L'Espresso ha pubblicato questo interessante intervento di Richard Zimler sul fenomeno Trump. Lo riporto qui sotto: Zimler, scrittore americano naturalizzato portoghese, è autore de "Il cabalista di Lisbona", "Gli anagrammi di Varsavia" e "The Night Watchman".
Un anno fa ho tenuto una conferenza sull’importanza della narrazione e per dimostrare la mia tesi sull’infantilizzazione del cinema americano ho fatto una ricerca sui primi film in classifica nel 2014.
Ecco i maggiori successi di quell’anno: “Capitan America”, “X-Men”,“Guardiani della Galassia”, “Interstellar”, “Cattivi vicini” “Tartarughe Ninja”.
Oggi, quasi tutti i film che ottengono i maggiori incassi in America sono rielaborazioni di fumetti, commedie adolescenziali
e fanta-western.
O si basano
su trame sciocche, stereotipate (il bene supremo contro il male implacabile). Spesso, come nel film “Lego Movie” sembra che siano state scritte per vendere giocattoli ai bambini.
Il problema però è che questi film vengono visti e apprezzati anche da decine di milioni
di adulti. Un gran numero
di uomini e donne fra i venti
e i cinquant’anni li trovano eccitanti.
Adesso - quasi fosse un destino - questi spettatori istupiditi hanno un perfetto candidato presidenziale: Donald Trump che sembra
la caricatura fumettistica di
un ricco furfante e parla come un vero briccone. Prendiamo, ad esempio, il suo piano per contenere gli immigranti messicani: «Vorrei costruire
un muro, e nessuno costruisce muri meglio di me, credetemi,
e lo costruirò senza spendere. Costruirò un grandissimo muro sul nostro confine meridionale. Ricordate queste mie parole».
Ma chi è? Capitan America
o un candidato alla presidenza? Tutte e due le cose, a quanto pare.
Altre volte, parla come
se si fosse calato nei panni dell’eroe misogino di un western: un John Wayne in abito elegante, per intenderci. Da qui le spacconate sul suo fascino sessuale: «Tutte le donne di “The Apprentice” hanno flirtato con me. C’era
da aspettarselo, del resto».
Per creare l’immagine del vero uomo, rude, spesso insulta le donne in modi che lui ritiene intelligenti. Così si è espresso, per esempio, su una giornalista che lo criticava: «Arianna Huffington è poco attraente, sia dentro che fuori. Capisco bene perché il suo ex marito l’ha lasciata per un uomo. Ha preso una saggia decisione».
Per un pubblico che trova un film come “Cattivi vicini” uno spasso, questo è umorismo.
A queste persone Trump appare un tipo divertente e intelligente. E le reti tv americane gli danno tanta visibilità proprio perché - come l’ultimo film della Marvel - con lui si può stare sicuri di ottenere buoni ascolti.
Quando la “Princeton Review” analizzò il lessico utilizzato
nei dibattiti dai candidati presidenziali del 2000, scoprì che George W. Bush aveva
il vocabolario di un bambino
di quinta elementare, mentre quello di Al Gore era un po’ più ricco, come quello di un ragazzo di scuola media.
Secondo la stessa analisi, nei dibattiti presidenziali del 1858, Abraham Lincoln parlava come un ragazzo di terza liceo, mentre Stephen Douglas come uno di quarta.
Nel tempo, il nostro sistema politico si è evoluto per fare appello a elettori che non sono in grado di comprendere un linguaggio più sofisticato di quello di “Toy Story” o di “Spider Man 3”.
Quest’anno, Donald Trump
e i suoi seguaci repubblicani sembrano aver portato il livello del discorso a un gradino ancor più basso. E non solo in termini di vocabolario.
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