Non mi capita spesso, debbo dire, di vedere Montaigne, uno degli uomini più saggi e spassionati, citati sui giornali. Eppure eccolo lì, su Le Figaro del 13 agosto: “il matrimonio è un legame religioso e devoto; perciò il piacere che ne traiamo dovrebbe essere un piacere limitato, serio, e in qualche misura anche severo. Dovrebbe essere una voluttà prudente e coscienziosa."
Ho letto queste parole e, come era successo allo scrittore francese Pascal Bruckner che le citava, mi hanno dato da pensare. Perché questa non è certo la descrizione delle unioni del nostro tempo. Oggi il matrimonio – quando esiste, o per quanto dura – raramente è religioso e ancor più raramente è devoto e il piacere che ne deriva è la stessa gratificazione istantanea disponibile anche al di fuori del matrimonio. Vale a dire, pura libidine. Ed essendo solo quello, appassisce col tempo.
La nostra cultura tradizionale, ci ricorda Bruckner, riconosceva la fragilità dell’erotismo. Per questo occorreva qualcos’altro per garantire la durata del matrimonio – la “prudenza e coscienziosità” di Montaigne. Noi invece abbiamo imboccato la strada opposta: siamo imprudenti e trascurati. Appena consumata una unione, passiamo a un’altra e a un’altra ancora. Di fatto la situazione è ancora peggiore di quanto ammetta Bruckner, perché il nostro eros oggigiorno cerca il suo oggetto senza nessuna considerazione per la durata o la continuità.
E lo cerca in se stesso; nell’informe e nell’androgino; nei bambini; negli animali; nel senso della comunità, o in tutte quelle fantasie perverse che, a lungo sepolte nell’inconscio, sono ora venute alla luce sotto forma di pornografia, che illumina la coppia moderna o l’onanista solitario.
Nulla è più peculiare del nostro tempo di questa continua ricerca di novità, di conoscenza di una funzione biologica, di “liberazione” da quei vincoli che hanno fatto dell’amoreggiare un atto umano anziché animalesco. Nel corso della mia vita – anzi, nella mia stessa vita – ho assistito a questa trasformazione chiamata eufemisticamente “liberazione”.
Questa liberazione, osserveranno probabilmente gli storici del futuro, non è soltanto delle donne – non concepire (contraccezione), non far nascere (aborto) e non sposarsi (divorzio) – ma anche dei loro potenziali partner che ora, affrancati dal rischio e dalla responsabilità della relazione erotica (procreazione e/o matrimonio) possono andare a briglia sciolta con l’immaginazione. E lo fanno.
I risultati, come li elenca Bruckner, dovrebbero far riflettere chiunque. Avendo la società rinunciato (con un libero voto !) a porre vincoli, nessuno è implicato nella relazione di due adulti. La prima conseguenza è abbastanza terribile: significa che “se l’unione fallisce, uno può biasimare solo se stesso. “ Ma in che cosa consiste questo fallimento ?
Certo non esclusivamente nel divorzio (perché il matrimonio stesso è una forma di coercizione sociale. E neppure nella nostra incapacità di trarre sufficiente piacere !
Questa è la ragione per cui – oltre alla veneranda questione dei consigli sessuali, che pure hanno assunto nuove dimensioni – riviste e giornali abbondano di articoli che ci spiegano come “avere successo” con l’auto-gratificazione.
Bruckner definisce i film a “luci rosse” “la più recente delle arti domestiche”, da affiancare alla cucina e al giardinaggio.
Se la soddisfazione sessuale è il metro del successo di un matrimonio, allora – e questa è una seconda conseguenza disastrosa – a ogni prestazione sessuale si rinnova la domanda: “com’era ? Ti è piaciuto?” E con quella domanda arriva il terrore del fallimento, sperimentato, lo sospetto, da ogni adulto nelle nostre società avanzate.
Eppure, come sottolinea Bruckner, l’eros esiste nel matrimonio come una consolazione, uno stringersi forte di due esseri umani non-molto-efficienti, ognuno incompleto senza l’altro e neppure, Dio ci salvi !, sessualmente autosufficiente.
Bene, come sappiamo, i rapporti sessuali sbiadiscono quando si ripetono; è il sentimento che sopravvive, e quel sentimento è il prodotto di due persone che si amano e ricordano per tutta la vita i rari ma ineffabili momenti in cui l’eros ha trovato la sua espressione al di là del piacere.
Se dunque l’attrazione erotica sbiadisce (ed ecco la terza spiacevole conseguenza) dobbiamo reinventare la ruota. La sazietà, ahimè, genera apatia.
Genera anche la forte sensazione che l’emozione vada esclusa dall’equazione. E allora se ne va quell’umiltà con cui le persone iniziavano la loro vita comune, quella speranza (non sempre esaudita) che sarebbero stati meno infelici così che in qualunque altra situazione.
L’amore, come giustamente dice Bruckner, è anti-democratico, esclusivo; non è un combattimento ma una scelta in cui gli sposi sono gli eletti. Guarda un po’ !
Possiamo valere poco, eppure qualcuno ci ha voluto ! E per motivi assolutamente arbitrari ! L’amato è maestoso; gli concediamo un potere su di noi che rifiutiamo a tutti gli altri; l’amato ci regala i picchi della felicità e gli abissi della disperazione.
E’ attraverso questa vita in comune che noi impariamo le principali lezioni della vita. Banalizzando il matrimonio, riducendolo a contesto del piacere, inscenandolo come una battaglia tra i sessi (ognuno, ovviamente, con pari diritti…. Ma diritti a che cosa ? ci si potrebbe chiedere), siamo arrivati, per citare un’ultima volta Bruckner, a “invecchiare senza maturare”.
E questo è davvero un destino crudele. Perché, come sottolineava Re Lear, la cui vita non era certo una vita felice, “ripeness is all”. Diventare maturi è tutto.
Keith Botsford – da ” La Stampa ” 20/8/1996
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