Quando si arriva al termine di questa monumentale, magnifica biografia di Ray Monk, scritta nel 1988, e diventata il testo di riferimento della materia, si sperimenta lo strano fenomeno - che accade soltanto per le opere notevoli - per cui la persona di Ludwig Wittgenstein sembra divenuta così familiare, che ne sentiamo perfino la perdita umana, come di qualcuno che conosciamo bene e che fa parte della nostra cerchia.
Minuziosissimamente documentata, questa biografia, esprime già nel sottotitolo la linea che ha guidato Monk: quella di riconoscere nella vicenda storico-biografica di Wittgenstein la messa in scena degli imperativi descritti da Otto Weininger in Sesso e Carattere, il libro che più di ogni altro influenzò il filosofo viennese durante la sua formazione: quelli cioè di permettere al genio - al genio artistico, filosofico, speculativo, creativo - di emergere a qualunque costo, nel corso di una esistenza: esiste cioè un dovere che riguarda chi è depositario di un dono così grande, di un talento così grande, non solo di non disperderlo, ma di preservarlo da ogni sorta di interferenza e di contaminazione di qualunque implicazione mondana.
Wittgenstein prese così sul serio questo precetto nella sua vita, che al genio, al suo genio, sacrificò tutto: l'enorme patrimonio di famiglia (proveniva da una delle famiglie più ricche d'Europa), rinunciando a tutta la sua parte d'eredità; la comodità e la facilità di ogni sistemazione di vita e di professione; la vita sociale (costringendosi a esili solitari nelle sperdute lande di Norvegia o Irlanda); la vita accademica; gli affetti personali compresa la sessualità.
Lungo le seicento, fitte pagine del testo di Monk si seguono così le vicende del grande filosofo, in quattro diversi tempi: la prima, gioventù, le radici familiari, l'arrivo in Inghilterra, prima a Manchester e poi a Cambridge, l'amicizia con Bertrand Russell (un sodalizio difficile che durante gli anni collasserà), la prima fuga nel fiordo norvegese e la partenza al fronte militare, per la prima guerra mondiale, durante la quale Wittgenstein rimase arruolato ininterrottamente per cinque anni; la seconda parte con la faticosa pubblicazione del Tractatus, la sua opera capitale, l'unica che pubblicò durante la vita, e che sconvolse il mondo filosofico e accademico; la terza parte con il periodo tra le due guerre, la relazione con Francis Skinner, il crollo dell'Austria sotto l'incombere della minaccia nazista, la dissoluzione del patrimonio famigliare, il rischio concreto per i suoi congiunti di finire stritolati - in quanto ebrei - nella macchina della Shoah; infine la quarta parte con il secondo conflitto mondiale vissuto in Inghilterra, da esule, come volontario negli ospedali di Londra e poi il faticoso e doloroso dopoguerra, fino alla scoperta della malattia fatale (cancro alla prostata) e la morte a soli 62 anni.
Wittgenstein attraversò la prima metà del secolo con la profondità implacabile del suo pensiero, e soprattutto con la necessità di essere all'altezza del compito morale che lo attendeva, di diventare ed essere cioè prima di tutto una persona decente, la preoccupazione che ricorre praticamente ovunque nei diari e nelle riflessioni intime del filosofo.
Un grande libro che si legge appassionatamente come un grande racconto a metà tra la pura narrazione e il rigore scientifico di studio dell'opera di quello che oggi è considerato - con Heidegger - il maggior filosofo del Novecento.
Nessun commento:
Posta un commento
Se ti interessa questo post e vuoi aggiungere qualcosa o commentare, fallo.