E' uno dei libri più intensi e meravigliosi che mi sia stato dato di leggere negli ultimi decenni.
Quasi centenario (l'8 luglio compirà
97 anni),
Edgar Morin ha scritto lo scorso anno questo breve saggio (148 pagine) di incredibile lucidità e profondità di sguardo.
Con la sua celebre prosa asciutta e densa, il nobile vegliardo della filosofia contemporanea riesce ad offrire un testo-compendio, o testo-testamento, summa del suo percorso di conoscenza, durato quasi 70 anni tra studi, cattedre, onorificenze, seminari, convegni internazionali, pieno di folgoranti illuminazioni e di profonda consapevolezza.
Con gli occhi lucidi di chi si avvicina alla morte, Morin distilla un percorso lungo l'attuale panorama delle conoscenze umane più estreme: cosa è la realtà, cosa è l'universo immane che ci circonda, cosa è la vita biologica, come sia nata e come sia possibile l'evoluzione, cosa sia la creatività della vita vivente, cosa quella umana e che cosa sia l'umano, che è sconosciuto a se stesso, cosa siano il cervello e la mente, cosa sia l'orizzonte post-umano che sembra attenderci tutti.
La constatazione, l'elencazione di queste conoscenze, rende evidente ciò che già avevano intuito i nostri padri. Chi aumenta la sua conoscenza aumenta la sua ignoranza, scriveva Friedrich Schlegel. E San Giovanni della Croce: E la sua scienza aumenta mentre rimane senza sapere.
Queste due frasi sono portate in ex ergo insieme a diverse altre e riassumono lo spirito del libro: La conoscenza - che Morin ama smisuratamente, al punto di averne fatto il centro della propria esistenza - è problematica, perché, come scrive nelle prime pagine, Tutto ciò che è evidente, tutto ciò che è conosciuto diventa stupore e mistero.
L'essere umano, infatti vive gettato (Heidegger) in una realtà misteriosa nella quale armonia e disarmonia si combinano e ciò che concorda e ciò che discorda si uniscono (Eraclito).
Più sappiamo del nostro universo, dell'universo che abbiamo intorno e che esploriamo con i nostri mezzi tecnologici sempre più potenti, sempre meno ne sappiamo, sempre maggiore diviene il mistero. Basti pensare che il 95% del nostro universo è formato di massa oscura ed energia oscura che non sappiamo ancora cosa siano. Per non parlare di come esso si sia formato e da cosa, di cosa vi fosse prima, di cosa ci sia oltre, di quale sia il destino dell'universo stesso.
Più sappiamo della vita biologica, attraverso le nostre conoscenze, e meno ne sappiamo, sempre maggiore diviene il mistero. Basti pensare a come e perché la vita si sia sviluppata da sostanze inerti, del come essa si sia evoluta, di come in quel filamento di DNA siano contenute le informazioni contenute in 2 miliardi di anni di evoluzione dal primo organismo unicellulare alla macchina infinitamente complessa che è il corpo umano.
Più sappiamo del cervello e della mente, attraverso indagini sempre più affrofondite, meno sappiamo di una macchina formata da cento miliardi di neuroni (dieci alla undicesima) collegati tra di loro e intrecciati in centomila miliardi di connessioni sinaptiche immerse in bagni di cellule gliali, meno sappiamo di cosa sia la coscienza, di come essa si sia formata, meno sappiamo del confine che esiste - ammesso che esista - tra la mente e il cervello.
Più sappiamo del mondo atomico, e meno sappiamo, meno riusciamo a capire come sia possibile che tutta la realtà che noi vediamo sia formata essenzialmente da vuoto e da minuscole cariche elettriche, da particelle che sono anche onde e da quanti di energia.
Insomma, il libro di Morin è una sublime e informatissima cavalcata attraverso le estreme frontiere della scienza e della conoscenza, attraverso quello che hanno rivelato e quello di ancora più grande che nascondono, attraverso il mistero sconfinato che ci circonda e ci abita.
Il fiammifero che accendiamo nel buio, scrive Morin, nelle ultime pagine, non solo rischiara un piccolo spazio, rivela anche l'enorme oscurità che ci circonda.
E' però un libro mirabile perché non vi è in esso una abiura della conoscenza, una rinuncia delle sue facoltà. Il Mistero non sminuisce per nulla la conoscenza che conduce ad esso, scrive anzi Morin.
Si può vivere, come fanno in tanti, quasi tutti, ignorando, banalizzando, razionalizzando l'ignoto e l'inconoscibile, in definitiva rimuovendolo e facendo finta che non esista.
Ma non servirebbe e non serve a niente: Morin ci impartisce invece una lezione definitiva. Il Mistero va affrontato, il mistero ci incoraggia a decidere e ad agire nell'incertezza, ci pungola a partecipare all'avventura umana, una avventura che mischia il sublima e l'orribile, ci spinge ad accettare consapevolmente e con pienezza, la nostra aspirazione alla gioia e all'estasi che ci dà il senso (illusiorio? veritiero?) di unirci a un'innominabile sublimità che ci trascende.
Un libro che è una esperienza. Anzi che E' esperienza. E che non si dimentica.