Ero tra i cronisti che seguirono gli ultimi giorni di Federico Fellini.
Il Maestro nel mese di giugno del 1993, aveva subito un intervento in Svizzera per la riduzione di un aneurisma dell'aorta addominale. Nell'agosto seguente, due mesi dopo, il primo ictus a Rimini, dovuto a complicazioni trombo-ischemiche post operatorie. Fellini cominciò un periodo di riabilitazione (esistono anche foto che testimoniano la sua riscoperta del disegno manuale), ma nel pomeriggio della domenica 17 ottobre viene ricoverato nuovamente a Roma, per un nuovo ictus, seguente a una disfagia indotta da un frammento di cibo che aveva ostruito la trachea.
Fui tra i primi ad arrivare, la sera del 17 ottobre al Policlinico Umberto I.
E soltanto il giorno dopo si scatenò quel circo che - in altre circostanze - avrebbe molto divertito il Maestro e che per molti versi sembrava proprio il set ideale per uno dei suoi film.
L'agonia durò 14 giorni. Per quel che se ne sa, Fellini rimase sempre incosciente.
Ho ricordi molto vivi di quei giorni. I bollettini medici letti dai medici di turno ai giornalisti, la visita di Ettore Scola e di Franco Zeffirelli il martedì 19 ottobre, gli unici due colleghi a mostrarsi in visita. I due amici e collaboratori di sempre Maurizio Mein e Roberto Mannoni, fissi sulle panche fuori del reparto di terapia intensiva a fare da raccordo fra la famiglia e l'ansia da notizia dei cronisti. La leggenda dei sotterranei del Policlinico, che consentirono a Giulietta Masina e a molti altri di passare inosservati, schivando i giornalisti. Uno dei più assidui fu il Cardinale Achille Silvestrini, amico personale di Fellini.
I molti ammiratori, di tutte le età, come quel ragazzo - accompagnato dalla madre, una donna corpulenta dalla pettinatura bionda tinta - che cercò di convincere fino alla fine gli infermieri a lasciarlo entrare: teneva in una busta di plastica un walkman con una musica miracolosa che avrebbe "risvegliato" il Maestro.
L'orrendo episodio che vide coinvolti alcuni paparazzi - che terribile nemesi per il regista de La Dolce Vita ! - i quali riuscirono proditoriamente, intrufolandosi nel reparto di notte, a scattare alcune foto a Fellini sul letto di morte, intubato, cercando di piazzarle al miglior offerente (impresa che poi fortunatamente non riuscì).
I collegamenti degli inviati e delle televisioni di tutto il mondo, l'ospedale trasformato in una specie di palcoscenico per la diretta TV.
Ci furono molte cose singolari, in quei giorni. Soprattutto per chi conosceva, aveva familiarità con la passione sempre nutrita in vita da Fellini per l'occulto, per la psicologia, la para-psicologia e per i fenomeni di sincronicità junghiana.
Una cosa che impressionò non poco fu l'oltrepassamento della data del 30 ottobre. Era la data in cui si celebravano le nozze d'oro: 50 anni del matrimonio con Giulietta Masina.
Fellini morì proprio il giorno dopo, domenica 31 Ottobre poco prima dell'ora di pranzo.
La camera ardente - prima di quella scenografica nel suo Studio 5 a Cinecittà, dove sfilarono migliaia di persone - fu allestita all'Ospedale. Il primo ad entrare fu il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
Lunedì 1 Novembre, la chiusura e il trasporto della bara a Cinecittà.
L'omaggio definitivo, nel luogo preferito della sua creazione, proprio il 2 novembre, giorno dei Morti. Coloro che, in fondo, Fellini non aveva mai smesso di interrogare, da Otto e mezzo a La voce della Luna. Ora anche lui ne faceva parte.
I funerali furono celebrati mercoledì 3 Novembre nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, con Giulietta che salutò piangendo a dirotto la bara, con il rosario stretto tra le mani.
Un addio comunque in grande stile, preludio di quel grande vuoto lasciato, che ancora oggi occupa il centro della scena della cultura nel nostro paese.
Un addio comunque in grande stile, preludio di quel grande vuoto lasciato, che ancora oggi occupa il centro della scena della cultura nel nostro paese.
Fabrizio Falconi
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