05/05/13
La poesia della domenica - 'Anarchia cordis' di Fabrizio Falconi.
Anarchia cordis
Non c'è frutto più dignitoso
di questo temprato disappunto
della tua assenza. 'E' vero',
dice il ricordo, eravamo seduti
sotto il grande tamarindo, in un altro
tempo elastico, fatto di niente
fibre scollate dal vento
e c'era un'impronta lasciata
dal mare su un muro della casa
rossa abbandonata
dal cuore, il cuore respinge
gli ordini, disobbedisce, scuote
le regole, è irriguardoso e
sordo ad ogni ragionevolezza;
lo cercano le truppe militari
del governo centrale
della repubblica monarchica
del pensiero
non sono disposte a lasciarlo
fuggire e vogliono
il suo bene
o la sua perdizione;
ma l'impronta è sempre lì
sul muro della casa rossa
abbandonata, e lui non c'è
non c'è più e lo stanno ancora
cercando.
Fabrizio Falconi © - maggio 2013
in testa, opera di William Morris
03/05/13
Nasce a Gerusalemme il Terra Sancta Museum .
Nel 2015, nel cuore della Città Vecchia di Gerusalemme, nascerà il TERRA SANCTA MUSEUM, l’unico museo al mondo sulle radici del Cristianesimo e la conservazione dei Luoghi Santi.
Un’esposizione permanente, voluta dalla Custodia di Terra Santa, per scoprire la storia di questa terra straordinaria in cui da millenni s’intrecciano, in modo misterioso, i destini di molti popoli che convivono nei luoghi sacri delle tre grandi religioni monoteiste.
In questo particolare e delicato momento storico è di fondamentale importanza far conoscere al mondo intero la storia della presenza cristiana in Terra Santa, per favorire una maggiore consapevolezza delle nostre radici, contribuire all’unità della “famiglia umana” e diffondere un messaggio di pace nel mondo.
Con l’apertura al pubblico di un moderno complesso museale, i francescani della Custodia di Terra Santa intendono valorizzare il patrimonio artistico, archeologico, culturale, conservato durante gli otto secoli trascorsi in queste terre, per custodire i luoghi dove Gesù ha vissuto.
Agli innumerevoli pellegrini e visitatori, provenienti dal mondo intero, sarà proposto un percorso culturale flessibile, metodologicamente rigoroso e suddiviso in tre distinti momenti, distribuito nella Città Vecchia di Gerusalemme e, in futuro, esteso ad altre sedi della Terra Santa. Un unico complesso espositivo, composto da tre musei (Archeologico, Multimediale e Storico) distribuiti in due sedi esistenti (Convento della Flagellazione e Convento di San Salvatore) poco distanti, ubicate vicino alle principali mete di pellegrinaggio e turistiche di Gerusalemme (il Santo Sepolcro, il Muro del Pianto, la Spianata delle Moschee).
Ente Fondatore è la Custodia di Terra Santa, fraternità di religiosi (Frati Minori) che custodisce i luoghi della Redenzione, in concerto con lo Studium Biblicum Franciscanum, Istituzione scientifica per la ricerca e l’insegnamento accademico della Sacra Scrittura e dell’archeologia dei paesi biblici, con sede sempre a Gerusalemme.
Il Comitato scientifico è guidato da Eugenio Alliata, Direttore del Museo Archeologico dello Studium Biblicum Franciscanum. Capo Progetto e Promotore: ATS Pro Terra Sancta. Direzione museologica: Gabriele Allevi. Progettazione architettonica e museografica: Studio GTRF Tortelli e Frassoni Architetti Associati.
L’evoluzione dei lavori potrà essere seguita sul sito www.terrasanctamuseum.org
01/05/13
I 70 anni di Enzo Bianchi - Un libro per celebrarlo .
Dal cardinale Angelo Sodano a Elsa
Fornero, da Roberto Bolle a Eugenio Scalfari, da Gustavo
Zagrebelsky a Giuseppe De Rita.
Sono decine i rappresentanti del
mondo della cultura e non solo che hanno voluto rendere omaggio
a Enzo Bianchi, fondatore e priore della Comunita' monastica diBose, che il 3 marzo scorso ha festeggiato 70 anni.
Uomini di chiesa, teologi, scrittori e giornalisti, politici
e filosofi, artisti, giuristi: ognuno di loro ha dato un
contributo per "La sapienza del cuore. Omaggio a Enzo Bianchi"(Einaudi, pp. 760, euro 28,00).
Una raccolta di
testimonianze e tributi di quanti, nel corso degli anni, hanno
intrattenuto con lui conversazioni e discussioni. Come in uno
scaffale di un'ideale biblioteca, gli amici di una vita cosi'
come quelli piu' recenti si confrontano nel corposo volume con
il priore di Bose in un dialogo ininterrotto utilizzando
ciascuno il mezzo letterario piu' consono a esprimere i propri
sentimenti e il legame con Bianchi.
Ecco allora comparire tra
lettere e messaggi, anche un'opera musicale ("Laudate..."
creata dal maestro lituano Arvo Part) e il bozzetto di un
ritratto del priore (del pittore Paolo Galetto).
Filo rosso della raccolta sono le parole chiave della
riflessione di Bianchi: dalla preghiera alla vita monastica,
alla differenza cristiana, al pane di ieri, al vivere la morte.
Riflessioni personali, diventati un patrimonio di molti.
L'omaggio letterario si tramuterà in un incontro, domani, giovedì 2
maggio alle 18, al Teatro Regio di Torino, con Massimo Cacciari
e padre Federico Lombardi a presentare il volume.
La giornata
sara' anche l'occasione per l'esecuzione da parte della Cappella
musicale della Cattedrale di Lodi dell'opera di Arvo Part.
Previsto anche un intervento dello stesso Bianchi, autore non
solo di profondi saggi biblici, ma anche di testi piu'
biografici e discorsivi che hanno conosciuto un vasto successo
di pubblico e che terra' la lectio 'La mia vita'.
