Ecco, sì è sacrosanto che si cominci ciascuno da sè, dalla proprio coscienza, e no, non pretendiamo che la Chiesa 'punti il dito', no, no, per carità - anche se noi ricordiamo anche un cristianesimo che quando c'è stato da urlare, ha urlato eccome, contro i comportamenti e le distorsioni plateali, gli scandali, che uccidono il senso del bene comune - ma già sentire un così eminente rappresentante della Chiesa che si accorge che in Italia sì, è vero, esiste una questione morale, è già qualcosa. Basta soltanto che l'ultimo appello di una Chiesa poco coraggiosa, non arrivi quando questo paese sarà già completamente distrutto nelle sue fondamenta etiche: in effetti, a ben guardare manca poco.
25/05/09
La Questione Morale - ora, finalmente, se ne accorge anche la CEI.
Ecco, sì è sacrosanto che si cominci ciascuno da sè, dalla proprio coscienza, e no, non pretendiamo che la Chiesa 'punti il dito', no, no, per carità - anche se noi ricordiamo anche un cristianesimo che quando c'è stato da urlare, ha urlato eccome, contro i comportamenti e le distorsioni plateali, gli scandali, che uccidono il senso del bene comune - ma già sentire un così eminente rappresentante della Chiesa che si accorge che in Italia sì, è vero, esiste una questione morale, è già qualcosa. Basta soltanto che l'ultimo appello di una Chiesa poco coraggiosa, non arrivi quando questo paese sarà già completamente distrutto nelle sue fondamenta etiche: in effetti, a ben guardare manca poco.
21/05/09
La Compassione - Il primo valore cristiano.
Ritter è uno dei più importanti filosofi tedeschi, oggi.
Si tratta di una serie di riflessioni sulla compassione.
Un tema che apparirebbe oggi, a prima vista, quasi desueto. Eppure di una stringente attualità, specie per noi cristiani.
Compassione, è bene dirlo subito, non vuol dire 'pena' come oggi va di moda pensare : 'ho compassione di qualcuno = mi fa pena'.
Tutt'altro.
Compassione ha radici ben più profonde e deriva direttamente dal latino: cum patire: soffrire insieme.
Soffrire insieme con qualcuno.
Parlando dell'Evgenij Onegin di Puskin, Dostoevskij si fece questa domanda: se un uomo può fondare la propria felicità sulla infelicità altrui.
In che modo placare lo spirito "se dietro a una persona vi è un gesto indegno, privo di compassione, quasi disumano ", che tipo di felicità è mai quella che si basa sull'infelicità altrui ?
Saresti disposto ad essere felice, poniamo il caso, veramente felice a scapito della sofferenza di un povero vecchio, causata (anche per necessità) da te, e sapendo che nessun altro al mondo saprà mai il tuo segreto ?
Dostoevskij allora si figura quello che avrebbe risposto Tatjana, nell'Onegin di Puskin, una pura anima russa, a quella domanda:
" fossi anche la sola a non conoscere la felicità e fosse la mia infelicità incomparabilmente più grande dell'infelicità di quel vecchio uomo, e nessuno, nessuno mio marito venisse a conoscenza del mio sacrificio o lo apprezzasse, ebbene NON VORREI ESSERE FELICE A SPESE DI UN ALTRO. "
Bene.
Ma quanti di noi, nel mondo di oggi condividono il principio, il valore che NESSUNA felicità (anche la più piccola) può essere costruita sull'infelicità (anche la più piccola) di un altro uomo ?
La compassione è proprio l'antidoto a questo principio: io NON posso essere felice, se la mia felicità dipende dall'infelicità altrui, perchè L'INFELICITA' ALTRUI E' LA MIA STESSA INFELICITA'.
Ma già Dostoevskij intravedeva nella MANCANZA di compassione il segno del proprio tempo, nel quale ciascuno rifugge dalla compassione per evitare ulteriori sofferenze personali.
