02/02/21

Che fine ha fatto il famoso Colosso di Nerone - alto 35 metri - che si trovava di fianco al Colosseo?

 

Ricostruzione del Colosso di Nerone 


Il Colosso di Nerone andato perduto

 

Un basamento rettangolare in peperino (roccia magmatica che i romani trasportavano dalla Tuscia) di grandi dimensioni (17 metri per 15) è quanto rimane del sito dove sorgeva l’imponente statua dedicata a Nerone, la più grande mai realizzata in bronzo.

Il parallelepipedo, provato dalle ingiurie del tempo, oggi praticamente ignorato dai turisti e dai visitatori che a migliaia ogni giorno si mettono in fila per visitare l’Anfiteatro Flavio, reca una iscrizione in marmo: “Area del basamento del Colosso di Nerone”. In effetti non si tratta (e non si trattava) propriamente del basamento, ma delle fondamenta di quella possente struttura di supporto che doveva sostenere la gigantesca statua dell’imperatore.

Commissionata allo scultore greco Zenodoro, era alta ben 35 metri e costituiva il massimo tributo alla divinizzazione di sé che Nerone aveva voluto per autocelebrarsi.

Originariamente il colosso era posizionato nel vestibolo della Domus Aurea, la residenza imperiale, proprio per incutere soggezione e timore nei visitatori, e raffigurava l’imperatore con la testa radiata e nelle vesti del Sole. Dopo la sua caduta, la grande statua dalla Velia – dove Adriano fece innalzare il tempio di Venere e Roma – fu trasferita nell’area dell’anfiteatro che Vespasiano fece costruire.  Il trasporto eccezionale, riferiscono le cronache dell’epoca, fu effettuato grazie all’utilizzo di ben dodici elefanti, incaricati di trainare il Colosso. L’immagine del Sole divinizzata rimase così nella sua nuova collocazione per diversi secoli. L’imperatore Commodo decise perfino di “ritoccarla”, modificandone i lineamenti perché assomigliasse a lui.

Fu proprio comunque la presenza inconfondibile del Colosso – sembra – a conferire per assonanza il nome Colosseo all’enorme Anfiteatro Flavio, ancora oggi simbolo di Roma. Ma che fine ha fatto?

Purtroppo non si sa esattamente. L’ultima citazione che lo riguarda è nel Cronografo del 354 d.C., il calendario illustrato opera di Furio Dionisio Filocalo. 

Nessuna cronaca successiva lo riporta, facendo propendere per l’ipotesi che il Colosso, vero simbolo del potere imperiale romano, e della sua tracotanza, sia stato abbattuto e distrutto già all’epoca delle prime invasioni barbariche, e le enormi parti in bronzo subito fuse per realizzarne armi. Della statua si persero definitivamente le tracce, come della sua omologa di Rodi considerata una delle sette meraviglie dell’umanità.


Tratto da: Fabrizio Falconi, Roma Segreta e Misteriosa, Newton Compton, Roma, 2015


La targa marmorea dell'Area del Basamento del Colosso di Nerone, nei pressi del Colosseo


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