Il priore di
Bose e' da tempo considerato un punto di riferimento non solo per i credenti. La sua attività e le sue
riflessioni spaziano dal mondo ecclesiale a quello ecumenico,
monastico, sociale, culturale e artistico.
A rendergli omaggio a Torino non mancheranno alcuni amici,
rappresentanti della cristianità nel mondo, tra i quali il
cardinale Ravasi.
Fonte: Claudia Fascia per ANSA
30/04/13
Il dubbio è uno dei nomi dell'intelligenza.
Allora, guardate bene la foto qui sopra (consiglio di cliccarvi sopra per ingrandirla).
E' la galassia denominata Aquila, distante 5700 anni luce, scoperta grazie al Telescopio Spaziale Hubble.
Non è stupefacente ? In un libro incredibilmente affascinante, Il nostro ambiente cosmico, Martin Rees, Research Professor della Royal Society dell'Università di Cambridge, uno dei più grandi astrofisici viventi riporta qualche dato sul quale forse è bene riflettere, presi come siamo dalle nostre piccole vite.
1. La fisica non sa ancora oggi se il nostro universo sia finito o infinito. Quel che si sa è che i limiti della sua grandezza sono costantemente spostati in avanti. E che nell'Universo sono presenti atomi pari a un valore 10 alla 78ma. Una cifra che, per la sua lunghezza, non può essere scritta.
2. La sorpresa più grande però, evidenziata dalle ultime scoperte (1998-2000 ) è che in tutto l'universo solo il 4% della massa è fornito dagli atomi ordinari, quelli che formano la materia che noi conosciamo: il 30% della massa dell'universo è formata dalla cosiddetta materia oscura, della quale la fisica sa ben poco. Sa che esiste, perché ci sono prove sperimentali che esista, ma non sa cosa sia. Infine ben il 66% della massa dell'universo è formato dalla cosiddetta energia oscura, che potrebbe essere il residuo di quella forza che originò l'Universo dopo la prima super-concentrazione di atomi.
3. La vita umana, dura sul nostro pianeta da più o meno 400.000 anni. L'età dell'Universo è, secondo le stime di 15 miliardi di anni. La finestra della vita umana è quindi più o meno di 1/2.000mo rispetto alla vita dell'Universo.
4. Il nostro Universo, secondo le teorie fische più accreditate, non è il SOLO universo. E' anzi, altamente probabile che esistano infiniti universi. Il nostro Universo è nato da un episodio, da una concentrazione di atomi che ha dato origine a QUESTO universo. Un episodio nella storia di un MULTIVERSO molto, molto, molto più grande.
5. Questa enorme complessità strutturale, poi, con grande meraviglia dei fisici, fa da contraltare ad una incredibile semplicità delle leggi e degli elementi che ne stanno alla base. La fisica infatti insegue da molto tempo quella TEORIA DEL TUTTO, che potrebbe spiegare in poche regole elementari il FUNZIONAMENTO ( non l'origine ) della creazione.
Questo, semplificando molto. Però, se avrete la pazienza di leggere il libro farete tante altre incredibili scoperte.
Alla luce di queste evidenze scientifiche appare quasi del tutto assurdo che l'Uomo stia a questionare sulla sua essenza, sulla impossibilità o possibilità di vita dopo la morte. Che cosa ne sappiamo noi della morte ? Cosa sappiamo noi della vita ? Cosa sappiamo noi della materia ? E di questo incredibile spazio/tempo e multispazio/multitempo nel quale siamo gettati ?
Come si fanno a escludere A PRIORI le teorie che riguardano la nostra vita e la nostra morte ?
Che ne sappiamo noi, di quello che c'è oltre a noi ? Di quello che significa la nostra vita ?
NULLA.
Scrive Jorge Luis Borges: il dubbio è uno dei nomi dell'intelligenza.
Altre meravigliose immagini dell'universo da scaricare : http://www.noao.edu/image_gallery/
27/04/13
La vita di Jack London, come un romanzo.
La vita di uno scrittore mitico come Jack London (1876 -
1916) non e' meno avvincente, interessante e vera di quella da
lui narrata nel romanzo 'Martin Eden', sulla formazione, la
fatica, la fortuna, l'insoddisfazione e gli amori si un giovane
scrittore self made man nell'America di fine Ottocento, quasi un
ritratto del sogno americano, tra illusioni e tradimenti.
Cosi' questa biografia, approvata dalla Jack London Foundation, si legge come un vero e proprio romanzo di
formazione, col passaggio dai lavori piu' umili alla
partecipazione alla guerra di Crimea, dalla passione per viaggi
e lavori avventurosi sino al grande successo letterario nel
vivere la propria arte come una professione.
Daniel Dyer, professore e divulgatore, ci racconta gli sforzi
di questo esploratore senza paura lungo la pista che porta a
diventare scrittore: dai primi fallimenti all'imposizione di
un'autodisciplina, con la quale regolamentarsi: scrivere e
leggere ogni giorno, anche in mare, anche quando l'ispirazione
sembra mancare.
L'arte come doloroso ma ineludibile impegno di
vita, per sfondare nella vita e cercare di capirne qualcosa.
Daniel Dyer ha una moglie scrittrice e ha insegnato a tutti i
livelli dalla scuola media, ai corsi universitari, e pubblicato
saggi su numerose riviste, tra cui la National Review, oltre
alle biografie di Mary Shelley e di Edgar Allan Poe.
26/04/13
La vita è un assedio. Ma è adesso.
Ho cambiato me stesso.
So che avrei potuto restare fermo. E rimanere il prodotto di ciò che ero. Ma nessuna frontiera mi mette al riparo dalla/della vita.
Questo mantra mi salva perché se la vita è un assedio, io sono l'assediato, ma sono anche l'assediante.