Oggi, potremmo dire, questa sembra essere la regola.
Il mondo sembra dominato dall'interesse. E in nome dell'interesse personale (politico, economico, monetario, sociale, ecc..) la compassione viene sacrificata.
Se posso essere ricco costruendo una fabbrica che produce diossina e rende infelice migliaia di persone, cosa importa ?
Se posso guadagnarmi il posto in ospedale, all'università, al lavoro, a scapito di un altro al quale spetterebbe forse più di me, cosa importa ?
Se posso divertirmi sapendo che il mio divertimento causerà la sofferenza di altre persone, cosa importa ?
Ovviamente la mancanza di compassione non è estinta. Però è gravemente minacciata.
E chi ce l'ha nel sangue, chi ce l'ha professata nel proprio credo religioso, perchè la compassione E' un grande valore cristiano (anzi, forse il principale ?? Ama il prossimo tuo come te stesso..), oggi fa fatica.
Ma non bisogna stancarsi.
Bisogna fare il piccolo, bisogna essere umili, bisogna ascoltare il nostro cuore.
E se lo ascoltiamo davvero sentiamo che lui ci dice sempre la stessa cosa, e cioè che la nostra felicità slegata da quella degli altri non è felicità, e che noi siamo uomini, veramente, solo insieme agli altri uomini.
11/05/09
La vita è un dono.
Proprio qualche tempo fa su 'Avvenire' Paola Springhetti ha interrogato il filosofo francese Jean-Luc Marion proprio sulla 'filosofia del Dono'.
"Dono" dice Marion " è - lo sappiamo - UNO SCAMBIO SENZA CHE CI SIA UN PREZZO DA PAGARE. Ma l'interpretazione - aggiunge il filosofo - è insufficente. Il dono NON E' lo scambio tra due persone che stanno su di un piano di parità. Infatti lo SCAMBIO è reciproco, mentre il DONO non lo è. "Ora chiediamoci:" Qualcuno mi ha fatto UN DONO mettendomi al mondo ?"
E a questo proposito Marion ci dice: " Questo dono (il dono dei genitori che danno la vita ai figli) nonpuò essere ricambiato: un figlio potrà amare il padre, ma non potrà mai essere ciò che il padre è stato per lui. E proprio il susseguirsi delle generazioni ci parla del dono che apre alla vita, a nuovepossibilità, al futuro."
E' la stessa cosa che passa tra trovare per caso un portafoglio pieno di monete in strada, mentre camminiamo, o ricevere lo stesso portafoglio da un donatore, da qualcuno che "ha voluto" darcelo. Le conseguenze che si tirano, sono fondamentali, e le vediamo chiaramente nella nostra vita.
Una volta pensare che la vita sia un DONO di Qualcuno era la norma,era del tutto naturale. Chi viveva si sentiva 'in obbligo' verso questo misterioso donatore. Se ricevi un dono - non ci vuole Marion per capirlo - nasce un diverso sentimento: la tua responsabilità. Ti senti comunque 'in debito'.
Anche se sei il più irriconoscente, il più leggero degli uomini, sentirai dentro di te l'esistenza di questo lascito. Oggi invece il pensiero predominante sembra essere quello che la Vita non è un dono. Ma che la Vita l'abbiamo trovata per caso. E forse, di una cosa trovata per caso, non si sa bene neanche cosa farsene. Anche perchè il trovare una cosa per caso non cancella le domande.
Semmai ne fa scaturire di nuove:
Tuo figlio ti guarda negli occhi, e ti chiede conto ogni giorno:"padre, grazie, " oppure: "padre, perchè?" o ancora "padre è giusto ?" "padre è sbagliato?"
