Mentre il Mar Mediterraneo viene trasformato in
un cimitero, mentre il nostro Ministro degli Interni rifiuta di salvare vite
umane usandole come numeri per fini propagandistici, lʼEuropa arranca e
oltreoceano 2.000 minori latinoamericani vengono separati dai genitori alla
frontiera fra il Messico e gli Stati Uniti.
LʼEditore Castelvecchi decide di onorare questo
giorno proponendo alcuni brani significativi tratti dal proprio catalogo, nella
convinzione che solo una profonda diffusione dei valori umani della cultura
dellʼincontro e dellʼaccoglienza possa contrastare le politiche xenofobe e
razziste dilaganti oggi nel mondo.
«Vi è una tendenza alla separazione
territoriale molto diffusa in tutta Europa e anche in tanti luoghi del
continente americano. Determina la creazione di comunità chiuse, protette da
cancelli, circondate da telecamere a circuito chiuso, con guardie a sorvegliare
l’ingresso che consentono l’accesso solo a chi è stato invitato – o è
comunque come noi o simile a noi –, sbarrando il passaggio agli estranei. Separarsi significa “interrompere la
comunicazione”. Separazione può diventare apartheid:
confinare le persone che consideriamo scomode e inquietanti, tenerle a
distanza, non permettere loro di avvicinarsi».
Zygmunt Bauman, Scrivere il futuro
«La xenofobia che oggi comincia
a sorgere in alcuni Paesi centrali contro gli immigrati, contro i sudamericani,
contro gli africani non è che una risposta fanatica. E la paura, il terrore di
chi è malato d’odio per via dell’oppressione, di chi risponde con l’unica cosa
che ha, l’immolazione, ci fa entrare in una logica di cecità che
costituisce oggi uno dei pericoli più grandi cui ci troviamo esposti. Sta
rifiorendo una destra che non è destra, ma che è fascista, nel cuore di un
continente evoluto come l’Europa; questo deve rappresentare un vero allarme per
noi e sollecitarci a una missione di carattere politico: sottolineare il ruolo
che hanno la tolleranza e il rispetto per l’auto- determinazione».
José “Pepe” Mujica, Non
fatevi rubare la vita
«Definire dei singoli disarmati col nome di
invasori è spaccio di moneta falsa. Il nostro vocabolario serve a difenderci dai falsari che lo
distorcono per intossicare l’organismo sociale di una comunità. Tentare di
arginare migrazioni è mossa vana, sterile e contro la natura».
Erri De Luca, Prefazione a Domenico Di
Cesare, Migranti
«L’intera storia biblica è storia di migranti:
da Abramo a Giuseppe a Rut per finire con la fuga in Egitto della Santa
Famiglia. E se Abramo, una volta giunto nella terra di Canaan, deve poi
abbandonarla per una carestia, il popolo d’Israele, liberato dalla schiavitù e
destinatario del dono della terra, è chiamato a manifestare verso gli
stranieri la stessa cura e lo stesso amore di cui è stato oggetto: Dio infatti
ama il forestiero e gli dà pane e
vestito. Amate dunque il forestiero, perché anche voi foste forestieri nella
terra d’Egitto (Dt 10,18-19)»..
Papa Francesco, Le frontiere dellʼamore
«Siamo chiamati a vivere insieme. Forse così si
spiega il perché la democrazia moderna si sia affermata laddove più numerose
erano le migrazioni».
Riccardo Cristiano, Siria. Lʼultimo genocidio
«Il mondo è in questo taxi. Noi siamo quelli che
accolgono per primi, e ci guardi: siamo tutti stranieri! Guido da 14 anni, sono
stato anche istruttore. Non so i dati precisi ma credo che in questa città il
95% dei tassisti siano immigrati. Noi rappresentiamo New York! Nessuno è nato
qui, siamo tutti arrivati in cerca di lavoro e ci siamo lasciati tutti
sfruttare in cambio di pochi dollari. Gli Stati Uniti sono diventati la nostra
casa, conosciamo questa città meglio di chiunque altro. Prima c’erano gli
italiani e gli irlandesi. Ora tocca a noi».
Chiara Longo Bifano e Stefano Natoli, Passaggi
migranti
«Nel mio piccolo Paese ci sono
stati anni in cui arrivavano oltre quarantamila immigrati, attorno al 1910.
Nella Repubblica Argentina, a volte, toccavano il mezzo milione. Lo stesso
accadeva in Brasile. Bisogna anche ricordare l’eroico Messico che, nel 1939,
accolse in un colpo solo quasi un milione di immigrati, rifugiati provenienti
dalla Spagna franchista. L’America è stata terra di rifugio per milioni di immigrati.