E per quanto puoi difenderti, rimanere asserragliato, per quanto puoi illuderti di essere al sicuro, nelle tue mura, nel tuo sistema, la vita verrà a cercarti, verrà a stanarti. E avrà la meglio. Perché così è scritto.
Potrai resistere finché vorrai, ma sarà lei a prenderti, per fame, per stanchezza o per disperazione.
La vita prevarrà sempre e fino alla fine si impadronirà di te, fino alla morte. Che è parte della vita.
Siccome però anche io sono la vita, anche io sono l'assediante.
Anche io vorrò scardinare le resistenze, anch'io mi accamperò sotto le mura, pazientemente in attesa che gli eventi precipitino e io possa avere la mia parte.
L'odissea della vita è dunque un assedio.
E non a caso, i due termini sono anagrammi l'uno dell'altro.
Non aver paura.
Liberarsi dalle paure. Vivere adesso, perché ogni futuro e ogni passato esiste solo nel fluire della mente, che è come il fluire dell'acqua del fiume. Mai ferma nello stesso punto, mai identificabile. Piuttosto parte di un flusso continuo.
Vivere adesso vuol dire vivere questo assedio. Anche questi due termini sono quasi perfettamente anagrammi uno dell'altro.
Le parole ci raccontano cosa bisogna fare per essere compiuti, per essere pienamente se stessi. Aprire una buona volta i portoni dell'assedio. Andare dove i campi si aprono all'infinito e la quiete diventa immobile. Lì il tempo è fermo. Lì sei eterno. Lì sei tu. Lì sei quello che eri e quello che sarai.
Fabrizio Falconi
23/04/13
Robert Pogue Harrison e Vito Mancuso all'Auditorium il 29 aprile.
Lunedì 29 aprile 2013, alle ore 21 nella Sala Sinopoli dell'Auditorium di Roma c'è un incontro interessantissimo: Il Paradiso ritrovato, con Robert Pogue Harrison e Vito Mancuso.
Varrà davvero la pena esserci.
L'incontro è inserito nel ciclo intitolato: LEZIONI DI PARADISO PERDUTO Piccolo viaggio alla ricerca di un eden sostenibile.
Riporto qui sotto il comunicato relativo.
"Noi dobbiamo scegliere il buono altrimenti ci estingueremo. I dinosauri hanno fatto l’errore di scegliere la corazza come protezione invece dell’intelligenza e per questo si sono estinti. Noi facciamo parte del mondo naturale e se non ci comporteremo da persone naturali finiremo con l’estinguerci. Per questo dobbiamo scegliere di diventare umani.” (Arthur Clarke, scrittore di fantascienza e scienziato, sceneggiatore di “2001 Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick).
Questa semplice deduzione di uno dei più grandi scrittori di fantascienza del ‘900 fa ancora fatica a trovare spazio nei piani economici dei governi mondiali. Eppure la maggioranza degli abitanti del pianeta, come recitano le statistiche, desidera oggi una vita diversa, più vicina alla natura e ai suoi ritmi dimenticati.
La dittatura del Pil e dello spread ci ha fatto perdere di vista le ragioni per cui alla fine val la pena vivere. Una volta la costituzione americana parlava di diritto alla felicità per ogni singolo individuo, parola che in questi tempi cupi sembra appartenere a un’utopia impossibile, visto che è già un sogno se riusciamo ad arrivare alla fine del mese.
Ma come diceva già Robert Kennedy nel suo memorabile discorso del 1968 “Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari (…). Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.”
La domanda che ci poniamo è “Ma il nostro paradiso è perduto per sempre?”
Secondo la scienziata indiana Vandana Shiva o il botanico Libereso Guglielmi e tante altre menti eccellenti un’inversione di rotta è ancora possibile, proprio oggi che le risorse della terra sono agli sgoccioli, forse si può spingere la politica a ridiscutere l’economia e il concetto di benessere personale e pubblico e ricominciare a considerare la nostra terra com’era una volta, ovvero un immenso giardino dell’eden.
Il viaggio di Serena Dandini si ripropone di “coltivare” queste suggestioni attraverso delle conversazioni eccellenti. Cosa hanno in comune i giardinieri, gli economisti o gli scrittori che inviteremo in queste atipiche lezioni all’Auditorium? Semplice, sono tutti dei “coltivatori di sogni” che non si arrendono al pessimismo dominante e attraverso l’arte, la bellezza o la scienza e naturalmente i giardini cercano di farci ritrovare la strada per il nostro paradiso perduto.
“Anche per i pensieri c’è un tempo per arare e un tempo per mietere” (Ludwig Wittgenstein).
Le Lezioni sono realizzate in collaborazione con Mismaonda. Biglietti: 10 euro Info 06-80241281
22/04/13
Un processo per adulterio - Il nuovo grande libro di Kate Summerscale.
Segnalo l'uscita di questo libro, che merita davvero.
Dopo il grande successo di Omicidio a Road Hill House (Frontiere 2008 e Super ET 2011), Kate Summerscale torna in libreria con la storia vera di Mrs Isabella Robinson, una Lady vittoriana accusata di adulterio, e del controverso processo di divorzio che la vide protagonista.
Isabella è infelicemente sposata con un ingegnere civile di Edimburgo, un uomo di «mentalità ristretta e temperamento violento», nonché personaggio «poco istruito, egoista e orgoglioso».
Un matrimonio che non ha nulla a che vedere con l'amore e che, nell'estate del 1857, naufraga definitivamente davanti ai giudici del neonato tribunale londinese per i divorzi civili. Henry Robinson accusa Isabella di non essergli stata fedele e, come prova del suo tradimento, presenta alla corte il diario della moglie.
«Nel corso di quei cinque giorni di processo migliaia di parole segrete scritte da Isabella Robinson furono lette davanti alla corte e riprodotte quasi integralmente dai giornali. Il diario conteneva descrizioni particolareggiate ed erotiche in cui si alternavano angoscia ed euforia, ed era un'opera più immorale e licenziosa di qualsiasi romanzo inglese contemporaneo».