Ti domanda, un figlio.Ti chiede, sempre, e non si stanca.Nello stato in cui siamo invece, sembra che queste domande, meta-fisicamente, non riusciamo più a porcele. C'è solo un vago rimestare:" se io non ho ricevuto nessun dono, non sono in obbligo con nessuno,non DEVO RENDER conto a nessuno. "
La vita è a mio umile avviso, troppo forte, troppo piena di senso,troppo drammatica, troppo 'direzionale', troppo viva, troppo vera, per NON essere un dono.
10/05/09
La Visita di Benedetto XVI - Le parole di Charles de Foucauld.
l’islamismo mi piaceva molto, con la sua semplicità, semplicità di dogma, semplicità di gerarchia, semplicità di morale; ma vedevo chiaramente che era privo di un fondamento divino e che la verità non era lì. Sono rimasto per dodici anni senza negare e senza credere nulla, senza sperare nella verità, e senza nemmeno credere in Dio, visto che nessuna prova mi sembrava abbastanza evidente... Vivevo come si può vivere quando l’ultima scintilla di fede si è spenta... Con quale miracolo la misericordia infinita di Dio mi ha ricondotto da tanto lontano?
Mentre ero a Parigi per far stampare il resoconto del mio viaggio in Marocco, mi sono trovato insieme a persone molto intelligenti, molto virtuose e molto cristiane e mi sono detto che forse questa religione non era assurda; al tempo stesso, una grazia interiore estremamente forte mi spingeva. Mi misi ad andare in chiesa, senza credere; solo lì mi trovavo bene, e passavo lunghe ore a ripetere questa strana preghiera: «Mio Dio, se esistete fate che Vi conosca!»..
Mi venne l'idea che dovevo informarmi su questa religione, dove forse si trovava quella verità che disperavo di trovare; e mi dissi che la cosa migliore era quella di prendere lezioni di religione cattolica, così come avevo preso lezioni di arabo; come avevo cercato un buon thaleb che mi insegnasse l'arabo, così cercai un sacerdote istruito che mi desse informazioni sulla religione cattolica...
Mi parlarono di un sacerdote molto distinto, ex allievo dell’Ècole Normale; lo trovai nel suo confessionale e gli dissi che non ero lì per confessarmi, perché non avevo fede, ma che desideravo avere qualche informazione sulla religione cattolica...
Il buon Dio, che aveva cominciato in modo così potente l’opera della mia conversione, attraverso questa grazia interiore così forte che mi spingeva in chiesa quasi irresistibilmente, la portò a termine: il sacerdote divenne il mio confessore e, per i quindici anni trascorsi da allora, non ha smesso di essere il mio migliore amico. Non appena credetti che c'era un Dio, compresi che non potevo fare altro che vivere per Lui: la mia vocazione religiosa risale alla stessa ora della mia fede.Non appena seppi che c’era un Dio non ho potuto far altro che dargli fiducia...“.
04/05/09
La risposta di Enzo Bianchi a Mancuso. Nessuna salvezza al di fuori di Gesù Cristo.
Così, quando l’uomo chiede salvezza, si fa voce anche di tutte le creature, animate e inanimate. A questo dolore cosmico non può che corrispondere una salvezza cosmica, salvezza che appare soprattutto come liberazione dalla morte, come nuova creazione dove «non ci sarà più la morte, né il lutto, né il lamento perché le cose di prima sono passate» (Apocalisse 21,4). Con una certa audacia si potrebbe affermare anche che ogni essere umano, in virtù di un dinamismo che precede il suo volere e il suo sentire, è attirato verso la salvezza assieme a tutta la creazione. Salvezza che, per essere autentica, deve declinarsi come liberazione dalla morte: così nella loro attesa di salvezza i cristiani sono chiamati a sperare per tutti nella venuta definitiva del Signore che apporterà alla storia il suo compimento. Ora, nella fede cristiana questa salvezza è azione di Dio nella storia, dall’in-principio fino a quando la storia stessa troverà il suo compimento. Per i cristiani, quindi, c’è una storia di salvezza grazie a un’azione di Dio - acclamato già da Israele come Goel, «Redentore», nell’uscita dall’Egitto - che ha il suo culmine nell’incarnazione, nell’umanizzazione di suo Figlio.
