In una delle prime scene de La Notte di Antonioni (1961) lo scrittore Giovanni Pontano/ Mastroianni va con la moglie Lidia/Jeanne Moreau alla presentazione del suo nuovo romanzo. Che si tiene nella sede di una grande casa editrice esplicitamente citata, ovvero la Bompiani.
Così nel film (e nel cocktail per l'autore) finiscono un ventinovenne Umberto Eco (a destra di Jeanne Moreau nella foto qui sotto), Ottiero Ottieri (che sceneggerà il film seguente di Antonioni, L'Eclisse) e poi lo stesso grande editore, Valentino Bompiani, che presenta e fa firmare una copia del suo libro al "famoso Premio Nobel" che non è esplicitamente citato, ma è ovviamente Salvatore Quasimodo (Premio Nobel per la Letteratura due anni prima, nel 1959).
Ora, fa una certa impressione vedere qui riunito in una piccola scena di un grande film un tale parterre de roi.
Viene da pensare che c'è stata un'epoca in cui in Italia la parola "intellettuale" era correttamente pronunciata: in fondo lo stesso Pontano (il cui cognome allude così esplicitamente al pantano esistenziale in cui sembra muoversi) è uno che tenta di vivere con il proprio lavoro intellettuale.
Oggi gli intellettuali sono più propriamente i milionari delle fazende multinazionali digitali, che prestano il loro intelletto - prosperando - alla invenzione di beni immateriali digitali sempre più pervasivi, confortevoli, ottimizzatori.
Gli intellettuali della parola o delle arti, invece, di questi tempi, se la passano male, e si attribuiscono questo titolo sovente coloro che hanno l'unico merito di godere dei favori e delle leggi del mercato dei consumi.
Ma Antonioni e i suoi film ricordano un'età dell'oro in cui la finzione e la realtà giocavano amabilmente: Ennio Flaiano e Tonino Guerra a quel cocktail avrebbero potuto tranquillamente partecipare, ma invece preferirono restare dietro e scrivere la sceneggiatura di quel magico film. A futura memoria, si direbbe.
Fabrizio Falconi - 2023
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