Il diario documenta gli struggimenti di Isabella per Edward Lane - un medico di dieci anni più giovane - e, nonostante non faccia piena luce su quello che è successo davvero tra di loro (sempre che qualcosa sia successo), solo un miracolo potrebbe impedire a una corte di giudici anziani e conservatori di condannare la donna. Gli avvocati di Lady Isabella, però, propongono una spiegazione alternativa: il diario non è altro che una «prova di romanzo», un'elaborata opera di fantasia scaturita dalla mente malata di una donna sconvolta dal demone dell'isteria.
La rovina di Mrs Robinson è un magistrale affresco d'epoca.
Un racconto avvincente e appassionante, nato dalla meticolosa ricostruzione di testimonianze, documenti e fatti. Un viaggio nel cuore e nei pensieri di una donna libera, intelligente e anticonformista, troppo presto.
Un'eroina moderna, «aliena in un'epoca aliena», che Kate Summerscale ci restituisce in tutte le sue travolgenti contraddizioni.
da Einaudi.it
19/04/13
Aprile, tempo di cambiamento. Il Mattino domenicale di Wallace Stevens.
E' uno strano tempo, il tempo di aprile, del cambiamento. Nascita, rinnovamento, evoluzione, crescita, lontananza, mancanza, senso di temporaneità, di caducità e allo stesso tempo aspirazione all'eterno, sfida umana assurda.
E questa poesia di Wallace Stevens, da Mattino Domenicale, esprime il sentimento profondo di questo tempo, per noi, per ogni giorno che Dio manda in terra e che rinnova il mondo e noi stessi, ogni giorno.
IV.
Dice: "Mi piace quando agli uccelli
prima del volo provano con dolci
domande la realtà dei campi in bruma:
ma quando son partiti, se non tornano
i loro campi, allora il paradiso
dov'è ?" Antro non v'è di profezia,
né remota chimera della tomba
eliso d'oro o isola sonora
ove dian loro le anime rifugio,
né trasognato Sud, né aerea palma
sopra i clivi del cielo, che perduri
come il verde d'aprile, o che perduri
come il ricordo in lei d'agili uccelli,
o vaghezza d'un vespro di giugno
che pieghi al tocco d'ala della rondine.
Wallace Stevens, da Mattino Domenicale, Giulio Einaudi Editore, a cura di Renato Poggioli, 1982.
testo originale:
IV.
She says, ``I am content when wakened birds,
Before they fly, test the reality
Of misty fields, by their sweet questionings;
But when the birds are gone, and their warm fields
Return no more, where, then, is paradise?''
There is not any haunt of prophecy,
Nor any old chimera of the grave,
Neither the golden underground, nor isle
Melodious, where spirits gat them home,
Nor visionary south, nor cloudy palm
Remote on heaven's hill, that has endured
As April's green endures; or will endure
Like her remembrance of awakened birds,
Or her desire for June and evenings, tipped
By the consummation of the swallow's wings.
17/04/13
Restaurati i graffiti di NOF4, il paziente del manicomio di Volterra che decorò 150 metri di parete con una fibbia.
Preservare e far conoscere al
mondo l"arte del matto', impressa, in tanti anni di degenza,
sui muri del manicomio di Volterra. Con questo obiettivo e'
stata distaccata e restaurata una parte del grande graffito,
considerato uno degli esempi piu' significativi di 'Art Brut',
realizzato su due muri esterni dei padiglioni dell'ex ospedale
psichiatrico Poggio alle Croci di Volterra da Fernando 'Oreste'Nannetti (Roma 1927-Volterra 1994), in arte Nof4, che in totale
dipinse 150 metri di pareti.
Il progetto di conservazione e'
stato illustrato dall'assessore toscano alla cultura
Cristina Scaletti insieme al Comune di Volterra e
all'associazione Onlus 'Inclusione Graffio e parola'.
Utilizzando la fibbia della sua divisa come una sorta di
'matita di ferro', Nannetti - che entro' nel manicomio di
Volterra nel 1958 - volle cosi' lasciare un suo segno di vita,
raccontando se' stesso, le sue visione del mondo, la sue
fantasie astrali e deliranti osservazioni ma anche la voglia di
rivedere la sua citta' natale e una famiglia che praticamente
non conobbe ne' visse mai.
Dell'opera e del suo autore parla
anche Antonio Tabucchi definendo, in un articolo, il graffito
come un "libro di pietra". Quella distaccata e restaurata e'
solo una piccola parte, circa 8 metri, del grande graffito che
versa pero' in un cattivo stato di conservazione a causa
dell'abbandono della struttura, chiusa dal 1978.
Il complesso
oggi e' oggetto di un progetto di recupero per ospitare unita'
residenziali e ricettive e anche un museo della memoria che in
futuro ospitera' le parti restaurate dell'opera di Nof4.
Il
prossimo weekend le parti restaurate saranno invece visibili al
pubblico presso la Pinacoteca di Volterra.
Il primo ad accorgersi dell'opera di Nannetti, e' stato stato
Mino Trafeli, professore dell'istituto d'arte di Volterra che
nel 1980 vide e comprese il valore del graffito. All'opera, nel
1981, dedico' un libro anche l'ultimo direttore dell'istituto
psichiatrico.
Negli anni piu' recenti alla riscoperta dell'opera
si e' adoperata l'associazione 'Inclusione Graffio e parola',
con l'aiuto anche del cantante Simone Cristicchi. Nel 2011 il
museo de l'Art Brut di Losanna (Svizzera) ha invece presentato
una grande retrospettiva su Nannetti, grazie a 23 fotografie di
grande formato sul suo "libro graffito".
16/04/13
Boston - Requiem per il piccolo Martin.