Il Dio dei cristiani è il Dio che salva, che si prende cura del sofferente; è il compassionevole che accorre dove c’è la vittima, le si fa vicino e non l’abbandona neanche al di là della morte. È quanto ha fatto Gesù - il cui nome significa «il Signore salva» - con le persone che incontrava: è passato tra gli uomini salvando le vite, come ci testimoniano i Vangeli con la loro narrazione di storie personali e di relazioni con Gesù. E avendo vissuto l’amore fino all’estremo e senza contraddizioni, Gesù quale Figlio è stato risuscitato dal Padre in modo che l’amore di Dio, l’amore che è Dio vincesse la morte. L’evento dell’alba pasquale sigilla la presenza della salvezza autentica: Gesù risorto ha trionfato sulla morte ed è veramente il Kyrios, il Signore della Chiesa e del cosmo. Questa è la fede cristiana e la declinazione della salvezza cristiana, oggi non capìta neppure da molti cristiani che non osano credere nella risurrezione di Gesù, nella vittoria dell’amore sulla morte e sovente preferiscono pensare alla salvezza come realizzazione di sé, guarigione, felicità da acquisire nell’istante che passa, speranza terapeutica di tutti gli aspetti della realizzazione di sé. Così l’attesa della salvezza si è fatta individualistica: ciascuno si limita a sperare per sé, per la realizzazione dei propri interessi, identificando la salvezza con una promessa personale di vita senza gli altri o persino contro gli altri.
Questa deriva dell’idea di salvezza va denunciata con chiarezza senza pertanto misconoscere le molteplici ferite che affliggono l’esistenza quotidiana, le sofferenze nascoste sotto la superficie patinata di una società costantemente intenta a darsi un’immagine luccicante di illusioni. Ecco perché la storia della salvezza va coniugata con la salvezza delle storie: già qui e ora si può sperimentare la salvezza come arte del vivere quotidiano, una salvezza sì personale, ma anche solidale con gli altri e con il cosmo. È quanto ha testimoniato l’esistenza terrena di Gesù, il suo percorso di ricerca del senso della vita, della liberazione dalla morte.
La fede cristiana pensa dunque che la salvezza è opera di Dio, che l’uomo non si salva da se stesso, che questa salvezza ha avuto la sua pienezza in Gesù Cristo, l’unico salvatore del mondo, al quale competerà l’atto finale della storia, il «giudizio» che mostrerà come la salvezza è stata offerta a tutti ed è da tutti perseguibile, ma rivelerà anche chi potrà parteciparvi, in base alle scelte operate durante la propria vita, scelte secondo l’amore, che portano alla via della vita, o scelte contro l’amore, che conducono sulla via della morte e del nulla. Purtroppo oggi nella Chiesa questa predicazione sul giudizio escatologico è carente rischiando così non solo di dimenticare l’orizzonte della storia e le realtà ultime, ma anche di smarrire la comprensione della vera e definitiva salvezza.
Un filosofo ateo come Adorno ha osato pensare la liberazione per tutti e non a caso ha concluso che questa potrebbe esserci se ci fosse un giudizio finale, una risurrezione dei morti che introducesse le vittime della storia in una condizione di salvezza e di restituzione all’integrità. Questa per i cristiani è una convinzione essenziale della fede: se infatti Cristo non è risorto, se non ci sarà giudizio finale, vana è la nostra fede e noi cristiani siamo da compiangere come i più miserabili (cfr. Prima Lettera ai Corinti 15, 17-19). A questa concezione cristiana si opposero ben presto altre letture della salvezza o altre salvezze, come quella dichiarata dalle «gnosi», dove la salvezza consiste in una presa di coscienza da parte dell’uomo di se stesso e della sua identità divina originale avente in sé, senza Dio, una capacità di redenzione. Oggi, sulla scia delle gnosi, attraversano la nostra cultura molte concezioni di salvezza che negano o attenuano l’azione di salvezza del Dio vivente nella storia: poco attente alla «storia di Gesù di Nazareth», sono portate a relegare l’evento della croce e della risurrezione di Gesù a semplice eloquenza dell’amore. Se la vicenda della rivelazione di Dio da Abramo a Mosè fino a Gesù è ridotta a una storia particolare, che riguarda un tempo e un popolo particolare, la si coglie come vicenda incapace di portata universale, come invece l’ha sempre letta la tradizione cristiana.