L’Europa se ne è dimenticata, non ha motivo di serbar memoria di queste cose.
Oggi è ricca. Ha superato i suoi dolori e le sue angosce. Osserviamo con
terrore la resistenza sociale che stanno generando i fenomeni migratori in un’Europa
che è riuscita a superare la sua vecchia contraddizione (lo stato di guerra) e
che da molti decenni vive profondamente in pace, malgrado tutti i suoi problemi».
José “Pepe” Mujica, Non fatevi rubare la
vita
«Ebraismo, povertà, esilio,
migrazione. Vecchiaia, persino. Ebreo lo era per stirpe – così si diceva –,
anche se pienamente assimilato, com’era tipico di quell’alta borghesia del
Westen berlinese da cui nacque e da cui si separò sempre più. Esule lo
divenne nel 1933, per sopravvivere, per avere un qualche reddito. Da rifugiato,
negli ultimi anni fu povero fino alla miseria, divenne apolide, poi ancora
profugo. […] Walter Benjamin fu quindi innanzitutto un migrante economico».
Massimo Palma, Introduzione
a Walter Benjamin, Esperienza e povertà
«Migranti e rifugiati non sono
pedine sullo scacchiere dell’umanità. Si tratta di bambini, donne e uomini che
abbandonano o sono costretti ad abbandonare le loro case per varie ragioni, che
condividono lo stesso desiderio legittimo di conoscere, di avere, ma
soprattutto di essere di più. È impressionante il numero di persone che migra
da un continente all’altro, così come di coloro che si spostano all’interno
dei propri Paesi e delle proprie aree geografiche. I flussi migratori
contemporanei costituiscono il più vasto movimento di persone, se non di
popoli, di tutti i tempi».
Papa Francesco, Le frontiere
dellʼamore
«Se il pensiero razziale fosse
un'invenzione tedesca, allora il "pensiero tedesco" (qualunque cosa
sia) avrebbe trionfato in molte parti dell'universo spirituale assai prima che
i nazisti dessero inizio al loro sciagurato disegno di conquista del mondo. Se
l'hitllerismo ha esercitato un grande richiamo in Europa, in particolare nel
corso Degli anni '30, è stato perché il razzismo, benché dottrina di Stato solo
in Germania, costituiva ovunque una forte tendenza all'interno dell'opinione
pubblica. La macchina da guerra politica del nazismo era già in moto da tempo
quando nel 1939 o carri armati tedeschi iniziarono la loro marcia di distruzione,
poiché il razzismo, nella battaglia politica, era considerato un alleato più
potente di quaunque agente prezzolato (...) la verità storica è che il pensiero
razziale (...) emerse simultaneamente in tutti i paesi occidentali nel XIX
secolo. Fin dall'inizio di quel secolo, il razzismo ha costituito la potente
ideologia dell'imperialismo».
Hannah Arendt, Il razzismo
prima del razzismo
«Immigrati
uguale profughi, straccioni, poveracci, rifugiati, ladri. Prevale una
narrazione pietistica, paternalista, una narrazione standardizzata. Finché
continueremo a rappresentare gli immigrati soltanto come profughi, poveracci e
delinquenti, gli immigrati resteranno sempre e soltanto – nell’immaginario
collettivo – profughi, poveracci e delinquenti. E magari terroristi».
Jacopo Storni, Siamo tutti terroristi
«Per fortuna quella mattina pioveva. Nei giorni di pioggia sembrava che
il cielo avesse pietà delle anime dei migranti e impedisse al mare di diventare
la loro tomba. Quel giorno non si partiva».
Asmae Dachan, Il silenzio del mare
«Per l’anarchismo “io non sarò
libero finché non saranno liberi tutti”. Questo è il principio che soggiace a
ogni costruzione sociale che meriti il nome di umana, e il nazionalismo
inteso in senso positivo non può essere altro che un nazionalismo umile e
aperto, contrario alla xenofobia e allo sciovinismo, orgoglioso del suo
meticciato e responsabile della costruzione di una unità politica di dimensione
umana».
Teresa Forcades, Nazione e
compassione
«L’ideologia nazionalista, i
miti e le leggende nazionali mobilitano ancora le popolazioni frustrate.
