Cosa si può fare quando tutto va male, e sembra che non si possa fare altro che rinunciare o rassegnarsi?
In giorni come questi, la domanda è quanto mai pertinente.
E oggi Riccardo Luna prova a rispondere brillantemente evocando uno dei più grandi artisti della nostra epoca, Keith Jarrett. Riporto qui di seguito il suo post sul blog de La Repubblica:
Qualche giorno fa uno dei più grandi pianisti di tutti i tempi, sì, Keith Jarrett, ha detto al mondo: ho avuto due ictus, non sono più un pianista.
Ci lascia con più di mezzo secolo di grande musica e una lezione di vita indimenticabile. Il concerto di Colonia del 1975. Non so se avete già sentito la storia del concerto di Colonia del 24 gennaio 1975.
Quando mi chiedono come nasce l'innovazione, come si crea un capolavoro, io ripenso a quello che accadde quella sera a Colonia.
Keith Jarrett aveva appena 29 anni ed era già famosissimo.
Dopo diverse collaborazioni prestigiose, era sbarcato in Europa per la prima tournée da solo.
A Colonia arrivò da Zurigo nel pomeriggio di un gelido giorno di pioggia che sembrava fatto apposta per mandare tutti al diavolo: non dormiva da due giorni, aveva un mal di schiena furioso e quando nel pomeriggio salì sul palco per le prove, invece del pianoforte che aveva chiesto (un Bösendorfer Grand Imperial), ne trovò uno più piccolo, scordato e con i pedali fuori uso.
Ok, me ne vado, disse più o meno, era il minimo.
Ma l'organizzatrice era una ragazzina di 19 anni, Vera Brandes, e quella notte era il sogno della sua vita e non poteva lasciarla svanire così: inseguì Keith Jarrett disperata fin fuori dal teatro: lo trovò che era già in macchina, gli implorò di suonare lo stesso, gli promise che il piano lo avrebbe fatto accordare, certo era piccolo per il teatro da 1400 posti, tutti venduti, ma, disse più o meno, ti prego fallo per me.
Vera Brandes doveva avere una passione notevole perché Jarrett accettò; alle 23 e 30 salì sul palco e letteralmente creò musica per circa un'ora. Suonò in modo incredibile, forse proprio perché sapeva che il pianoforte non era adatto, ci mise una energia e una intensità mai viste, dicono, prima e dopo.
Il suo manager registrò l'esibizione e quel concerto è diventato il disco di piano solo più venduto della storia del jazz. Avrebbe potuto non suonare, quella sera Keith Jarrett, ne aveva tutte le ragioni. E invece ha suonato e ne è venuto fuori il più bel concerto della sua vita.
A volte anche noi nella vita non abbiamo il pianoforte adatto e tutto sembra andare storto: ma se abbiamo qualcosa di bello da raccontare, se abbiamo qualcosa di unico dentro, è il momento di dimostrarlo. Da sempre le cose cambiano, le migliori innovazioni succedono, quando usciamo dalla zona di comfort e ci mettiamo a suonare davvero.
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