È per questo che, senza voler giudicare eretico Vito Mancuso né tanto meno volerlo condannare, ho letto i suoi due ultimi libri come appartenenti alla galassia di una gnosi oggi risuscitata. La fede cristiana, e non solo quella cattolica, è invece convinta che Gesù di Nazareth è stato ed è «l’immagine del Dio invisibile», «l’esegesi del Padre», il Figlio di Dio fattosi uomo, il giusto condannato e crocifisso perché in un mondo ingiusto questa è la fine che spetta al giusto. Sì, Gesù ha vissuto l’amore e la giustizia fino all’estremo e ci ha insegnato a vivere così quale vero uomo, l’uomo come Dio lo ha pensato nel crearlo. Con la risurrezione Dio ha mostrato che l’amore vissuto dall’uomo Gesù vince la morte e che dunque la salvezza è data a tutti quelli che si conformano a lui. Ecco perché, se nel mondo non ci fosse la Chiesa, verrebbe meno il segno e lo strumento del piano di Dio di riunire tutti gli uomini nell’unico corpo di Cristo, così che «l’uomo diventi Dio», secondo l’adagio dei padri orientali. Ma a questa salvezza possono partecipare tutti gli uomini di tutte le epoche e di tutte le culture quando, percorrendo vie di umanizzazione, si rendono conformi a Dio. È quanto ha rivelato Gesù nel discorso sul giudizio universale nel Vangelo secondo Matteo. L’evento della morte-risurrezione di Gesù per i cristiani è l’unico evento di salvezza, un evento di portata universale: «Cristo è morto per tutti - ricorda il concilio - e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale» (Gaudium et spes 22).
Tutti gli esseri umani, non solo i cristiani, non solo quelli che sono nella Chiesa, ma anche quelli «extra ecclesia» possono essere salvati da Cristo e la salvezza ha destinazione cosmica. Questa visione della storia di salvezza non si nutre di «miserabili artifizi, né di salti logici clamorosi», ma nasce dalla visione consegnataci dall’Antico e dal Nuovo Testamento in cui un popolo marginale, Israele, un ebreo marginale, Gesù, una comunità marginale come la Chiesa non sono una delle storie possibili, ma la storia scelta da Dio per fare alleanza con tutta l’umanità, perché il suo Nome possa regnare come speranza di salvezza per tutti quelli che nella libertà e per amore aderiscono alla buona notizia o all’immagine di Dio impressa per sempre da Dio stesso in ogni uomo fin dalla creazione. La storia del popolo di Dio, la vicenda terrena di Gesù è particolare, ma con la sua morte e risurrezione Gesù è anche morto all’appartenenza ristretta a un gruppo particolare, per rinascere all’universalità, a una presenza diffusa ovunque dal suo Spirito santo. La salvezza passa sì attraverso una storia particolare, ma è destinata e si estende universalmente.
ENZO BIANCHI - La Stampa 3 maggio 2009.
30/04/09
Mancuso vs. Bianchi - Una disputa sulla Salvezza.
24/04/09
La crisi, il denaro, la ricchezza, i cristiani e... Gesù.