Tanto più sono frustrate, tanto più ne sono mobilitate. Il vero straniero
non è più l’altro europeo, ma il migrante. Sono i migranti gli stranieri che
arrivano in mezzo a noi da chissà dove, che hanno costumi, religioni,
tradizioni e leggende diverse e un’opinione diversa su ciò che è vero e ciò che
è falso. Sono terroristi, occupano la nostra terra e la distruggono
interamente. Il pericolo intrinseco agli Stati nazionali si presenta di nuovo.
Lo straniero deve assimilarsi, o sparire. Da un lato la popolazione
europea non si riproduce, perciò ha bisogno dei migranti. In non più di
sessant’anni gli Europei hanno ucciso cento milioni di persone solo tra gli
Europei. Non sono soltanto i bambini a mancare, ma anche i genitori, i nonni, i
bisnonni. I peccati dei padri e dei nonni devono essere espiati. Dall’altro gli
Europei sono pronti ad accettare migranti (se proprio devono) solo a condizione
che si assimilino. Non all’Europa, che non possiede una memoria culturale e
tradizionale comune né un’unica lingua, ma all’uno o all’altro degli Stati
nazionali».
Ágnes Heller, Paradosso Europa
«Bisogna che tutti gli Europei
si abituino a considerare l’immigrazione un fenomeno normale, non un’emergenza:
in un mondo in cui circolano liberamente capitali e merci non si può negare
agli esseri umani lo stesso diritto. Le nostre società saranno sempre più
multietniche, lo si voglia o no, e dunque dobbiamo tutti, anche noi,
attrezzarci a vivere in rapporto con i diversi da noi. Dobbiamo imparare a
dialogare, a innestarci gli uni negli altri, e questo ci renderà tutti più
ricchi».
Luciana Castellina, Postfazione
a Domenico Di Cesare, Migranti
«“Tu non m’interessi”. Ecco una
frase che un uomo non può rivolgere a un altro uomo senza com- mettere una
crudeltà e ferire la giustizia. In
ciascun uomo vi è qualcosa di sacro. Ma non è la sua persona. Non è neanche
la persona umana. È lui, quest’uomo, molto semplicemente. È lui. Lui, tutto
intero».
Simone Weil, La persona è
sacra
«Chiudo l’intervista a Fadi con
una non domanda. Puoi terminare con le parole che vuoi: “Io ormai ho
ventisette anni, tutti vissuti nell’ingiustizia, e ogni anno è stato peggio
dell’altro. Togliermi la vita non sarebbe neanche un grande peccato, anche se
l’Islam condanna questo gesto; ho sofferto così tanto che sono davvero stanco.
I miei carnefici sono stati tanti: persone, città, Stati interi, sistemi, e io
non perdono nessuno di essi”».
Domenico Di Cesare, Migranti
«Ciò
che emerge è la miseria culturale di un’Europa incapace di reggere l’impatto
del fenomeno migratorio dal punto di vista psicologico e intellettuale, prima
ancora che sul piano strettamente politico e normativo».
Umberto Curi
(a cura di), Vergogna ed esclusione
«Le rotte che hanno solcato il Mediterraneo
raccontano di un destino comune che da millenni condividiamo. Gli scambi hanno
creato una rete che legava porti e città di tutto il Mediterraneo e oltre,
impegnando cristiani, musulmani ed ebrei, senza troppe distinzioni e spesso
indipenden- temente dalle guerre che si combattevano tra regioni o imperi. Le
migrazioni ci hanno fatto condividere lingue, abitudini e gusti, e ci hanno
mescolato il sangue più di quanto molti amino pensare. Per il resto, è tutto
da fare. Sta a noi riconoscerci parte di una cittadinanza più ampia, complessa
e variegata di quella che siamo abituati ad attribuirci. E questa cittadinanza
siamo noi a doverla costruire. È la posta in gioco e insieme la scommessa
offertaci dal Mediterraneo, se vogliamo che davvero diventi il comune
denominatore del nostro futuro».
Alessandro Vanoli, Migrazioni mediterranee
«Abbiamo bisogno di decisioni che riguardino il
mondo intero. Coloro che cercano di attraversare il Mediterraneo non sono
poveri dell’Africa, sono poveri dell’umanità. E per favore, non è un proble-
ma dell’Italia, è un problema del mondo! Ma non c’è un governo mondiale. Non c’è nessuno che si
occupi di governare il mondo. Noi ci limitiamo a parlare delle elezioni e a
chiederci: chi vincerà? So che non è
dicendo queste cose che troveremo una soluzione ai problemi del pianeta, ma non
possiamo continuare a ignorare che apparteniamo tutti alla tribolazione di
questa barchetta che sta facendo le giravolte nell’universo».
José “Pepe” Mujica, La felicità al potere