giovanni, 20,29)
Se Gesù ha mostrato a tutto il popolo di Gerusalemme lo strazio della sua passione e a pochissimi il miracolo della resurrezione, ciò forse significa che non intendeva consegnare la fede, che da allora si sarebbe detta "cristiana", allo stupore del miracolo, ma intendeva affidarla alla sua partecipazione al dolore del mondo, che da quel giorno, nella religione cristiana, acquistò un senso, peraltro testimoniato dal fatto che il simbolo di quella religione divenne il crocefisso."
Parole su cui è bene meditare.
Fabrizio Falconi - 2022
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