Mi dispiace soltanto che parole di questo tono si siano sentite raramente - anche in ambito di gerarchie cattoliche - negli anni in cui tutto è stato sacrificato alla logica del profitto e del mercato, in occidente, con i risultati che tutti ormai abbiamo sotto gli occhi. Eppure, per un cristiano non dovrebbe essere difficile, anche soltanto aprendo i Vangeli, sapere che senso abbia la ricchezza materiale, di beni e di denaro, su questa Terra. Come sappiamo, Gesù è l’antitesi di Satana: alla bramosia dei beni materiali e del potere sulla natura e sull’uomo, Gesù sceglie come valore supremo “l’essere”. Gesù compie questa scelta nel deserto, dove non ci sono comodità né ricchezze, ma solo le cose strettamente necessarie alla sopravvivenza.
Sarebbe bello - anche se ahimè appare oggi ancora del tutto utopistico - immaginare una economia fatta dagli uomini non per acuire e consolidare i propri privilegi, ma costruita per essere 'serva' degli altri e per gli altri.
20/04/09
Oggi, 39 anni dalla morte di Paul Celan.
Una esistenza tragica, contrassegnata dalla costante fuga - lui ebreo - prima dalle atrocità del nazismo (ma perde sia il padre che la madre, fucilata in un campo di concentramento), poi da quelle del comunismo.
Un pensiero profondissimo che ha ispirato tutta la sua opera, con la frequentazione ravvicinata delle personalità più importanti della riflessione filosofica del secolo, prima fra tutte quella di Martin Heidegger.
Paul Celan è una voce cara ai cristiani. Le sue poesie tragiche, vere, dolenti, confortanti, aprono ogni volta il nostro cuore. Lo ricordiamo qui, con questa poesia, tratta da AtemKristall:
Nei solchi di quella moneta
notizie su Paul Celan:
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19/04/09
Benedetto XVI, l'82mo compleanno, e il nazismo - Il Papa si sente chiamato a sradicare i germi ancora vivi della ideologia distruttiva.
mons. Georg. La famiglia Ratzinger fu infatti vittima, come tante altre in Germania, della macchina di morte del regime nazista contro "i malati o i difettosi": un cugino, poco piu' giovane di Joseph e Georg, nato con la sindrome di Down, fu portato via dalla sua casa nella Baviera sud-orientale in base alle nuove disposizioni del Terzo Reich, che proibivano ai figli handicappati di rimanere coi propri genitori.
nella foto: Joseph Ratzinger studente di teologia a Frisinga.
18/04/09
Clonazione - L'allarme di Padre Giertych .
12/04/09
E' risorto !
Anche oggi risorge nel cuore degli uomini. Anche oggi, e sono passati duemila anni. Intere generazioni hanno portato consapevolmente o inconsapevolmente dentro le loro storie, la fatica di tutti i giorni, le vite di anni e anni, le Sue parole, l'esperienza della Sua presenza viva, e l'hanno trasmessa alle generazioni future, fino a noi, uomini del ventunesimo secolo.
Anche oggi lo scandalo della pietra rotolata è inaccettabile per molti, ma come ha detto il Papa pochi minuti fa, nel messaggio Urbi et Orbi, i cristiani sono 'follemente' convinti che questa non sia un mito ne' un sogno, non una visione ne' un'utopia, e nemmeno una favola, ma un evento unico ed irripetibile.
E sanno che senza questa 'follia' lo stesso Cristianesimo - e tutta la loro fede con esso - non avrebbe alcun senso.
Sì, Cristo è risorto. Apparve alla Maddalena, apparve ai discepoli: essi lo hanno testimoniato. E molti di loro, dopo sono morti per testimoniarlo. A questo crediamo. Questa è la nostra speranza in vita, e in morte e dopo la morte.
Buona Pasqua a tutti !
11/04/09
10/04/09
L'ora del Grande Silenzio.
05/04/09
Un cristianesimo senza Cristo ? - Domenica delle Palme.
