La persona peggiore del mondo è uno dei migliori film degli ultimi anni.
Joachim Trier, del resto, oggi 51enne, continua a fare incetta di premi nei festival più importanti, e attendo con grande interesse il suo ultimo Affeksjonsverdi, che a Cannes a maggio scorso ha ricevuto il Gran Premio della Giuria.
Il film racconta nell'arco di due intensissime ore, in 12 capitoli, alcuni più estesi altri molto brevi (+ un prologo e un epilogo) le vicende della protagonista Julia, che sta per compiere 30 anni e che finora non ha messo radici da nessuna parte: laureata in medicina e studentessa brillante, ha lasciato per dedicarsi alla psicologia, poi ha lasciato anche questi studi con in testa l'idea di fare la fotografa, ma è finita a fare la commessa in libreria.
Nella gioventù dorata di Oslo (dove anche lavorare come cameriere è redditizio e dignitoso) ha molte avventure sessuali che gratificano il suo narcisismo e sembrano terminare quando incontra Axel, più grande di lei di 13 o 14 anni, fumettista di successo (una sorta di Zerocalcare norvegese), uomo intelligente e sensibile di cui Julia si innamora e con cui va a vivere.
Tutto andrebbe bene, se non fosse che Julia è sempre indecisa a tutto: soprattutto riguardo alla maternità. Axel vorrebbe un figlio, ritiene che Julia sarebbe un'ottima madre, cerca di persuaderla. Ma Julia esita, tentenna. E fatalmente, cerca vie di fuga, immaginarie o concrete.
La separazione da Axel è traumatica, specie per quanto avviene dopo e anche il nuovo compagno non può/sa colmare il vuoto decisionale di Julia.
Il film è un capolavoro di interiorità e cinema: un equilibrio quasi miracoloso collega i 12 capitoli, anche quando la storia include parentesi oniriche o allucinogene.
Per la Reisven gli aggettivi sono inutili: è un'attrice di straordinario carisma e straordinaria bravura.
Ma anche Anders Danielsen Lie, nel ruolo di Axel è di bravura superiore.
Tutto è vero ma anche toccante, perché la vita è così e non è una stupida favola come viene rappresentato in molto cinema e molta fiction americana di oggi.
Saper raccontare i rumori e i (falsi, come direbbero Handke e Wenders) movimenti dell'anima, in un'età così confusa, con la lucidità di Trier è veramente raro.
C'è una frase che Axel dice a Julia per segnare la differenza anagrafica tra di loro (che sembra incolmabile): "Sono cresciuto in un'epoca in cui la cultura passava attraverso gli oggetti."
E' il dramma di un passaggio che scontenta chi era abituato a un'altra vita e chi quell'altra vita non l'ha mai conosciuta e si trova però a nuotare in mare aperto.
Da non perdere. (Su Amazon Prime video)
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