Si chiamava Martin Richard il bimbo di 8 anni morto nell'attentato alla maratona di Boston. Martin era un bimbo di Dorchester, quartiere residenziale circondato dal verde, qualche chilometro a sud del centro della città. Il piccolo, figlio di un maratoneta, era corso al traguardo per abbracciare il padre, William, che si stava approssimando alla linea d'arrivo. Una giornata radiosa, una festa di famiglia, fino all'esplosione di quella bomba riempita di con cuscinetti a sfera e schegge di ferro. Progettata per stravolgere la fisionomia di una città parata a festa. Tra le 140 persone ferite nell'esplosione ci sono anche la sorellina di Martin - che secondo la stampa americana avrebbe perso una gamba - e la madre, Denise.
Questo è il requiem che vorrei dedicare a questa giovane anima pura, che ha abbandonato le miserie di questa vita.
14/04/13
Annapaola Cancogni, ovvero Quentin Clewes: 'Lei', un libro straordinario.
Ci sono scrittori da cento libri. Scrittori bulimici, la cui opera somiglia alla pianta della mangrovia, che attecchisce nelle paludi con il clima umido e si ramifica all'infinito, senza soluzioni di continuità.
Ci sono scrittori, invece, la cui opera è fragile come un fiore notturno, che la mattina è già appassito e il suo profumo intenso ha inebriato così intensamente l'aria da permanere a lungo nonostante la sua brevissima vita.
E' il caso dell'opera di Annapaola Cancogni, la figlia del grande Manlio Cancogni, morta a soli cinquant'anni nel 1993 a New York, dove viveva e insegnava letteratura italiana, traduceva (Eco, Pontiggia), scriveva saggi.
La morte prematura di Annapaola svelò all'epoca un'autore vero, raffinato e pienamente formato.
Un solo romanzo scritto e pubblicato - Jetlag.
Più quattro straordinari brevi racconti, che nel 1998 furono pubblicati in Italia dall'editore Fazi - con testo inglese a fronte - per l'iniziativa meritoria di Simone Caltabellota.
Il libro si intitola Lei, ed è firmato con lo pseudonimo maschile di Quentin Clewes.
E, come scrisse Giulia Borgese per il Corriere della Sera, in questi racconti si sente un'aria di autobiografia: nel primo, Lapsang Souchong, il giovane uomo che e' l'io narrante parla della ragazza arrivata chissa' da dove: La prima volta che la vidi mi parve uno di quei gigli bianchi dal collo lungo che si slancia in su e poi s'arriccia agli orli. Ma sbagliavo. Per un giglio, era troppo riservata... Aveva il collo lungo e orgoglioso del giglio ma insieme la modestia e la dignita' della fresia.
Un chiaro indizio di quell'interesse per la duplicita' (maschile/ femminile; il giglio/la fresia), che viene rinforzato da questo altro passo: Rammentava come a quattordici anni, infastidita del fatto che l'identita' delle persone fosse per forza determinata da qualcosa di relativamente irrilevante come il loro sesso, aveva deciso che da quel momento in poi sarebbe stata "it".
Un tentativo cioè inedito di uscire dalla terza persona, da "she" e da "he", dall'essere per forza "lei" o "lui", per ritrovare - o almeno tentare di ritrovare - l'io.
Ma a parte questo, i quattro racconti in questione: Salammbo, Erie-Lackawanna e Lei, sono autentici gioielli di sintetica forza emotiva espressi in uno stile limpido ed essenziale che incide e tocca lasciando il segno.
Si pensa ad Alice Munro, si pensa a Anne Tyler, ma si pensa anche ai grandi maestri del racconto breve, a Fitzgerald o all'immenso Maupassant.
Eppure, il fiore Annapaola ha seminato il suo profumo nell'aria soltanto per una notte...
Fabrizio Falconi.
13/04/13
Si nasce soli, si vive insieme, si muore soli. .. O no ?
Il pensiero contemporaneo - quel che ne rimane, spappolato in mille apps, in mille rivoli, in mille frammenti - sembra non volerci convincere altro che di questo: Si nasce soli, si vive insieme, si muore soli.
E' la nostra condizione umana, viene asserito.
Ma è proprio così? Nasciamo soli ? Se nascere soli vuol dire che nel trapasso dalla non-vita alla vita, cioè nel momento del parto siamo soli (l'avventura è da soli), non è propriamente vero. Anzi: non è vero in senso assoluto. Quando un bambino nasce, non nasce solo. Nasce propriamente dal corpo stesso della madre. Vive dapprima una vita segreta nel corpo della madre e quando viene al mondo lo fa attraverso la partecipazione stessa del corpo della madre.
Viviamo insieme ? Indubitabilmente sì. Sembra che per nessuno sia possibile vivere completamente solo. L'uomo è un animale sociale, anzi l'animale sociale per eccellenza. Ciò che gli ha permesso di dominare il pianeta è esattamente questo. Per quanto siano esistiti uomini che hanno scelto la solitudine o l'eremitaggio, nessun uomo ha vissuto mai la sua intera vita isolato, da solo. Solo nella socialità, nei rapporti umani, nella parentela, nella cura, nell'amore, nella generosità, nell'amicizia, ma anche nella guerra e nell'antagonismo, l'uomo ha realizzato la sua indole, la sua missione su questa terra.
Moriamo soli ? Se per questo si intende che ogni uomo è chiamato a compiere in prima persona il trapasso dalla vita senza poterlo condividere con altri, non c'è dubbio che ciò è profondamente vero.
La morte sembra essere l'elemento connaturale di ogni vivente. (Anche se oggi sappiamo che esistono forme di vita quasi eterne, nella profondità dei ghiacci antartici o nelle viscere degli oceani o della terra, che esistono immutate nella loro costituzione da milioni e milioni di anni).