Che cosa sarebbe il Cristianesimo senza Cristo ? Difficile da immaginare. Eppure, in questi tempi, ho l'impressione - più che una impressione in realtà - che molto disinvoltamente si tenda spesso a 'fare' Cristianesimo senza Cristo, ovvero mettendo in secondo piano - quasi senza mai pronunciarne nemmeno il nome - la figura di Cristo.
E questa tendenza noto specialmente in una certa teologia che viene molto corteggiata dai giornali e dai media - penso anche a Vito Mancuso, il cui lavoro è sicuramente degno di attenzione, di studio e di considerazione, tra i più brillanti degli ultimi anni in assoluto - la quale propone e disputa infiniti discorsi su un 'Dio', un Dio Cristiano, la cui figura quasi mai però assume i caratteri specifici della persona del Nazareno.
Eppure, se una caratteristica peculiare il cristianesimo ha, tra le molte, è proprio quella di essere la religione che ha una persona al suo centro: la persona di Gesù Cristo, di Nazareth. Senza Gesù Cristo, il Cristianesimo cosa diventa, cosa diventerebbe ? Sicuramente un'altra cosa.
Non la religione nella cui fede abbiamo professato nel Battesimo, e nei Sacramenti. Assisto insomma al diffondersi di un cristianesimo a-personificato, e anche un po' pagano, mi sembra, che mescola piani diversi, e che cerca probabilmente di adattarsi allo spirito dei tempi. Il che, non sarebbe neanche un male assoluto, perchè il cristianesimo deve anche incarnare i tempi che vive.
Ma elidere Gesù Cristo non è mai un buon segno, non può esserlo. Ogni nostra considerazione cristiana non può che partire da Gesù Cristo.
Dovremmo ricordarcene in particolar modo oggi, quando si ricorda l'entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme. Gesù sembrava 'aver conquistato tutti'. Tutti sembravano essere ai suoi piedi, pronti a fare tutto per lui, a portarlo per sempre nei loro cuori, a tenerlo per sempre al centro dei loro pensieri. Eppure, come sappiamo bene, quegli stessi osannatori, appena quattro giorni dopo, si trasformeranno in un baleno nei condannatori e persecutori. Cercheranno di eliminare quel problema per sempre. Di cancellarlo. Non ci riuscirono. Riuscirono soltanto a rendere glorioso il suo nome, nei secoli. Oggi, forse, la musica è cambiata nuovamente. E' in corso una nuova cancellazione, più silenziosa, meno eclatante. Vedremo, sapremo, se da questo nuovo tentativo, inizierà una nuova, seconda, rinascita.
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04/04/09
Florenskij: cosa vuol dire autentico portatore dello Spirito di Dio.
03/04/09
Ultime dal pianeta cronaca - L'innocenza e il vuoto.
Quanti discorsi sentiamo sulla gioventù, sull'isolamento, sulla disperazione, sulla mancanza di ideali, o di speranza, sulla pochezza di vite che dovrebbero avere quella genuinità, quella forza potenziale di scardinare il mondo. Eppure per riassumerli tutti in un secondo, basta poco. Sono rimasto come molti - immagino - basito leggendo oggi le rivelazioni della stampa a proposito del 'Delitto di Garlasco'.
C'è sempre una feroce banalizzazione nel modo in cui media propongono alla curiosità morbosa dei lettori o dei telespettatori vicende come questa. E nella banalizzazione di turno, questa volta, ad Alberto, il fidanzato imputato spettava il ruolo del perverso e probabilmente del cinico corruttore che porta la sua 'innocente' fidanzata di fronte all'evidenza dei propri fantasmi, e una volta scoperto, si scopre perfino omicida. Mentre alla fidanzata uccisa spettava il ruolo di vittima innocente, sacrificale.
