C’è una ragione che appare evidente a tutti del motivo per cui la
Battaglia di Ponte Milvio è unanimemente considerata una delle più importanti
della storia moderna: già dalle lezioni mandate a memoria sui banchi scolastici
si è imparato a comprendere che la vittoria dell’esercito di Costantino I il
Grande, il 28 ottobre del 312 d.C. contro le truppe rivali di Massenzio, segnò
i destini non solo dell’Impero Romano, ma dell’Occidente intero, visto che già
dall’anno seguente la Battaglia, nel 313, lo stesso Costantino promulgò il
celebre Editto di Tolleranza o Editto di Milano, primo passo del rapido
processo di cristianizzazione che contrassegnò la storia dell’Europa prima e
dell’Occidente poi.
Quella battaglia ha rappresentato a lungo un rompicapo per gli storici.
Non ci sono infatti motivi razionali sufficienti per spiegare le ragioni per
cui Massenzio, “l’usurpatore” – colui che aveva occupato, nel difficile periodo
della tetrarchia nel quale il potere nell’Impero era massimamente frazionato –
pur disponendo di forze superiori e comodamente asserragliato nelle mura mai
violate della città di Roma, decise di affrontare il nemico, Costantino,
in campo aperto, andando così incontro
ad una delle più cocenti sconfitte della antica storia bellica.
Costantino arrivò alle porte di Roma dopo una dispendiosa campagna
militare nel nord Italia contro le truppe avversarie e dopo aver attraversato
l’Italia centrale discendendo lungo l’antico tracciato della Via Flaminia.
Giunto in prossimità dell’Urbe, Costantino, il grande condottiero nato e
cresciuto sui campi di battaglia, si accampò subito prima della collina di
Prima Porta, ultimo rilievo prima della valle del Tevere che conduce a Roma.
Ed è proprio in quel luogo – là dove sorge l’Arco di Malborghetto, un
monumento che pochi romani ancora conoscono – che sarebbe stato testimone di
quella visione dai contorni leggendari:
nella notte prima della battaglia, riferiscono due diverse fonti, lo scrittore latino Lattanzio e il vescovo
Eusebio di Cesareo, l’Imperatore avrebbe visto nel cielo notturno quel segno –
la Croce – insieme al volto di Cristo, che gli assicurava protezione e vittoria
contro l’avversario pagano.
Sui contenuti di questa Visione si è molto
discusso, nei secoli. Illusione, suggestione, realtà, abile strategia ? Insieme
a Bruno Carboniero in un recente saggio pubblicato per Edizioni Mediterrenee (‘In Hoc vinces’, 2011) abbiamo fornito i
risultati di una sorprendente scoperta (che ha già avuto risonanza in ambito
scientifico e accademico) che legherebbe la visione ad un preciso ed eloquente fenomeno
astronomico visibile proprio in quella notte.
Il resto della storia è noto: Costantino,
persuaso dalla visione – che tutto il mondo conosce con la sigla ‘In hoc signo vinces’ – fece iscrivere
il segno della Croce criptato nel simbolo del Labarum sulle insegne del suo esercito e il giorno dopo la
clamorosa vittoria gli arrise: le truppe di Massenzio, fuoriuscite dalla città
affrontarono quelle di Costantino nella piana di Saxa Rubra. Con una manovra a
tenaglia le seconde ebbero subito il sopravvento, costringendo l’esercito di
Massenzio ad indietreggiare fino all’argine naturale del Tevere, nelle cui
acque l’usurpatore stesso finì per annegare insieme al suo cavallo.
Costantino, con questa schiacciante vittoria, divenne il più importante
pretendente al potere assoluto imperiale, che assunse di lì a poco, nel 324
d.C., dopo la morte di Licinio, restando
l’unico regnante fino alla morte che avvenne nel 337.
Nel giro di soli due decenni dunque, l’Impero Romano cambiò totalmente
pelle, diventando cristiano, nacquero le prime grandi basiliche romane, il
culto fu istituzionalizzato, l’Impero conobbe una nuova stagione di enorme e
stabile prosperità.
Di tutto questo Flavio Valerio Costantino fu il fautore, e a coloro che
oggi vivono a Roma questa vecchia storia millenaria dovrebbe comunque essere
molto familiare, se non altro per la stessa etimologia dei luoghi che si
attraversano, in particolare nel territorio del XXmo Municipio: Labaro,
Malborghetto, Saxa Rubra, Ponte Milvio.
Luoghi costantiniani che parlano ancora oggi, di una storia vera e
concreta che ci riguarda da vicino e che racconta non solo dei nostri padri ma
anche di noi, per capire chi siamo e
come siamo arrivati ad essere quello che siamo.
Fabrizio
Falconi
in testa: Piero della Francesca, Vittoria di Costantino su Massenzio, ciclo della Leggenda della Vera Croce, Basilica di San Francesco, Arezzo.
in testa: Piero della Francesca, Vittoria di Costantino su Massenzio, ciclo della Leggenda della Vera Croce, Basilica di San Francesco, Arezzo.
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