Ma cosa è la morte ? E cosa ne sappiamo esattamente ? Ogni cosa in natura - e nelle grandi leggi della fisica e dell'astrofisica moderne - ci insegna che nulla sparisce definitivamente - o si annichilisce, nel linguaggio della fisica - ma tutto si trasforma. In qualcos'altro. Siamo abituati a pensare in forma di individuazione, di forma. Ma nella vita universale l'energia, i moti, e soprattutto le relazioni tra oggetti sono molto più importanti degli oggetti stessi.
E' la relazione, il rapporto, che determina tutto.
Pensiamoci.
Pensiamoci anche quando l'istinto - se non altro verbale - ci suggerisce che dopo una nascita da soli - almeno nella individualità del trapasso alla vita - e dopo una vita insieme e una morte da soli, si potrebbe concludere la sequenza affermando che si ri-nasce insieme.
Fabrizio Falconi
10/04/13
Edouard Manet: Grandi Eventi a Londra e a Venezia.
Padre dell'arte moderna, ispiratore
di tanti a cominciare da Cezanne, Matisse, Picasso, Edouard
Manet e' protagonista di grandi mostre da Londra a Venezia e al
cinema, con l'evento di domani Manet: ritratti di vita che
inaugura Exhibition, la serie di tre film dedicati a maestri
dell'arte che in contemporanea mondiale permetteranno agli
spettatori di visitare idealmente importanti esposizioni.
Alla
Royal Academy di Londra, la mostra Manet: Portraying life,
acclamata dai critici, chiudera' il 14 aprile ma una visita
guidata, commentata, ricca di suggestioni, sulle note di Chopin
e di Schumann viene proposta dal film che domani alle 20 in
Italia (elenco delle sale su www.nexodigital.it) e in tante
altre nazioni dall'Inghilterra all'Argentina fara' entrare nel
cuore della mostra londinese attraverso il grande schermo, con
la guida dello storico dell'arte Tim Marlow e dei curatori della
mostra, MaryAnne Stevens e Larry Nichols.
Per una mostra che si chiude, pochi giorni dopo un'altra che
si apre ancora su Manet. Manet Ritorno a Venezia e' il titolo
dell'esposizione che aprira' il 24 aprile (fino al 18 agosto)
nelle monumentali sale di Palazzo Ducale, progettata con la
collaborazione speciale del Musee D'Orsay di Parigi,
l'istituzione che conserva il maggior numero di capolavori di
questo straordinario pittore, alcuni dei quali usciranno per la
prima volta dal museo francese.
Le due esposizioni fanno percorsi diversi.
Quella di Londra,
tra gli eventi d'arte piu' importanti del 2013, e' un viaggio
tra le tele ma anche nella vita di Manet e del suo tempo: dalle
esposizioni ufficiali al Salon dei Refuses, dalla passione per
il Giappone a quella per i boulevard parigini di Haussmann,
dalla pittura di Couture ai temi innovativi di Courbet
attraverso la fascinazione per la cultura spagnola,
dall'attenzione per gli elementi naturali a quella per la vita
cittadina, rivoluzionata dalle novita' tecnologiche e
dall'avvento della fotografia, dalla poesia di Baudelaire e di
Mallarme' alla prosa di Zola, dall'amicizia con Antonin Proust a
quella con Monet.
Quella dei Musei civici a Palazzo Ducale riserva sorprese:
approfondisce i modelli culturali che ispirarono il giovane
Manet negli anni del suo precoce avvio alla pittura,
evidenziando che, diversamente dagli studi fino ad oggi quasi
esclusivamente riferiti all'influenza della pittura spagnola
sulla sua arte, questi modelli furono invece assai vicini alla
pittura italiana del Rinascimento.
Cosi' nell'esposizione
veneziana accanto ai suoi capolavori si vedranno alcune
eccezionali opere ispirate ai grandi tableaux della pittura
veneziana cinquecentesca, da Tiziano a Tintoretto a Lotto in
particolare.
Curata da Stephane Guegan, con la direzione
scientifica di Guy Cogeval e Gabriella Belli, la mostra si
propone come un autentico evento.
In sala dopo il film su Manet alla Royal Academy, il ciclo
Exhibition, distribuito in Italia da Nexodigital, proseguira'
con Munch 150 dal Museo Nazionale e dal Museo Munch di Oslo,
giovedi' 27 giugno alle 20.00 e Vermeer e la musica: l'arte
dell'amore e del piacere, dalla National Gallery di Londra,
giovedi' 10 ottobre alle 20.00.
09/04/13
Intervista a Peter Greenway: "Sto pensando a un film sul "Figlio di Maria" "
"Oggi abbiamo
una nuova Trinita': cellulare, cinepresa e computer portatile.
Stiamo solo aspettando che le grandi case le diano una nuova
forma, ma e' dietro l'angolo. E poi 'Star Wars', 'Avatar',
'Titanic' sembreranno qualcosa di vecchio, del secolo scorso".
A parlare, sotto la volta affrescata del Trionfo della divinita'
di Pietro da Cortona, e' Peter Greenaway, il regista che più al
mondo ha saputo mettere in movimento le opere d'arte, da
Leonardo da Vinci a Rembrandt (con La Ronda di notte che ha
ispirato il suo 'Nightwatching'), ospite della
rassegna Il gioco serio dell'Arte promossa da Lottomatica a Palazzo Barberini.
Un incontro, condotto da Massimiliano Finazzer Flory, che
diventa insieme uno spettacolo e una coltissima lezione del
regista che molti definiscono "un pittore su celluloide" e
che, rivelera' all'ANSA, sta pensando a un film sul "figlio di
Maria".
"Io sono fortunato a poter ancora dipingere, ma c'è un'inevitabile continuita' tra pittura e cinema - esordisce il
regista - Da Pompei ad 'Avatar', e' la stessa attività, solo
con differenti tecnologie".
A dimostrarlo, nove grandi
capolavori, da L'ultima cena di Leonardo alle Nozze di Cana di
Paolo Veronese, che Greenaway ha moltiplicato, scomposto,
illuminato, animato, fino a trasformale in un piccolo film,
davanti a una platea che forse poco capisce del digitale, ma ne
rimane estasiata come davanti a un Giudizio Universale di
Michelangelo.