Ora apprendiamo dai verbali de-secretati (ad arte dalla difesa di Alberto, nel tentativo di ottenere una assoluzione dal rito abbreviato ) , che la realtà è - come sempre - ben più complessa, e si scopre un lato d'ombra della vittima, Chiara, davvero ingombrante, al punto tale che dietro la maschera della 'brava ragazza', studiosa e innocente, ella appare fatta di una pasta non molto diversa di quella del suo fidanzato (ma di quanti altri giovani in circolazione oggi nel nostro paese ??).
Come sempre questa rivelazione può essere scioccante, ma anche salutare.
Che immagine abbiamo noi dei ventenni ? Cos'è che li spinge a cercare, anche dentro vite apparentemente normali, borghesi, tranquille, perfino torpide, emozioni sempre più forti, estreme come tanto si usa dire oggi ? Qual è il vuoto che hanno dentro ? Dove è andata la loro anima ? Che cosa è successo alla loro anima ? All'anima di chi li ha educati, a quella dei loro genitori ? Davvero il compiacimento sessuale, il vouayerismo, la perversione, la ferocia del sangue sembrano essere i nuovi idoli di queste vite ?
31/03/09
Jabès - L'Ospitalità che crea il nostro essere Persone.
Cruciale anche per noi cristiani, che dovremmo fare dell'ospitalità all'altro, al clandestino, al rifugiato, all'esiliato, al derelitto, al sofferente, al fuggitivo, al povero, all'emarginato, la nostra bandiera di vita. Purtroppo invece nella nostra bella Italia cristiana succede esattamente il contrario, come illustrato, assai amaramente dal pezzo pubblicato oggi in prima pagina sul Corriere della Sera da Gian Antonio Stella e che potete leggere cliccando qui.
All’ospitalità Jabès dedicò un libro ( in Italia: Il libro dell’Ospitalità – Edmund Jabès, Raffaello Cortina Editore, 1991 ).
E l’ospitalità di cui parla Jabès, la ricchezza maggiore per un individuo, per una persona: è quella che permette a due estranei di incontrarsi e di (ri)conoscersi. Con l’incontro, lo svelamento reciproco:
Posso rivelare il mio nome soltanto a colui che non mi conosce.
Colui che conosce il mio nome, lo rivela a me.
E’ dunque solo l’altro, colui attraverso il quale io posso imparare il mio nome. E’ grazie alla sua accoglienza/ospitalità che io posso identificarmi. Ed è l’attesa di/per qualcuno che genera la sua presenza, le concede significato:
Tu esisti perché io ti attendo.
Anche attendere non è quindi un’operazione passiva, ma creativa. La parola ospite, infatti ha in lingua italiana, una doppia valenza, attiva e passiva: colui che ospita, e colui che è ospitato
L’ospitalità, dice Jabès, è crocevia di cammini. Ma noi sappiamo aspettare l'atteso ? Sappiamo riconoscerlo ? Sappiamo ospitarlo ?
27/03/09
Signore dei Tempi e degli Attimi - Una preghiera.
dov’è dunque la luce di questo giorno?
La sera spoglia ogni uomo,
lo distende per il sonno,
mostrandogli che tutti i suoi beni
restano quaggiù.
Gli leva le vesti,
lo mette a nudo.
Così la morte spoglia l’uomo
dei suoi beni.
Appare il mattino
e rende le vesti
a coloro che se ne rivestono:
figura della Risurrezione,
grandioso stupore.
Dì a te stesso questo:
quel che la sera ti toglie,
il mattino te lo rende
perché tu te ne copra le membra.
Svegliaci Signore,
dalla sonnolenza di questo mondo.
Allora in colui che viene
noi erediteremo la vita con i tuoi santi.
Donaci di rivestire
le vesti appropriate
per la sala del banchetto
e di prepararci
dei sontuosi mantelli di virtù.
Lode a te, mio Signore,
che hai separato la notte dal giorno,
e li fai immagini, parabole del mistero.
Noi ti confessiamo, Signore dei tempi e degli attimi.
Tutto se ne va, ma tu, tu resti te stesso
senza fine. Amen.