30/12/09

Capodanno 2010 - Che mondo verrà ?

Che mondo ci lasciamo alle spalle ? Che mondo ci aspetta ? Sono domande rituali alla fine di un anno solare, e ogni volta ce le riproponiamo. Non rimpiangeremo molto, io credo, questi Anni Zero. Alcuni grandi problemi del mondo si sono aggravati. Altri, come la disuguaglianza delle ricchezze e delle povertà, restano immutati. Eppure a me sembra più evidente che nessun cambiamento collettivo sarà possibile - per Occidente, Oriente, e per il mondo intero - se non sarà preceduto e accompagnato da un cambiamento individuale interiore. Ed è con questa convinzione che vi porgo i migliori auguri di pienezza per l'anno che viene - il primo degli anni '10 - riproponendovi queste illuminanti parole scritte da Teilhard de Chardin nel 1947 in risposta ad un questionario dell'Unesco sui diritti dell'Uomo.

Per innumerevoli motivi convergenti, l'elemento umano si trova definitivamente impegnato in un processo irresistibile, tendente allo stabilimento di un sistema organico-psichico su tutta la terra. Volente o nolente, l'umanità si collettivizza, si totalizza sotto l'influsso di forze psichiche, fisiche e spirituali di ordine planetario. Ne consegue, nel cuore stesso di ogni essere umano, il conflitto attuale tra l'elemento, sempre più cosciente del proprio valore individuale, e i legami sociali sempre più esigenti.

A pensarci bene, tale conflitto è solo apparente, biologicamente noi lo vediamo ora, l'elemento umano non è autosufficiente. In altri termini, non è isolandosi, ma associandosi in modo conveniente con tutti gli altri che l'individuo può sperare di giungere alla pienezza della sua persona.

Collettivizzazione e individualizzazione non rappresentano pertanto due movimenti contraddittori. Tutta la difficoltà sta soltanto nel regolare il fenomeno affinché la totalizzazione umana si attui non sotto una pressione esterna, meccanizzante, ma per effetto interno di armonizzazione e di simpatia.

2 commenti:

  1. da allora si è spinto, almeno in Occidente, su un individualismo esasperato al punto di perdere di vista, quasi completamente, il senso di appartenenza ad una comunità particolare, la propria e a tutta la comunità umana, come se l'dentità di ognuno si costruisse guardando allo specchio la propria immagine riflessa..se ne vedono troppi segni ed anche quando si parla di cultura e di radici culturali sembra quasi che costoro si riferiscano ad una cornice di puro confine di questi esseri illusoriamente autosufficienti...ogni epoca ha le sue nevrosi collettive! la nostra ha questa ricerca esasperata di libertà nella parte ricca del mondo mentre l'altra parte chiede giustizia a orecchie disattente perché troppo attenta al proprio ombelico, talmente attenta da non accorgersi delle proprie responsabilità nell'ingiustizia che c'è...occorre il coraggio di guardare i propri abissi, illuminati dalla luce della parola, e fare esperienza della comune umanità, allora, forse ci accorgeremo di quanto ci unisce ad ogni essere umano e di come ognuno è responsabile di ciascuno...altrimenti quella che domina è la risposta di Caino quando Dio gli chiede conto di
    Abele.....sono forse responsabile io di mio fratello..... si! ognuno di noi è responsabile di chi ci ama, di chi amiamo, di chi ci è affidato, di chi incontriamo, di chi non conosciamo se nel mio modo di vivere viene sottratto qualcosa a lui..... si! ognuno è responsabile di ognuno e sino a che non capiremo questo il mondo non potrà essere un meno schifoso di come é!

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  2. Grazie Alessandro.

    Paul Ricoeur scrisse una volta: 'C'est l'amour qui oblige'.

    E' una frase meravigliosa.

    Chi non ama nessuno, non ha obblighi, nè responsabilità. Vive di se stesso e con se stesso, in una prigione angosciante che ha fine soltanto con la morte.

    Chi ama, perde ogni giorno la sua vita, ma ne dona un pezzetto agli altri. Sotto forma di carico, di responsabilità, di con-divisione. Tutte cose che costano care al mercato della propria auto-gratificazione.

    Ma a quanto pare l'uomo è umano - cioè appartenente al creato e alla razza biologica, ma differente da tutto il creato - proprio in virtù di questa sua capacità di amare.

    F.

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