Fabrizio Falconi a ventisette anni
Per molti anni ho fatto (o sono stato) un free-lance e solo ora mi accorgo che questa parola ormai non la usa più nessuno.
Il motivo è che l'instabilità lavorativa è diventata la norma.
Per noi che la vivevamo allora era una splendida opportunità.
La lente a ritroso di quello che allora era il futuro ci ha mostrato quanto fortunati fummo all'epoca, quando il lavoro c'era, accadeva spesso che premiasse i talentuosi, ed era anche ben retribuito.
Non pensavamo alle garanzie, alla pensione, al domani.
Ci buttavamo nella mischia, e si passava attraverso mille collaborazioni e cose ed esperienze assai diverse, che a volte stordivano e inebriavano. E che era poi bello raccontare.
Ci si innamorava anche, e non solo del lavoro.
Si imparava, più che altro, da chi era più bravo.
Poi certo anche allora era pieno di quelli che conoscevano bene e praticavano silenziosamente mille scorciatoie privilegiate e di quelli che tenevano ben serrate le porte a chi non aveva patentini di casta da esibire.
Ma anche di questo ce ne fregavamo.
La più importante medaglia da portare a casa era il lavoro che si era fatto, a tuo padre che sgobbava in officina da quando aveva 16 anni e a tua madre che hai visto piegata a cucire, in ogni giorno e ogni stagione, dalle 8 di mattina a mezzanotte, sempre.
Fabrizio Falconi
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