"Oggi il montatore e' il vero re del cinema",
prosegue Greenaway, che per vent'anni si e' occupato di
montaggio prima che di regia. "Con le nuove tecnologie - spiega
- e' lui che puo' creare, trasformare le immagini. Il 3D? Non
sono un gran devoto, non credo abbia molto da aggiungere al
cinema. E' un fenomeno piuttosto effimero".
Piuttosto, il futuro del cinema dovrebbe affrancarsi dal legame
troppo stretto con la parola ("una delle grandi bestemmie e' il
suo rapporto con la letteratura: andiamo a vedere storie che in
realtà sono romanzi del XIX secolo, da Jane Austin a Flaubert e
Zola") e puntare a inglobare l'esperienza dello spettatore.
"'Anche 'Avatar' di James Cameron - dice - e' limitato perché proiettato su schermo piatto e non su uno schermo che circonda
architettonicamente lo spettatore, come già avevano intuito
artisti italiani come Botticelli e Michelangelo".
Ironicamente critico sulle sue origini ("Io vengo da un'isola
ventosa e protestante. I Britannici sono antibarocchi, nel senso
che sono sospettosi nei confronti degli eccessi e
dell'immaginazione. Truffaut diceva che non si puo' essere sia
cineasta che inglese") come su un'icona apparentemente
intoccabile come Margareth Thatcher che a poche ore dalla morte
non esista a definire una donna "stupida, malvagia, diabolica,
che ha fatto danni enormi all'Inghilterra", Greenaway usa le
nuove tecnologie come il suo più tradizionale pennello, pur
restando saldamente ancorato nei suoi racconti agli archetipi di
eros e thanatos, al centro anche del suo ultimo film, Goltzius and the Pelican Company.
"Sono provocatorio - risponde - ma il sesso e la morte sono le
due attività primarie che coinvolgono ogni essere su questo
pianeta. Il resto cambia, ma queste no e non puoi controllarle.
Questo mi affascina".
E i prossimi progetti? "Sto lavorando al remake di 'Morte a
Venezia' - rivela a margine dell'incontro all'ANSA - In autunno
girero' invece il film dedicato al regista piu' grande di tutti
i tempi, Sergej Eisenstein, e molto presto un altro sul pittore
austriaco Oskar Kokoschka. E poi ci sara' Joseph. Ha presente
'Rosemary's baby' di Polansky? Beh, io penso a un Mary's
baby".
07/04/13
La poesia della Domenica - 'La china' di Paul Celan.
La china
Tu vivi presso di me, uguale a me:
come un sasso
nella guancia scavata dalla notte.
Oh questa china, amore,
dove senza posa, pei rigagnoli,
come sassi,
rotoliamo.
Più e più rotondi.
Più simili. Più estranei.
Oh quest'occhio ebbro,
che in questi stessi luoghi va errando
e su di noi insieme posa
talvolta lo sguardo e si stupisce.
Paul Celan, da Di soglia in soglia, Einaudi 1996, traduz. di Giuseppe Bevilacqua, pag. 66.
Die Halde
Neben mir lebst du, gleich mir:
als ein Stein
in der eingesunkenen Wange der Nacht.
in der eingesunkenen Wange der Nacht.
O diese Halde, Geliebte,
5 wo wir pausenlos rollen,
wir Steine, von Rinnsal zu Rinnsal.
Runder von Mal zu Mal.
Ähnlicher. Fremder.
5 wo wir pausenlos rollen,
wir Steine, von Rinnsal zu Rinnsal.
Runder von Mal zu Mal.
Ähnlicher. Fremder.
10 O dieses trunkene Aug,
das hier umherirrt wie wir
und uns zuweilen
staunend in eins anschaut.
das hier umherirrt wie wir
und uns zuweilen
staunend in eins anschaut.
Paul Celan(1920 – 1970)
05/04/13
La splendida Mole Antonelliana di Torino compie 150 anni.
Alla Mole Antonelliana ho dedicato uno dei capitoli del nuovo libro, Monumenti Esoterici d'Italia, in uscita tra poche settimane in tutte le librerie. La celebre, bellissima Mole compie proprio in questi giorni, 150 anni di vita.
Osservando il solido monumento che
da oltre un secolo simboleggia Torino, pochi immaginerebbero che
subito dopo essere stata ultimata la Mole Antonelliana fosse sul
punto di crollare.
Il Comune aveva fatto predisporre un piano di
evacuamento della zona e tentato di puntellare l'edificio, che
aveva retto fino al consolidamento in cemento armato realizzato
negli anni Venti del Novecento.
Lo ha raccontato l'architetto Gianfranco
Gritella, responsabile dell'ultimo restauro, un cantiere di otto
anni che ha trasformato la mancata sinagoga commissionata dalla
comunita' ebraica torinese il 7 aprile 1863 nell'attuale sede
del Museo Nazionale del Cinema.
In occasione dei 150 anni, la Mole e' al centro di numerose
iniziative, a partire da uno speciale di Bell'Italia illustrato
questa sera a Torino dal direttore del magazine Emanuela
Rosa-Clot. All'appuntamento anche l'assessore alla Cultura del
Comune, Maurizio Braccialarghe, e lo scrittore Giuseppe
Culicchia, che al monumento ha dedicato il suo ultimo libro
Badabum, in uscita da Feltrinelli.
E' un monologo di 150 pagine
in cui Antonelli, ossessionato dalla contemporanea costruzione
della Tour Eiffel a Parigi, rivela come prevarico' la
committenza ebraica per realizzare l'ardita architettura che da
allora segna lo sky-line torinese.
Per Rosa-Clot, la Mole Antonelliana e' ''l'icona stravagante
di una citta' altrettanto originale: poco italiana,
paradossalmente - anche se da qui e' partita' l'Unita' nazionale
- e molto europea''.
