Come atteggiamento complessivo di fronte alla vita, gli esseri umani potrebbero essere divisi in due grandi categorie: i rassegnati e i resistenti.
I rassegnati sono quelli che hanno (o avrebbero) una decisa opinione della vita, frutto di idealizzazione e, di conseguenza, grosse aspettative. La vita, perciò, non è mai – o quasi mai – ‘all’altezza’ di queste aspettative. E di conseguenza i rassegnati vivono la loro frustrazione aspettando continue conferme al fatto che la vita ‘reale’ non può e non potrà mai essere congrua alle aspettative che si nutrono, in forma del tutto ideale.
I resistenti invece sono coloro che privilegiano la vita reale, così com’è, che idealizzano poco e che affrontano i problemi uno alla volta, senza trarre conclusioni definitive, e senza perdere definitivamente la speranza. Ma capaci anche di godere del frutto del proprio lavoro. Il loro atteggiamento è quello di considerare la vita per quel che è: come fa un contadino quando la mattina esce di casa. Piove, bisognerà portare l’ombrello. C’è il sole, si potrà mangiare frutta all’aperto.
L’atteggiamento di fronte alla vita è importante, è anzi tutto. I rassegnati corrono il rischio di rinchiudersi nella fatalità e nel senso di impotenza, e di imbucare le loro vite nel cassetto. I resistenti rischiano ugualmente di soccombere alle avversità, ma vogliono farlo lo stesso.
La vita, però, indipendentemente dai risultati raggiunti, non è – bisognerebbe esserne coscienti – mai qualcosa di ‘separato da noi.’
Qualcosa che ‘ci’ succede.
La vita è una continua e dinamica interazione tra quello che succede e quello che noi facciamo succedere.
In questo senso ha ragione chi dice che il destino è quello che è in noi, e che noi facciamo esistere, ogni giorno, adattandoci e cambiando – con la nostra presenza di resistenti e non di spettatori – il destino pre-dato della realtà esistente. Un destino che noi – unico elemento cosciente di questa creazione e di questa realtà – possiamo e dobbiamo interpretare. Compito coraggioso, molto più alto di quello che siamo soliti immaginare.
..la vita non è quanto progettiamo nella presunzione di governare quanto sfugge al nostro controllo.......no, non è questo!...sono accadimenti nei quali entriamo dotati di qualche esperienza e conoscenza....e scopriamo quel che siamo....alcuni, i più fortunati anche dove andiamo e quale ne è il senso !
RispondiEliminaAppunto, Alessandro: accadimenti nei quali ENTRIAMO.
RispondiEliminaNoto spesso che invece l'atteggiamento odierno è quello di 'accadimenti ai quali assistiamo'. Quasi come se la vita scorresse indipendentemente da noi, e noi fossimo semplici spettatori.
Ciò porta, secondo me, a questo diffuso senso di rassegnazione, di passività, o di ignavia, il peccato che anche nelle parole di Gesù Cristo (basti pensare alla parabola dei Talenti) sembra davvero il più im-perdonabile dei peccati umani.
F.