Alejandro Gonzalez Inarritu non conosce l'italiano, ma apprezzerebbe il termine "spatriato", perche' rappresenta la sua condizione, sulla cui elaborazione ha costruito il nuovo film, il primo a sette anni da Revenant che nel 2015 valse l'Oscar a Leonardo DiCaprio.
S'intitola non a caso Bardo, che sta piu' o meno per limbo, per
condizione di mezzo tra mondo dei vivi e quello dei morti.
"Io sono nel mezzo, sono messicano per gli Stati Uniti,
americano in Messico", ha detto il regista di Amores Perros, 21
grammi, Biutiful, Birdman, che in concorso a Venezia 79 ha
portato un film epico, monumentale, tre ore della vita di
Silverio Gama, "emigrato di prima classe", giornalista,
documentarista, scrittore di successo alle prese con un bilancio
di vita.
Non casuale: "Sono alla vigilia dei miei 60 anni, sono
portato a riflettere, è un momento chiave della mia vita, sono
pronto a capire, dal 2012 poi con un monaco vietnamita faccio
meditazione, la trovo liberatoria, mi aiuta a vedere con
distacco le cose, senza temere il giustizio degli altri, ad
accettarmi insomma", ha raccontato. "Il successo ha un sapore un
po' amaro, e' una posizione privilegiata, ma tante sono le
attese, gli obblighi, nulla e' mai abbastanza, il successo porta
a sacrifici, ad esempio per la tua famiglia", ha rivelato.
Il film è autocritico, sulla scelta di migrare ("migliaia di
persone lo fanno non avendo altre opportunita'"), sulla
condizione di chi va via dal paese. "Proprio oggi 1 settembre e'
un anniversario importante: il 1 settembre 2001 con la mia
famiglia abbiamo lasciato il Messico e siamo andati a vivere a
Los Angeles, pensavamo per un anno, invece non siamo piu' andati
via, ma questa assenza mi rincorre ogni giorno, il Messico
diventa uno stato mentale e le storie che racconto in Bardo
interpretano questa assenza".
Al suo personaggio (interpretato
da Daniel Gime'nez Cacho) fa fare un viaggio emozionale, in cui
la biografia vera del regista ha un confine incerto con la
finzione, "e' auto-finzione" ma comunque gli fa dire di essere
"al servizio dei gringos", ossia degli americani, di far parte
del loro sistema.
'Bardo - La cronaca falsa di alcune verita'' (al cinema e poi
dal 16 dicembre su Netflix che lo ha prodotto) racconta un
viaggio sospeso tra memorie e vissuto di Gama che sta per
ricevere, primo messicano e latino americano, un prestigioso
premio in America e per questo viene festeggiato anche in patria
dove fa ritorno dopo anni.
Nel coma che lo coglie dopo un
infarto c'e' il sogno di questo viaggio tra Los Angeles e il
Messico e ritorno e la storia di se stesso e della sua famiglia,
ma c'e' anche la storia del Paese sotto scacco americano (Amazon
si compra la Bassa California, "del resto oggi le corporazioni
sono piu' ricche di tanti paesi, Walmart ha 3 milioni di
dipendenti, c'e' un ritorno al feudalesimo delle corporazioni",
ha detto), la tragedia dei migranti che provano a passare il
confine (come aveva fatto nel commovente esperimento immersivo
Carne Y Arena), la vita dei messicani poveri in California.
Tutto come un sogno, "perche' la realta' non esiste, piuttosto e'
il senso che dai ad eventi che vivi, e' tutto finzione".
Inarritu paga il suo personale tributo al cinema del maestro
di Rimini e con sincerita' lo ammette: "Fellini e' un santo
protettore, come Bunuel, Roy Anderson, Jodorowsky. Non c'e' un
cineasta che non sia stato infettato da Fellini cosi' come nessun
musicista puo' prescindere da Mozart o da Bach. Il suo cinema e'
il mezzo piu' simile ai sogni. E spero che santo Fellini mi abbia
protetto anche questa volta".
Fonte: Alessandra Magliaro per ANSA
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