Ed e' stato proprio per non superare i suoi
167,5 metri, che Renzo Piano ha dovuto fermare al di sotto di
quell'altezza il nuovo grattacielo che sta costruendo a Torino.
L'edificio, ha ricordato Gritella, avrebbe dovuto ospitare la
sinagoga, un asilo, dei negozi e perfino una stazione di posta.
Il progetto approvato dagli ebrei torinesi prevedeva una
costruzione di 47 metri. Ma quando fu chiaro che Antonelli
ignorava i committenti e si spingeva sempre piu' in alto, la
comunita' ebraica si rifiuto' di continuare a pagare. Della Mole
dovette cosi' farsi carico il Comune di Torino mentre
l'architetto, ormai novantenne, si faceva issare in una cesta
tirata da carrucole per seguire da vicino i lavori.
Oggi la Mole viene scalata dall'esterno da Maurizio Puato,
che per un intero anno vi si appese allo scopo di monitorarne la
salute in occasione dell'ultimo restauro. E' lui che ha montato
il 'collare' tricolore che ha cinto la base della guglia nel
2011, lui che ha realizzato le fotografie che illustrano il
servizio di Bell'Italia.
E' ormai conosciuto come 'lo scalatore
della Mole', tanto da essere diventato il protagonista di un
fumetto di Espress Edizioni nel quale gli fanno scoprire un
diario del maestro, in realtà inesistente.
''La Mole - sostiene
l'alpinista - e' come una montagna, dalla cupola in su e' fatta
di granito e pietra di Luserna. Sono certo che Antonelli nel
progettarla si sia ispirato al Monviso, che le svetta di
fronte''.
Per chi volesse tentare una scalata meno pericolosa, e' in
programma l'apertura al pubblico entro la prossima estate di una
parte dell'edificio finora rimasta occulta, l'intercapedine con
scala interna che sale dal livello terra fino in cima alla
cupola. Da quel punto verso l'alto nessuno e' ammesso, anche se
l'affilata guglia e' stata ricostruita molto solidamente dopo il
crollo avvenuto nel 1954 durante un temporale.
04/04/13
Somerset Maugham e Alister Crowley, la "Bestia": un incontro ad alta tensione.
E' circondato da un alone di mistero - ma molto affascinante - l'incontro che ebbe luogo, un certo giorno del 1906 a Parigi, tra uno dei più grandi scrittori del novecento, William Sumerset Maugham, autore di libri famosissimi come Il filo del rasoio, Schiavo d’amore, La luna e sei soldi e Aleister Crowley, detto La Bestia, il grande occultista (e satanista).
Nella capitale francese Maugham era nato, nel 1874 e ad essa era tornato dopo l’infanzia e l’adolescenza trascorsa in Inghilterra, dove era stato allevato dallo zio, un pastore protestante e dopo aver peregrinato per mezza Europa.
A Parigi, dunque, Maugham – che è sempre divorato da una fame incontenibile di incontri e di scoperte di caratteri umani, vero serbatoio per la sua ispirazione – incontra, in un noto caffè - Le Chat Blanc in rue d’Odessa – quell’Aleister Crowley, di cui ha già sentito molto parlare negli scandalizzati salotti della ville lumière: forse soltanto un abile ciarlatano dalla conversazione fin troppo brillante, provocatore, irriverente, vagamente minaccioso, dall’aspetto inquietante, calvo e con occhi magnetici che sembrano in grado di trapassare l’interlocutore.
Anche Crowley ha trovato a Parigi terreno fertile: nella capitale francese l’occultismo sembra essere diventato una nuova moda, dopo la pubblicazione di un libro maledetto, firmato da Joris-Karl Huysmans, Là-bas, ovvero L’abisso, pubblicato nel 1891, testo che aveva messo a soqquadro i salotti buoni di Parigi con la sua minuziosa descrizione di una messa nera.
Non sappiamo esattamente cosa accadde in quell’incontro: Maugham, incuriosito da Crowley e da quel che si racconta su di lui, dai trucchi (o quelli che vengono ritenuti tali) che usa per spaventare gli ospiti durante le sue serate parigine, ne ricava sicuramente una impressione negativa, di totale repulsione, pur avvertendone, evidentemente, le doti carismatiche.
Usa Crowley, plasma completamente su di lui il personaggio di Oliver Haddo, il protagonista del suo nuovo romanzo The Magician, il Mago, pubblicato qualche anno più tardi, nel 1908.
Uno strano romanzo, nel quale Maugham descrive la discesa agli inferi di una giovane donna, Margaret, promessa sposa di un medico, abbandonato per fuggire con il ripugnante Haddo e precipitare con lui là bas, nell’abisso per l’appunto. In The Magician, Maugham esplora i misteri della psiche umana e del male, annidato nell’anima di alcuni uomini, capace di contagiare chiunque e di proliferare come le cellule malate di un organismo.
Crowley, all’uscita del libro, quasi si compiace di tanta attenzione, al punto di scriverne la recensione sulle pagine di Vanity Fair, firmandosi proprio con il nome di Oliver Haddo.
Su quel romanzo poi, la Grande Bestia, tornerà ancora più tardi: nei suoi libri e nei suoi diari si vanterà di essere l’autore di molte delle frasi che Maugham ha usato nel suo libro e accuserà lo scrittore di averlo tradito, insultandolo e accusandolo di aver costruito un artificioso pasticcio di materiale rubato.
Ciò che comunque aveva interessato Maugham, era proprio la capacità di Crowley di plagiare i suoi adepti, un fenomeno non nuovo nella storia, ma certamente moderno nelle modalità – le stesse che gli valsero le accuse, in Sicilia su quel che di scandaloso si svolgeva nelle stanze della Abbazia di Thelema - precursore di molte di quelle sette, esoteriche o parareligiose, che vedremo poi proliferare in tutto il Novecento, in Occidente.
© Fabrizio Falconi
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